Pochi marchi, difficili da trovare, prezzi alti: gli assorbenti compostabili, biodegradabili e lavabili su cui è stata abbassata l’Iva (che passa quindi dal 22% al 5%) rimangono un prodotto di nicchia. Secondo i dati forniti dall’associazione dei ginecologi Aogoi, rappresentano meno dell’1% del totale, lo 0,2% di quelli venduti in farmacia e lo 0,6% di quelli venduti nei supermercati. L’unico produttore italiano, Sanicot, è garantito da Certiquality, ma sulla raccolta e smaltimento ci sono ancora molti dubbi: spiegano dall’azienda che bisogna verificare con il Comune d’appartenenza se devono essere gettati nell’umido o nell’indifferenziato. Il Consorzio Italiano Compostatori, contattato dal fattoquotidiano.it, aggiunge: “La norma prevede che gli assorbenti biodegradabili e compostabili possano essere conferiti come rifiuto compostabile solo se raccolti separatamente, per esempio dentro un sacchetto biodegradabile e previa sanificazione”.

Per essere definito biodegradabile un prodotto deve decomporsi al 90% nell’arco di sei mesi. I compostabili invece devono completare il processo ancora prima, in meno di tre mesi, analogamente agli scarti alimentari. La maggior parte degli assorbenti che si trova normalmente nei supermercati non risponde a nessuno dei due requisiti. In Italia, le prima linea ad aver dichiarato di essere compostabile è la Vivicot (del marchio Sanicot) nata del 2011. “Il nostro prodotto è certificato dal marchio Certiquality, che ne garantisce la compostabilità”, spiega Deborah Pierozzi da Sanicot. Esiste poi Ecoluna, linea di usa-e-getta sempre prodotta da Sanicot per l’azienda Intimaluna, specializzata in prodotti ‘ecologici’ per le donne, come le coppette e gli assorbenti lavabili. Nessuna delle due linee ha la certificazione del Consorzio Italiano Compostatori, ma dalla casa produttrice garantiscono che la certificazione Certiquality è assolutamente equivalente per quanto riguarda la compostabilità.

Secondo i numeri forniti dall’associazione dei ginecologi Aogoi (che cita Corman come fonte) in Italia, su quasi 193 milioni di assorbenti venduti, solo un milione di pezzi è biodegradabile. In farmacia rappresentano lo 0,2% degli assorbenti venduti, al supermercato lo 0,6% del totale. Ci sono circa 15 milioni di donne in età fertile che hanno il ciclo mestruale. “Di queste, un 10% è sensibile all’ecologia e disposta a passare a un prodotto ecologico: per esempio, 150mila donne usano già la coppetta”. Secondo il marchio bio Natracare, una donna in media nella vita usa 11mila assorbenti: una media di 22 assorbenti al mese, per quarant’anni di ciclo mestruale. Fater, il gruppo che produce gli assorbenti Lines, Tampax e i pannolini Pampers, ha inaugurato un impianto sperimentale per il riciclo dei prodotti assorbenti: da ogni tonnellata di rifiuti si riescono a recuperare 150Kg di cellulosa, 75Kg di plastica e 75Kg di polimero che possono essere impiegati in altri processi produttivi, che altrimenti finirebbero inevitabilmente in discarica. Non esistono studi scientifici sui tempi di decomposizione: Forbes, citando la campagna #EndPeriodPlastic, parla addirittura di 500 anni, per via delle parti in materiale plastico, in particolare l’applicatore dei tamponi e la parte adesiva dei pad. Gli assorbenti biodegradabili sarebbero una soluzione dal punto di vista ecologico, ma non sono una facile alternativa.

Il primo problema è che si trovano con difficoltà: si possono acquistare online, sugli e-commerce specializzati, in alcune farmacie o nei negozi di prodotti biologici. Gli assorbenti Vivicot sono gli unici ad essere distribuiti anche in alcune catene di supermercati. Il secondo problema è il prezzo: una confezione di assorbenti Ecoluna da dieci pezzi (quelli con maggior assorbenza, per la notte) costa 4,90 euro. Con la nuova agevolazione sull’Iva, passeranno a 4,20 euro. La confezione notte di Vivicot, dieci pezzi, costa oggi 3,78 euro. Nei negozi specializzati e negli store online si trovano anche altri marchi: lo spagnolo Masmi (confezione da 10 assorbenti: 5 euro) Natracare (10 assorbenti con ali: 5,23 euro nei negozi di prodotti bio). Anche con l’Iva al 5%, quindi, sono comunque mediamente più costosi delle marche tradizionali: al supermercato il prezzo di un pacco di assorbenti da notte (i più costosi) non-biodegradabili oscilla tra i 2,59 euro e i 3,79, a seconda del marchio.

