Due ore di vertice di maggioranza nella notte che si concludono con un nulla di fatto sul dossier autonomie, che sarà un collegato alla manovra. I tempi, insomma, devono essere rapidi anche perché il dossier è già nel programma di governo, ma Italia Viva decide di tenere il punto chiedendo modifiche e di fatto ponendo il veto finché non saranno affrontati tutti nodi del governo, a partire dalla giustizia. “Renzi ha chiesto un cambio di passo? L’Autonomia è l’occasione per farlo, il Pd è pronto, aspetto i contributi di Iv”, sottolinea il ministro degli Affari Regionali Francesco Boccia al termine della riunione, durata circa due ore. Il vertice è stato convocato da Giuseppe Conte a Palazzo Chigi: Pd, M5S, Iv e Leu sono arrivati nella sede del governo sulla scia di un voto al Senato che certifica il malcontento interno al gruppo M5S, oltre al pressing del partito di Renzi.

Presenti, alla riunione, Dario Franceschini e Luigi Di Maio, Riccardo Fraccaro e Federico D’Incà, Roberto Speranza e Ettore Rosato. E, per la prima volta, a un vertice di maggioranza siede anche Maria Elena Boschi quasi a sottolineare il diverso atteggiamento che Iv ha intenzione di mettere in campo da qui alle prossime settimane. Un atteggiamento che non sfugge al premier Conte. Tanto che, già in mattinata – e in pieno accordo con Luigi Di Maio – il capo del governo opta per derubricare la riunione notturna da vertice di verifica a incontro programmatico con focus pressoché esclusivo sull’Autonomia. Non è tempo di aumentare la temperatura interna al governo, per Conte, che attenderà gennaio per una verifica organica e a questo punto decisiva sull’agenda dell’esecutivo.

Di certo le forze di maggioranza continuano a trovare difficoltà nella ricerca di un accordo. Leu si presenta al tavolo di Palazzo Chigi con un pacchetto di emendamenti. Anche il M5S presenta le sue proposte. Iv si limita a chiedere modifiche. Di certo, sottolinea Boccia, sarà necessario “coniugare i tempi della politica romana a quelli dell’efficienza” con una certezza: il ddl sull’Autonomia sarà un collegato alla manovra. Nelle prossime ore Boccia sentirà le Regioni poi, nei giorni successivi proseguirà il lavoro di istruttoria e attenderà i “contributi” dei renziani. “Non faremo riforme a colpi di maggioranza”, spiega il ministro registrando “le diverse necessità” presenti nella coalizione.

Maggioranza che, sempre in serata, incassa il sì al Senato alla manovra e il dissenso di quattro senatori M5S (più l’assente Lelio Ciampolillo): Primo Di Nicola, Claudio Minnino, Mario Michele Giarrusso e Gianluigi Paragone, che non si limita a non partecipare al voto ma sottoscrive il suo “no” alla legge di bilancio. “È in stato confusionale”, protesta Luigi Gallo ma, a Palazzo Madama, è allarme rosso. E, non a caso, sarà Beppe Grillo in persona a tastare il dissenso interno al Movimento inviando ai senatori lo stesso messaggio già recapitato a Luigi Di Maio: non sono ammesse deviazioni dall’alleanza di governo con il Pd. Poi sarà il tempo della verifica di gennaio. Una verifica alla quale Conte vorrebbe arrivare senza i continui “penultimatum” che giungono dalle forze che lo sostengono.

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