Grazie alla legge n.211 del 20 luglio 2000, il 27 gennaio celebreremo la Giornata della Memoria, con la quale si commemorano lo sterminio del popolo ebraico – la Shoah -, le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei e di quelli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte. Nonché coloro che, in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio e, a rischio della propria vita, hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.

La legge sulla Memoria paradossalmente porta un’amnesia: quella che riguarda un altro sterminio che ha interessato almeno 500mila rom e sinti vittime del genocidio nazista, in quello che viene ricordato all’interno delle comunità come il Porrajmos (grande divoramento) o Samudaripen (tutti morti).

Nomi sconosciuti al di fuori degli addetti ai lavori, così come risultano non collegati a località come Boiano, in provincia di Campobasso; Agnone, in provincia di Isernia; Tossicia, in provincia di Teramo; Gonars, in provincia di Udine; Prignano sulla Secchia, in provincia di Modena; Berra, in provincia di Ferrara. Luoghi dai nomi tragici per le tante famiglie rom che in Italia, dall’11 settembre 1940, dovevano essere “rastrellate nel più breve tempo possibile et concentrate [in queste località] sotto rigorosa vigilanza in località meglio adatte ciascuna provincia”.

La politica fascista dal suo inizio si è andata gradualmente radicalizzando contro le comunità rom e sinte, disegnando quattro traiettorie persecutorie. La prima – compresa tra il 1922 e il 1938 – prevede il respingimento alla frontiera di rom e sinti stranieri. È il 19 febbraio 1926 quando viene ordinato a tutti i prefetti di allontanare gli “zingari” qualsiasi fosse la provenienza e anche in caso di possesso di documenti validi.

La seconda – tra il 1938 e il 1940 – quando viene ordinata la pulizia etnica nei confronti delle famiglie rom presenti nelle regioni di confine e il loro trasferimento in Sardegna. Sono anni nei quali vengono pubblicati sul periodico “La Difesa della Razza” alcuni articoli relativi alla “pericolosità sociale degli zingari”.

La terza – che comprende il triennio tra il 1940 e il 1943 – si inaugura l’11 settembre 1940 con l’ordine di Arturo Bocchini di combattere la “piaga zingara” attraverso il rastrellamento, l’arresto e il concentramento di tutti i rom e sinti, anche di cittadinanza italiana, per poi rinchiuderli in campi di concentramento. La prima area destinata è un ex tabacchificio presso Boiano, in provincia di Campobasso.

La quarta traiettoria è segnata dalla caduta del regime fascista e dalla fuga delle famiglie sopravvissute dai campi di internamento.

Sono passate poche settimane dalla morte di Piero Terracina, sopravvissuto al campo di sterminio di Auschwitz dove era stato deportato da bambino. Ricordo la sua toccante testimonianza a un momento di commemorazione che organizzammo nel 2016: “Io non avevo ancora 16 anni e arrivai a Birkenau; quello era un Vernichtungslager (campo di sterminio) dove non è che si poteva morire, si doveva morire. Erano tutti settori separati che si distinguevano per una lettera che era stata loro associata e dall’altro lato del nostro filo spinato c’era il settore che era conosciuto come lo Zigeunerlager ovvero il campo degli zingari. In quel campo c’erano tantissimi bambini, molti di quei bambini certamente erano nati in quel recinto. La notte del 2 agosto 1944, ero rinchiuso ed era notte e la notte nel lager c’era il coprifuoco, però ho sentito tutto. In piena notte sentimmo urlare in tedesco e l’abbaiare dei cani, dettero l’ordine di aprire le baracche del campo degli zingari, da lì grida, pianti e qualche colpo di arma da fuoco. All’improvviso, dopo più di due ore, solo silenzio e dalle nostre finestre, poco dopo, il bagliore delle fiamme altissime del crematorio. La mattina, il primo pensiero fu quello di volgere lo sguardo verso lo Zigeunerlager che era completamente vuoto, c’era solo silenzio e le finestre delle baracche che sbattevano”.

Domenica 2 febbraio a Roma, nella settimana della memoria, viene organizzata una passeggiata urbana per abbracciare le due Memorie, quella della Shoah e quella del Porrajmos. Si partirà dal cuore del ghetto per dirigersi in piazza degli Zingari, dove una targa ricorda la deportazione di uomini, donne e bambini colpevoli solo di essere rom e per questo deportati verso i campi di internamento italiani prima della soluzione finale (link dell’evento: www.21luglio.org).

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