“Sospettiamo che armi non convenzionali vengano usate contro i combattenti” curdi dalla Turchia, durante l’assedio a Ras al Ayn. È la denuncia via Twitter Mustafa Bali, capo della comunicazione delle Syrian Democratic Forces (Sdf) a guida curda. Concetto ribadito in un successivo comunicato delle Sdf: “L’aggressore turco sta usando tutte le armi disponibili contro Ras al Ayn – si legge – Di fronte all’ovvio fallimento del suo piano, Erdogan sta facendo ricorso ad armi che sono globalmente vietate, come il fosforo bianco e il napalm“. Un’accusa che Ankara smentisce per bocca del ministro della Difesa: “Tutti sanno che l’esercito turco non ha armi chimiche nel suo inventario. Alcune informazioni ci indicano che le milizie curde dello Ypg usano armi chimiche per poi accusare la Turchia“, è la sua replica. L’esercito di Erdogan avrebbe ormai il controllo di “quasi metà” del centro strategico di Ras al Ayn, secondo quanto riferisce l’Osservatorio siriano per i diritti umani, che parla di “intensi raid aerei” che proseguono “da tre giorni”, oltre alle bombe dell’artiglieria. Situazione che ha portato le Sdf a chiedere la creazione di corridoi umanitari per la popolazione: “L’appello umanitario urgente”, che si rivolge “alla comunità internazionale, alle organizzazioni per i diritti umani, alla Lega Araba, alla Federazione Russa e alla coalizione internazionale”, riguarda la stessa località dove nelle scorse ore i curdi avevano denunciato raid turchi con armi chimiche.

È proprio in questi bombardamenti, secondo quanto riferiscono i curdi, che vengono usate armi chimiche. La denuncia è accompagnata da un servizio video dell’agenzia Hawar, organo dell’amministrazione curda in Siria, da un ospedale della zona in cui compaiono alcuni bambini ricoverati con gravi ferite da ustioni, descritte in un’intervista da un medico locale. Non è possibile verificare in modo indipendente l’autenticità delle immagini. Anche sui social network si vedono video di bambini che faticano a respirare o ustionati. Il portavoce curdo Mustafa Bali fa riferimento a “notizie e segnali” ricevuti “dalla città assediata” e invita “le organizzazioni internazionali a inviare le loro squadre per investigare alcune ferite subite negli attacchi”. Secondo Bali, “le strutture mediche nel nord-est della Siria non hanno più squadre di esperti dopo il ritiro delle ong dovuto all’invasione turca”.

Mentre a Ras al Ayn proseguono i bombardamenti, mercoledì le truppe siriane fedeli a Bashar al-Assad sono entrate a Raqqa, l’ex capitale dell’Isis, e anche a Kobane, dopo il ritiro delle truppe americane dalla città di confine. Fonti turche riferiscono, però, che dall’ex capitale del Califfato sono fuggiti 600 combattenti curdi che facevano parte delle milizie che hanno liberato la città nel 2017.

Il comandante delle milizie delle Forze democratiche siriane (Fds) a guida curda, il generale Mazloum Kobani, dopo aver annunciato mercoledì “interrotte” le operazioni anti-Isis proprio per colpa dell’invasione turca, ha riferito alla tv curda Ronahi che il presidente Usa Donald Trump sapeva “che stavamo contattando il regime siriano e i russi per proteggere il nostro Paese e la nostra terra. Lui ci ha detto: ‘Non siamo contrari. Vi sosteniamo’”. Un’ulteriore dimostrazione della disinteresse del numero uno della Casa Bianca, che mercoledì dopo aver ricevuto Sergio Mattarella ha dichiarato: “In Siria combattano la loro guerra”.

Intanto però è fissato alle 14:30 di oggi (le 13:30 in Italia) l’atteso incontro ad Ankara tra il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e la delegazione Usa di alto livello, guidata dal vicepresidente Mike Pence e dal segretario di Stato Mike Pompeo, inviata d’urgenza da Trump per chiedere un cessate il fuoco nel nord della Siria. I colloqui sono stati preceduti ieri da una polemica quando Erdogan aveva dichiarato che avrebbe discusso solo con Trump, salvo poi fare marcia indietro. La delegazione americana, di cui fanno parte anche il consigliere per la Sicurezza nazionale Robert O’Brien e l’inviato speciale di Trump per la Siria e la Coalizione anti-Isis James Jeffrey, ha già avuto i primi colloqui preparatori con alti funzionari di Ankara, tra cui il portavoce e consigliere di Erdogan, Ibrahim Kalin, e il ministro della Difesa Hulusi Akar.

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