Rabbia e rassegnazione nella Città d’Oro Agadez, la porta del Sahara. I rifugiati del centro di protezione dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) nei dintorni della città nigerina, stremati da mesi di attesa e costretti a vivere in condizioni difficili, dopo giorni di inascoltata protesta hanno aumentato il peso delle loro reazioni dando alle fiamme la tendopoli che li ospitava la prima settimana di gennaio. La situazione si è ulteriormente complicata dopo che la polizia ha arrestato circa 300 richiedenti asilo al centro delle proteste. La gravità dei fatti ha convinto anche la delegata Unhcr in Niger, Alessandra Morelli, a recarsi ad Agadez: “Sono venuta qui per portare la mia solidarietà alle autorità locali e per gestire questa crisi – ha detto – Certi atti di vandalismo non sono tollerabili, vanno contro ogni natura. Mi sento tradita per quanto accaduto e provo profondo dolore, ma ora voglio mettere le emozioni da parte e sistemare la faccenda”.

Senza più un tetto sopra la testa, i nuclei di migranti africani si sono piazzati in un’area abitata vicina, dormendo e vivendo all’aperto: stuoie e tappeti a terra, uno a fianco all’altro. Giorni fa hanno mostrato cartelli con scritte emblematiche: “Non c’è vita nel deserto”, “Noi siamo vittime della guerra”, “Tre anni senza sapere chi siamo” e così via. Vista l’insicurezza in Libia, coi centri di detenzione co-gestiti da istituzioni locali e Unhcr che potrebbero conoscere un lento svuotamento, l’Alto commissariato ha scelto l’hotspot di Agadez come centro di raccolta migranti nell’area tra Sahel e Nord Africa.

Dopo la manifestazione, a terra nel campo Unhcr restavano soltanto la cenere e gli scheletri delle strutture in ferro delle tende dove le centinaia di disperati sono stati costretti a vivere negli ultimi tempi. Oltre alle condizioni generali, al limite del possibile, con quelle igieniche al limite della precarietà, l’emergenza più pressante è rappresentata dal freddo. Agadez si trova nel deserto, un’area arida dove, di notte, le temperature scendono anche sotto lo zero. In questo periodo dell’anno, inoltre, anche durante il giorno spesso il termometro scende fino a 1°. Un freddo mai sentito prima in Niger.

Condizioni estreme ma fino a qualche giorno attenuate dalla prospettiva di lasciare per sempre il campo. Una promessa diventata miraggio per la quasi totalità. Il lento procedere dei percorsi di resettlement nella ricca Europa da parte dell’Unhcr, regolati dai singoli Paesi ospitanti, ha fatto perdere la pazienza alle persone in attesa di un trasferimento: “I rifugiati hanno ragione a protestare – spiega Boutali Ag Tchiwerin, attivista molto noto in Niger per la sua lotta a favore dei diritti umani e membro di una ong locale -. L’Unhcr ha le sue responsabilità perché invece di trovare delle soluzioni per i rifugiati si nasconde dietro false promesse. La municipalità di Agadez, il governatore della regione, il sultano hanno fatto il possibile per portare la calma in questi giorni, ma dall’altra parte, l’Unhcr è assente, il suo ufficio qui non funziona. A questo punto è necessario che la situazione qui ad Agadez venga presa in mano e affrontata dalla comunità internazionale. Non si possono lasciare queste persone morire di freddo nelle notti glaciali di Agadez”.

Un tempo la splendida città alle porte del deserto era meta di carovane di turisti internazionali, attirati dalle dune del deserto del Tenerè, dalla magia dei monti dell’Aïr, accompagnati nelle loro spedizioni da guide esperte. Oggi queste guide, senza neppure un turista in arrivo, si sono trasformate, volenti o nolenti, in passeur, disposti ad accompagnare le carovane di migranti attraverso il Sahara fino al confine libico.

Il centro di accoglienza in cui sono stati ‘parcheggiati’ migliaia di richiedenti asilo nel corso degli ultimi anni si trova a 15 chilometri dal nucleo abitato di Agadez. L’Unhcr ha dovuto spostare fuori dalla città il compound, anche in considerazione delle richieste arrivate dal governo nigerino, pressato dai contingenti stranieri che nel Paese hanno basi e strutture operative. Gli Stati Uniti, ad esempio, che alla periferia sud di Agadez hanno realizzato negli anni una sede militare e strategica di tutto rispetto. Sempre ad Agadez, stavolta in posizione più centrale, si trova il Centro di transito gestito dall’altra agenzia dell’Onu, l’Oim, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni. A differenza del quartier generale dell’Alto Commissariato delle nazioni Unite per i Rifugiati, l’Oim si occupa dei rimpatri assistiti. Qui vengono portati i migranti che decidono di accettare il percorso a ritroso verso i rispettivi Paesi d’origine.

Foto di Abdourahmane Insar

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