“Per noi questo abbassamento dell’IVA è una vittoria a metà” commenta Davide Dalle Crode, ceo di Intimaluna, unico uomo in un’azienda di donne. “La battaglia sulla tampon tax nasceva dal presupposto che le mestruazioni “non sono un lusso” non che “le mestruazioni inquinano”. Sono due cose giuste, ma diverse. Quindi bisognava abbassarla su tutti prodotti, perché la gestione del ciclo è personale. Poi – aggiunge – la norma è poco chiara. Se vogliamo veramente favorire i prodotti amici dell’ambiente, perché abbassare l’IVA sugli assorbenti lavabili e non sulla coppetta mestruale? Non è compostabile, ma dura dieci anni”. Il prezzo così alto degli assorbenti compostabili, spiega Dalle Crode, dipende dalle costose materie prime, e dal fatto che la produzione è ancora troppo ridotta per permettere di abbassare i costi: l’obiettivo a lungo termine però è quello di essere competitivi con i marchi ‘da supermercato’ con l’aumentare delle vendite. “C’è una progressiva presa di coscienza che le mestruazioni inquinano: i consumatori si muovono più velocemente della distribuzione – spiega – facciamo ancora fatica a distribuire i nostri prodotti nelle farmacie, ma alle fiere i nostri stand vengono presi d’assalto, così come il sito web”

Il terzo punto è l’effettiva compostabilità, nonché le difficoltà che incontrano gli impianti di compostaggio. Molti marchi stanno lanciando linee biologiche – cioè che non contengono cloro o sbiancanti chimici – o in puro cotone: ma questo non significa che siano automaticamente biodegradabili, né tantomeno compostabili. In alcuni casi la bustina che li confeziona è in bioplastica mater-bi, quindi recuperabile nell’organico, ma non l’assorbente. Un assorbente compostabile, a rigor di logica, dovrebbe poter essere smaltito insieme all’umido. “I nostri assorbenti spariscono in 80 giorni, si possono usare per il compost e gettare nell’umido”, garantiscono da Intimaluna. Dal Consorzio Italiano Compostatori però spiegano che si possono conferire gli assorbenti biodegradabili come rifiuti compostabili solo dopo averli sanificati, cioè ripuliti da sangue e raccolti separatamente, per esempio in un sacchetto in bioplastica compostabile. «A causa delle complicazioni della loro raccolta – precisano dal Consorzio – le indagini svolte su questi articoli hanno registrato un basso gradimento da parte degli impianti associati, che quindi generalmente non li ritirano». Sanicot invece spiega: «Il prodotto è compostabile e certificato, ma ogni consumatrice deve verificare con il proprio Comune d’appartenenza se l’assorbente va gettato nell’umido o nell’indifferenziato».

C’è poi un’altra categoria di prodotti, gli assorbenti lavabili, o riutilizzabili, che beneficeranno dell’Iva al 5% esattamente come i biodegradabili: nella forma sono identici a quelli tradizionali, composti da una striscia di tessuto imbottito e due ali che si chiudono con un bottoncino sotto lo slip, ma una volta usati si possono lavare e durano 4 o 5 anni. Ne esistono di due tipi: quelli composti da un unico pezzo, impermeabile all’esterno e composto da fibre naturali all’interno, e quelli ‘smontabili’ che hanno una specie di tasca in cui inserire la parte assorbente, che si estrae e si lava a parte. “La questione degli assorbenti lavabili è più complessa, perché dal punto di vista della praticità d’utilizzo è un po’ come tornare indietro per le donne, gli assorbenti usa e getta sono stati un salto di qualità”, commenta la dottoressa Elsa Viora, presidente di AOGOI. In effetti, le istruzioni per l’uso consigliano di sciacquarli subito con acqua fredda e poi di lavarli tutti insieme in lavatrice, a fine ciclo. Una routine molto più complessa del semplice atto di cambiarli e gettarli via. “D’altra parte è vero che i prodotti per le mestruazioni inquinano. Una scelta ecologica, allora, potrebbe essere la coppetta, che è ancora un prodotto di nicchia, ma non tutte le donne si trovano a loro agio indossandola. Per noi gli assorbenti biodegradabili, in cotone biologico, sono un’ottima alternativa ai tradizionali: sono identici, e oltre al vantaggio per l’ambiente sono meno irritanti e riducono il rischio di allergie, bruciori e di infezioni ricorrenti. Però sono ancora poco diffusi”.

Articolo Precedente

Tampon tax, proposte simboliche e promesse: la battaglia incompiuta dei partiti contro l’Iva al 22 per cento sugli assorbenti

next
Articolo Successivo

Lazio, per l’emergenza rifiuti Regione propone (anche) “consultori volanti” che convincano le donne a usare “coppette mestruali”

next