Ho ascoltato con indignazione le parole pronunciate dall’onorevole Umberto Bossi al congresso nazionale della Lega, e sono rimasto dolorosamente perplesso della modesta reazione che hanno suscitato. Ho letto sul Fatto Quotidiano il post di Fabio Manenti e sulla Nuova Calabria un buon intervento di Pippo Callipo; e poco altro.

È vero che Bossi e i suoi ripetono gli stessi insulti da decenni; ma una volta erano un partito alquanto minoritario, oggi sono il primo partito del paese e prendono voti anche nel meridione. Se allora ci si poteva illudere che rappresentassero una minoranza degli italiani, oggi non più. Inoltre, stavolta il messaggio di Bossi era carico di un umiliante disprezzo più che di insulti: aiutare il Sud per evitare di esserne invaso, piuttosto che per solidarietà o giustizia sociale.

Argomentare contro il discorso di Bossi è difficile perché la frase, “mi sembra giusto aiutare il Sud altrimenti straripano come l’Africa”, è incommentabile. Per poterla commentare sarebbe infatti necessario concedere a Bossi qualcosa, almeno sul terreno linguistico, che qualunque persona minimamente consapevole ritiene inaccettabile. Chi è il Sud? Chi sono le persone che “straripano”?

La Costituzione dice che tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge e che possono porre la propria residenza in qualunque luogo del territorio dello Stato. Non esistono “meridionali” e “settentrionali”, solo italiani residenti a diverse latitudini, tra il Piemonte e la Sicilia.

Se un italiano residente a Palermo decide di trasferirsi a Milano non sta straripando e non sta neppure emigrando: sta cambiando residenza. Un meridionale è a casa sua pure a Milano, con buona pace di Bossi. Si emigra se ci si trasferisce controvoglia, per necessità: l’emigrazione interna al paese è una categoria dell’animo, non della giurisprudenza.

Anche l’uso dell’Africa come termine di paragone è offensivo e inaccettabile. Molte persone che vivono in Africa, e non solo, cercano di trasferirsi in Europa spesso spinte da guerre e carestie – non di rado causate o aggravate da governi locali inetti o disonesti. Cosa faremmo noi al loro posto? Può darsi che non sia possibile accogliere tutti i migranti: dipende da quanti sono e da come possono essere distribuiti sul territorio.

Ma le tragedie che causano le migrazioni non possono essere ignorate o derise e il dovere morale della solidarietà umana non può essere dimenticato. L’incapacità di gestire i fenomeni migratori è una colpa nostra, non dei migranti: se il migrante finisce schiavo di caporali e malviventi, questo dimostra gravi carenze di uno Stato che si pretende avanzato, ma lascia una parte del suo territorio sotto il controllo della delinquenza organizzata.

I fenomeni sociali, sia a livello nazionale che planetario, hanno cause che possono e devono essere studiate e a volte richiedono interventi sulle cui ragioni e metodi si può dissentire. Certamente il meridione d’Italia ha parametri di reddito pro capite e di disoccupazione peggiori di quelli del settentrione, e per questo problema, pur studiato a fondo, non è stata trovata una soluzione efficace (e certamente non lo saranno la flat tax e il federalismo fiscale).

Altrettanto certamente le regioni meridionali hanno tradizioni culturali diverse da quelle settentrionali e ogni cittadino è libero di sentirsene partecipe. Ma non appartiene a questo ambito di discussione la visione di un’Italia o di un pianeta abitati da due razze distinte, i “meridionali” e i “settentrionali”, con i primi intenti a “invadere” i secondi. E non si può confutare questa visione senza provvisoriamente considerarla almeno degna di essere analizzata e confutata. Questo è un passo che la vergogna ci impedisce di compiere.

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