Si è presentata nel commissariato di San Basilio, ha spiegato che probabilmente suo figlio c’entrava qualcosa con l’omicidio di Luca Sacchi, il 24enne ucciso a Roma con un colpo di pistola alla testa. E lo ha detto con coraggio: “Mio figlio ha fatto una cazzata. È meglio saperlo nelle vostre mani che in quelle di spacciatori, delinquenti e criminali”. Si chiama Giovanni Proietti, è la mamma di Valerio Del Grosso, il ragazzo accusato di aver materialmente premuto il grilletto del revolver, e giovedì pomeriggio è entrata nelle stanze del commissariato del difficile quartiere romano accompagnata dall’altro figlio, Andrea.

Per fare la cosa più giusta eppure più complicata per una madre: denunciare il figlio 21enne, aiuto pasticciere, perché aveva compreso dai racconti fatti dagli amici che c’era in mezzo anche lui a quella storiaccia che sembrava una rapina finita nel sangue e invece, secondo la prima ricostruzione della magistratura, è uno scambio di droga che si è trasformato in un omicidio. Avrebbero potuto spiegarlo Valerio e Paolo Pirino, l’altro accusato del delitto, ma hanno deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere davanti al giudice per le indagini preliminari che ha varcato il portone del carcere Regina Coeli per interrogarli. Ai due vengono contestati anche i reati di rapina, detenzione e porto abusivo di armi. “Ha chiesto scusa per quello che è successo. Non voleva di uccidere nessuno – è la tesi dell’avvocato Alessandro Marcucci, difensore di Del Grosso – Si è avvalso della facoltà di non rispondere e rimandiamo a un’altra occasione il confronto con i magistrati. È molto provato e dispiaciuto per quello che è successo”. Per entrambi il gip ha convalidato il fermo.

La caccia a chi ha ucciso Sacchi era finita nella notte tra giovedì e venerdì alla periferia di Roma. In un residence e sul terrazzo di un appartamento dove si erano nascosti Del Grosso e Pirino. La svolta è arrivata grazie alle parole della donna che ha portato polizia e carabinieri sulle tracce dei due. Con le ore sono poi emerse novità anche sulla dinamica e il possibile movente: l’omicidio, infatti, sarebbe maturato per un tentativo di rapina legato ad una compravendita di droga, che Anastasia, la fidanzata di Sacchi, aveva chiesto ai due di procurarle. Ma la quantità di soldi che la ragazza aveva nello zaino avrebbe spinto i due a scipparla.

Poi il tentativo di difesa da parte di Luca finito nel sangue. Un teste, citato nel decreto di fermo, una sorta di ‘mediatore’ di Del Grosso dice alla polizia che la donna aveva nello zaino “soldi divisi in due mazzetti da 20 e da 50 euro”. E racconta come, nelle fasi precedenti il delitto, si sia recato alla Caffarella con altre due persone: “Alle 21:30 del 23 ottobre incontrandone una terza, già a lui nota, al quale si presentava come inviato di Valerio”. Doveva verificare, per conto di Del Grosso “se persone in zona Tuscolana avessero il denaro per acquistare come convenuto merce”. Insomma dalle testimonianze emerge che i due pusher avevano una ‘rete’, almeno tre emissari, ed erano organizzati. Emerge al possibilità che fossero stati ‘contattati’ per l’acquisto di droga. Ed emerge che i fermati avevano complici tali, secondo la procura, da poter consentire loro una fuga. Da qui la necessità del fermo, convalidato dal giudice per le indagini preliminari.

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Luca Sacchi, l’ipotesi dello scambio di droga: verifiche sui soldi nello zaino di lei. Un teste: “C’erano mazzette da 20 e 50 euro”

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Luca Sacchi, uno dei due fermati al gip: “Ero lì per rubare, non sapevo che Del Grosso avesse la pistola”. Restano in carcere

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