C’è anche Claudio Carbonaro, reo confesso di omicidi, poi collaboratore di giustizia e tornato in libertà quattro anni fa alla fine del programma di protezione tra le 15 persone arrestate dalla polizia di Ragusa. Misure cautelari e sequestri di aziende nel settore del riciclo plastiche su delega della Dda di Catania. Le indagini degli investigatori delle squadre mobili di Ragusa e Catania, coordinati dal Sco, hanno permesso di svelare un’associazione per delinquere, di stampo mafioso, denominata “stidda”, finalizzata al traffico illecito di rifiuti aggravato. Tra i reati contestati rientrano l’estorsione pluriaggravata, l’illecita concorrenza con minaccia, le lesioni aggravate, la ricettazione, la detenzione ed il porto di armi da sparo ed il danneggiamento seguito da incendio.

Carbonaro, secondo l’accusa, stava riorganizzando il clan con un ‘taglio’ diverso, meno sanguinario e più imprenditoriale puntando sullo smaltimento della plastica delle serre. In manette anche Giovanni e Raffaele Donzelli, padre e figlio, titolari dell’azienda Sidi. Le indagini erano scattate nel 2014 in seguito a un sequestro, operato a Roma dalla Squadra Mobile, di scarpe contenenti materiali nocivi per la salute. Era stata ipotizzata dagli investigatori l’esistenza di un’organizzazione dedita al traffico di rifiuti plastici, acquisiti da imprese di raccolta e stoccaggio aventi sede nelle province di Ragusa e Catania ed esportati in Cina. Qui venivano utilizzati per la fabbricazione di scarpe, poi importate in Italia e commercializzate pur contenendo, per i magistrati, sostanze tossiche. L’intervento di Carbonaro nel 2015 ha inoltre “permesso di raggiungere un accordo criminale con la famiglia gelese dei Trubia.

Tra gli episodi accertati l’incendio di un autocarro di proprietà di una ditta di raccolta plastica al fine di intimidirli e non farli operare sul territorio di Vittoria e il danneggiamento di una autovettura di uno dei responsabili di un’azienda agricola, reo, di aver fatto prelevare la plastica dismessa ad un’altra impresa di raccolta plastica. Tra le aggravanti contestate vi è anche la disponibilità di armi da parte degli indagati. Tra i reati contestati (solo a Donzelli Giovanni, Donzelli Raffaele, Marcellino Andrea, Farruggia Francesco e Longo Giovanni), vi è inoltre la gestione abusiva di ingenti quantitativi di rifiuti. Gli indagati smaltivano abusivamente i fanghi speciali provenienti dal lavaggio della plastica, nocivi in quanto costituiti da terra mista a fertilizzanti e pesticidi. I rifiuti venivano interrati e ricoperti con cemento e asfalto o ancora occultati mediante sversamento abusivo nei terreni adiacenti la Sisi dei Donzelli o in altri terreni di Vittoria, creando un grave danno all’ambiente.

La Polizia di Stato ha effettuato durante il periodo investigativo anche riscontri mediante videoriprese delle fasi di smaltimento illegale. I reati ambientali commessi dagli indagati hanno permesso di ottenere maggiori profitti, in quanto lo smaltimento abusivo, privo di tracciabilità (per assenza del FIR), non viene conferito presso una discarica autorizzata, con illecito abbattimento dei costi; è stata elusa anche l’IVA da parte dei commercianti materie plastiche, proprio in virtù di tale smaltimento clandestino. La Procura della Repubblica ha anche richiesto ed ottenuto il sequestro preventivo di 5 aziende riconducibili agli indagati. Il volume di affari complessivo delle aziende sequestrate ammonta a circa 5 milioni di euro, tra queste quelle appartenenti alla famiglia Donzelli ed all’indagato Longo. È stato nominato un amministratore giudiziario, in modo da consentire la prosecuzione dell’attività imprenditoriale, con salvaguardia dei lavoratori.

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