La procura di Milano chiede di nuovo il processo per Mario Mantovani, politico di Forza Italia ed ex vicepresidente della Regione Lombardia. L’indagine, guidata dal pm Giovanni Polizzi, riguarda il presunto ‘drenaggio’ di oltre 1,3 milioni di euro dalle casse delle onlus fondate dallo stesso Mantovani, attraverso il versamento di affitti, ritenuti fittizi, per un appartamento a Milano e una villa settecentesca nell’hinterland. Oltre a Mantovani, la procura chiede il rinvio a giudizio anche per altre otto persone, tra cui sua moglie e un religioso.

Lo scorso 8 marzo in udienza preliminare l’allora gup Roberto Arnaldi aveva deciso con un’ordinanza di rimandare indietro, alla fase della chiusura indagini, il procedimento ritenendo le imputazioni “indeterminate” e “generiche”. Nella nuova richiesta di rinvio a giudizio sono contestate a vario titolo l’autoriciclaggio, l’appropriazione indebita e dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti. “È una ricostruzione non fantasiosa ma di più”, è il commento dell’avvocato Roberto Lassini, difensore di Mantovani.

Nel novembre del 2017, nell’ambito dell’indagine, il gip Teresa De Pascale, accogliendo la richiesta del pm Polizzi, avevaordinato il sequestro preventivo di 1,3 milioni di euro sui conti correnti dell’ex vicegovernatore. Secondo la tesi dell’accusa, Mantovani ha fatto stipulare finti contratti di locazione tra le onlus a lui riconducibili e la società ‘Spem Srl. Questa indagine nasce dall’inchiesta che nell’ottobre 2015 portò all’arresto dell’allora assessore lombardo alla Sanità. Per quella vicenda per Mantovani è arrivata una sentenza di condanna a 5 anni e sei mesi.

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