L’uccisione del leader dello Stato Islamico, Abu Bakr al-Baghdadi, annunciata nella mattinata di domenica dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, non coincide con la scomparsa dell’organizzazione terroristica che nel 2014 proclamò il Califfato in Siria e Iraq. Un colpo del genere, non ancora ufficializzato dai vertici di Isis, avrebbe potuto scatenare, e non è detto che non succeda, una lotta per il potere interna all’organizzazione. Anche per evitare scissioni e guerre fratricide, il Califfo ad agosto aveva già nominato il suo successore, almeno in ambito operativo: si tratta di Abdullah Qardash, conosciuto col nome di battaglia di Hajji Abdullah al-Afari.

Ad annunciarlo, ad agosto, era stato Amaq, canale ufficiale della propaganda delle Bandiere Nere, senza che vi sia mai stata una conferma ufficiale con uno statement del gruppo terroristico e senza che il leader di Isis ne abbia fatto cenno nel suo ultimo video, risalente a maggio. Qardash è stato nominato a capo dei Muslim Affairs per Isis, con al-Baghdadi che, costretto alla latitanza e all’isolamento, era rimasto guida spirituale del gruppo. Oggi, con l’ufficializzazione della morte del terrorista di Samarra e di Abu Hassan al-Muhajir, portavoce di Isis, è quello di Qardash il primo nome in lizza per la guida del gruppo.

Di lui si sa poco, anche se i punti in comune con al-Baghdadi non sono pochi. Anche lui è iracheno, originario di Tal Afar, città a circa 80 chilometri da Mosul, vicina al confine con la Siria, e, secondo diverse fonti, figlio di un predicatore sunnita. Anche lui, come il defunto leader, è un profondo conoscitore dei testi sacri, oggetto dei suoi studi universitari. La sua vita prima di abbracciare il terrorismo islamista è simile a quella di molti altri componenti di Daesh e al-Qaeda in Iraq: ex ufficiale dell’esercito iracheno sotto la presidenza di Saddam Hussein, fa parte di quella schiera di soldati ex baathisti che hanno poi messo a disposizione di Isis le loro capacità militari, tattiche e le armi dell’esercito.

Negli anni successivi alla caduta del regime, alla quale è seguita l’ascesa di gruppi fondamentalisti come al-Qaeda in Iraq di Abu Musab al-Zarqawi, Qardash è stato rinchiuso nella prigione di Camp Bucca, a Umm Qasr, cittadina nel governatorato di Bassora, nel sud dell’Iraq, dove molti estremisti, tra cui lo stesso al-Baghdadi, sono potuti entrare in contatto e piantare il seme delle future organizzazioni terroristiche che sono cresciute nel Paese. La prigione ospitava jihadisti ed ex combattenti dell’esercito di Saddam, alcuni dei quali provenienti dal carcere di Abu Ghraib in seguito allo scandalo del 2004 sulle torture ad opera dei militari americani sui detenuti iracheni. Una situazione ideale per fare proseliti e radicalizzare soldati che, dopo l’invasione americana dell’Iraq, sono stati incarcerati, alcuni torturati, e hanno visto finire il proprio Paese nelle mani di un esercito straniero. Per questo la prigione era stata rinominata The Academy, l’accademia del Jihad.

Ed è lì che al-Baghdadi e Qardash si sono conosciuti. Un rapporto che, secondo gli analisti, non sarebbe stato da subito ottimo, con il secondo che aveva preferito rimanere sotto l’ombrello di un altro ex ufficiale di Saddam Hussein e suo concittadino, Abu Alaa al-Afri, responsabile dei territori siriani di Isis e ucciso nel 2016. Solo dopo la nascita del Califfato e la morte di al-Afri, Qardash ha conosciuto una rapida ascesa all’interno dello Stato Islamico.

La sua nomina, oggi, sarà sostenuta dai fedelissimi del Califfo, ma non è detto che venga accettata da tutte le frange dell’organizzazione. L’uccisione di al-Baghdadi rappresenta un duro colpo per Isis, ma solo nei prossimi mesi sarà possibile capire se inizierà una lotta per il potere all’interno dell’organizzazione che potrebbe portare a scissioni e guerre fratricide, con Siria e Iraq a fare da campo di battaglia.

Twitter: @GianniRosini

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