Neanche quest’anno l’Italia abbasserà l’Iva al 22 per cento per gli assorbenti femminili. Che rimangono beni di lusso” (o più correttamente ordinari, cioè che non godono di aliquota ridotta) come vino, sigarette e vestiti. Neppure il governo giallorosso è riuscito (o ha voluto) intervenire per ridimensionare la tassa e una donna con le mestruazioni nel nostro Paese è costretta a pagare gli assorbenti a prezzi tra i più alti in Europa. Il primo a parlarne, tra i risolini dei colleghi, fu addirittura l’ex Pd Pippo Civati: era il 2016 e da quel giorno ci sono stati quattro governi diversi, almeno tre proposte di legge mai discusse e tre emendamenti bocciati. L’ultimo tentativo? Meno di dieci giorni fa, quando un gruppo di deputate bipartisan, sotto la guida di Laura Boldrini, ha rilanciato la battaglia rimasta ancora una volta incompiuta: il ministro dell’Economia Pd Roberto Gualtieri, insieme alla vice M5s Laura Castelli, hanno sì rivendicato l’abbassamento dell’Iva al 5. Ma solo per gli assorbenti compostabili e biodegradabili, ovvero per un tipo di prodotti che rappresentano meno dell’1 per cento dei totali venduti. “Hanno fatto di una questione di disuguaglianza fiscale, un problema ambientale”, è stato il commento delle femministe di Non una di meno. “La tampon tax rimane, la tassa sulle mestruazioni è un introito sicuro a cui nessun governo vuole rinunciare”. L’Italia del resto è tra le peggiori d’Europa, insieme a Ungheria (27%), Danimarca, Svezia e Norvegia (25%). Niente a che vedere con Regno Unito (5%), Francia (5,5%), Belgio e Olanda (6%). E se a inizio novembre ce l’ha fatta anche la Germania a far scendere l’aliquota dal 19 al 7 per cento, grazie a una petizione di alcune attiviste, le 260mila firme raccolte da Onde Rosa su Change.org non sembrano essere ancora abbastanza per fare la differenza in Italia.

Nonostante le feste del ministero dell’Economia infatti, anche nel 2019, concretamente, per le donne cambia poco o nulla. Tanto che la stessa Boldrini lo ha dovuto ammettere: “Il risultato non mi rende felice”. L’ex presidente della Camera però insiste a dirsi ottimista: “Quando ottenuto non è comunque da sottovalutare“, ha dichiarato in un convegno a Rimini il 7 dicembre. “La nostra intenzione era quella di abbassare l’Iva al 10% per tutti gli assorbenti”. E su questo la battaglia può dirsi persa. Però, “il governo si è impegnato a controllare che i prezzi vengano abbassati e a ridurre l’Iva di tutti i materiali igienici, anche quelli non compostabili, nella revisione che ci sarà il prossimo anno”. Insomma, per salvare il salvabile, Boldrini e colleghe hanno presentato un ordine del giorno, che impegna il governo a intervenire sulla tassa nel 2020. Certo, un segnale. Ma per il momento rimane l’ennesima promessa, senza che ci siano garanzie sulla possibilità di reperire effettivamente le risorse.

Eppure per qualcuno questa volta sembrava quella buona. L’iniziativa di protesta è partita il 27 novembre, in piena fase di discussione su decreto Fiscale e legge di Bilancio, quando si è formato una sorta di intergruppo parlamentare con 32 deputate esponenti Pd, Leu, M5s, Fi. “Siamo stanche di ascoltare i commenti dei benaltristi e determinate a non voler retrocedere di un millimetro su questa battaglia. Perché il ciclo non è un lusso”, ha scritto Laura Boldrini su Facebook, rilanciando un video girato dietro la panchina “antiviolenza” installata a Montecitorio il 25 novembre scorso. In camera alcune delle deputate firmatarie dell’appello: da Chiara Gribaudo a Enza Bruno Bossio e Marianna Madia. A onor di cronaca, è stata una delle prese di posizione più nette da mesi: destinata a fallire perché fuori dall’agenda dei partiti, ha comunque risollevato la questione. E infatti, il giorno dopo l’appello, a ricevere le deputate è stato lo stesso ministro Gualtieri con la collega alle Pari opportunità Elena Bonetti che dava la carica: “Sarebbe un segnale di civiltà”. Era un’illusione: fin dai primi segnali è stato chiaro che non si sarebbe arrivati molto in là. Neanche il tempo di essere ricevute dal ministro, che ecco il governo annunciava la mediazione: l’Iva scende sì, ma solo per gli assorbenti compostabili. Ovvero quelli quasi introvabili e che sono i più costosi di tutti. Se non una presa in giro, poco ci manca. Battaglia persa? Non per il ministero. Gualtieri in persona, il 28 novembre scorso, ha esultato parlando di “un primo segnale di attenzione per milioni di ragazze e donne”. Milioni. Mentre la sua vice Castelli è andata oltre: “Sono molto contenta”, ha detto. “Un segnale di civiltà, con una visione green“.

Ma non è la prima volta che la richiesta si infrange contro il muro della politica. Il penultimo tentativo è recente e risale al 14 maggio scorso. Il Pd presentò un emendamento alla proposta di legge firmata da M5s e Lega per le semplificazioni fiscali. Chiedeva l’abbassamento dell’Iva, ma la risposta fu un no secco motivato con i numeri. “Servono 212 milioni per passare dall’attuale 22% al 10% e oltre 300 milioni per portarla al 5%”, fu la nota prodotta dall’esecutivo. Era solo l’ultimo di vari gesti simbolici. A gennaio scorso era stata la deputata Pd Enza Bruno Bossio a depositare una proposta di legge: mai discussa. A novembre 2018 ci avevano provato invece i 5 stelle con un emendamento alla legge di Bilancio. Avevano una legge depositata a firma Pier Paolo Sileri, ora viceministro alla Salute, e volevano farne una bandiera: “Dal 2006 è possibile applicare un’aliquota Iva agevolata, come i beni di prima necessità, a assorbenti e pannolini ma finora non è mai stato fatto”, scrissero in una nota. “Il tartufo è un bene primario ma non i prodotti per l’igiene femminile: è ora di dare la giusta importanza alle esigenze del bilancio familiare”. Evidentemente non era ancora il momento, perché l’emendamento venne bocciato. Provò allora a metterci una pezza il capogruppo M5s Francesco D’Uva, ma fece ancora peggio: “Non l’abbiamo abbassata per l’ambiente”, disse ad Omnibus su La7. “Si torni a coppette mestruali e pannolini lavabili”. Venne sommerso dalle critiche, ma visto come sono andate poi le cose, era proprio quella la direzione che il governo avrebbe seguito: intervenire per far inquinare meno, ignorando il problema fiscale. Almeno, dice qualcuno, si inizia a parlarne. Quando nel 2016 Civati depositò la proposta di legge con il suo partito Possibile, venne deriso n Transatlantico, sui social network e in televisione. In contemporanea, negli Usa, ne parlava Barack Obama: “Probabilmente gli assorbenti sono considerati beni di lusso perché le leggi le fanno gli uomini”, sono state le parole usate dal presidente degli Stati Uniti in persona. In Italia, tre anni dopo, la strada è ancora molto lunga.

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