Il decreto sul taglio del cuneo fiscale “accentua le disparità tra soggetti con fonti di reddito e con caratteristiche familiari diverse e inasprisce l’irregolarità delle aliquote marginali”. Per questo la sua parte strutturale “rende ancora più complessa una riforma organica e strutturale dell’Irpef“. Sono le principali critiche che l’Ufficio parlamentare di bilancio muove al testo varato dal governo su proposta del ministero dell’Economia guidato Roberto Gualtieri che decide in che modo saranno utilizzati i 3 miliardi di euro per il taglio delle tasse in busta paga stanziati nella legge di bilancio. L’Upb sottolinea i problemi di equità tra chi è appena sopra la soglia degli 8.150 euro e gli “incapienti” e tra le famiglie mono e bireddito. In più il fatto che in parte “si sovrappone al reddito di cittadinanza“. Inoltre, rendere tutto l’intervento strutturale “per il 2021 – spiega il presidente Giuseppe Pisauro – richiederebbe una spesa di 16 miliardi e mezzo, le risorse disponibili sono 14,7 miliardi, mancano 1,8 miliardi“.
Il taglio del cuneo fiscale così come varato dal governo rischia di violare il principio di equità orizzontale, in quanto “tratta in misura molto diversa contribuenti con redditi simili“, rileva Pisauro in audizione alla commissione Finanze al Senato. “Come il bonus 80 euro, le nuove misure non riducono il carico fiscale per i lavoratori dipendenti incapienti per il reddito di specie e invece riconoscono, per effetto del trasferimento monetario, una sorta di imposta negativa pari all’intero beneficio in corrispondenza di redditi pari a 8.150 euro. Tale imposta negativa – prosegue – crea così un effetto di discontinuità particolarmente marcato rispetto a coloro che hanno redditi appena al di sotto di tale soglia“. Secondo il presidente dell’Upb ne conseguono anche “effetti distorsivi, in quanto i lavoratori avranno un incentivo a mostrare redditi coincidenti con tale soglia o appena superiori a essa”.
Per Pisauro, inoltre, “emergono anche questioni sul piano dell’equità visto il diverso trattamento fiscale sia tra nuclei con un diverso numero di percettori, sia tra soggetti con redditi di fonte diversa. In particolare, il meccanismo proposto dal decreto amplia ulteriormente il vantaggio fiscale a beneficio dei nuclei bireddito, già strutturalmente favoriti da un sistema fiscale su base individuale come l’Irpef“. D’altro canto, aggiunge il presidente dell’Upb, la natura individuale del bonus (sia quello di 80 euro sia quello proposto dal decreto) incentiva la partecipazione al lavoro essendo riconosciuto solo in presenza di un reddito da lavoro dipendente.
Pisauro in audizione si concentra anche sulla prospettiva di un complessiva riforma dell’Irpef, già annunciata in più occasioni dal governo. L’intervento previsto dal dl sul taglio del cuneo, “specificamente l’ampliamento del trasferimento monetario, che costituisce l’elemento permanente della misura”, rende a suo parere “ancora più complessa una riforma organica e strutturale dell’Irpef”. “Considerato isolatamente – spiega il presidente dell’Upb – esso accentua le disparità di trattamento fiscale tra soggetti con fonti di reddito e con caratteristiche familiari diverse e inasprisce l’irregolarità delle aliquote marginali. Per il 2020 questo aspetto è controbilanciato dall’introduzione dell’ulteriore detrazione. Tuttavia, come detto in precedenza, il mantenimento di quest’ultima per gli anni successivi richiede risorse aggiuntive per 1,8 miliardi l’anno, oltre all’utilizzo completo del Fondo per la riduzione del carico fiscale sui lavoratori dipendenti”, aggiunge.
“L’ammontare aggiuntivo massimo” per effetto del decreto “è riconosciuto tra 26.600 e 28.000 euro ma importi comunque rilevanti sono attribuiti anche a soggetti con redditi compresi tra 28.000 e 35.000 euro (per quest’ultimo livello di reddito il nuovo bonus è pari a 960 euro)”, sottolinea infine l’Upb. Che spiega come l’intervento “andrà a beneficio anche di famiglie con redditi medio alti senza vincoli di liquidità e con propensioni al consumo relativamente più basse” per cui “c’è da attendersi un ritorno in termini macroeconomici più ridotto rispetto al bonus 80 euro”.