Nuovi scontri e arresti a Hong Kong, dove negli ultimi mesi è montata la protesta contro la Cina. Oggi i manifestanti pro-democrazia hanno di nuovo riempito le strade, ma questa volta lo hanno fatto in difesa degli uiguri: il movimento pro-democrazia si paragona infatti alla minoranza musulmana oppressa da Pechino, più volte condannata da organismi internazionali per il trattamento che si ritiene riservi a circa un milione di uiguri e a membri di altre minoranze etniche, perlopiù musulmane. Persone che sarebbero raccolte in campi di internamento nella regione nordoccidentale dello Xinjiang. Canti e bandiere a favore degli uiguri sono diventati comuni nelle marce a Hong Kong, ma la protesta di oggi è la prima a essere stata dedicata in modo specifico a loro.

Il corteo, inizialmente pacifico, è scivolato nel caos quando un piccolo gruppo di dimostranti ha rimosso una bandiera cinese da un edificio governativo e ha provato a bruciarla. Gli organizzatori hanno impedito che venisse bruciata ma la polizia è intervenuta con spray al peperoncino, scatenando la reazione della folla, che ha cominciato a lanciare bottiglie d’acqua. Un agente ha allora estratto una pistola e l’ha puntata sulla folla, ma non ha sparato. Diversi manifestanti sono stati fermati.

La manifestazione, nata per difendere i diritti della minoranza musulmana in Cina, si aggiunge alle proteste iniziate a giugno contro la legge che avrebbe permesso le estradizioni in Cina. Nonostante il successivo ritiro del provvedimento, le proteste sono continuate per chiedere garanzie contro le interferenze di Pechino nell’ex colonia britannica. Lo scorso 8 dicembre erano in 800mila i partecipanti alla marcia pro democrazia: l’evento è stato il primo del suo genere autorizzato dalla polizia da agosto, nonché il primo dopo la schiacciante vittoria del campo democratico alle elezioni dei consigli distrettuali del mese scorso. Ben più violenti gli scontri di novembre quando la polizia ha assediato i ragazzi del Politecnico della città trasformato in roccaforte per le proteste. Tanti i giovani arrestati perché “sospettati di rivolta”.

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