Il Fondo monetario internazionale, nel World economic outlook presentato il 15 ottobre, rivede al ribasso le stime sulla crescita mondiale portandole ai minimi dalla crisi finanziaria. Nel 2019 il prodotto interno lordo globale salirà del 3%, 0,2 punti percentuali in meno rispetto alle previsioni di luglio e 0,3 punti in meno rispetto a quelle di aprile. Nel 2020 la crescita dovrebbe poi accelerare a +3,4%: si tratta comunque di 0,1 punti in meno rispetto alla stima di luglio e 0,2 in meno rispetto ad aprile. Dati, sottolinea lo stesso Fmi, che preannunciano una “seria discesa dal 3,8% del 2017”. L’economia mondiale “è in un rallentamento sincronizzato“, avverte il Fondo, mettendo in guardia sulla presenza di “elevati rischi al ribasso”: fra questi ci sono le barriere commerciali, le tensioni geopolitiche e la Brexit. Pesa la crisi dell’auto, che l’anno scorso si è contratta per la prima volta dalla crisi per effetto dell’abolizione degli sgravi per le auto in Cina e delle norme europee sulle emissioni. “Con il rallentamento sincronizzato e la ripresa incerta, le prospettive globali restano incerte”, ha commentato la capo economista del Fmi, Gita Gopinath.

In questo quadro sono state riviste al ribasso anche le stime sul pil italiano, sia per quest’anno sia per il 2020: la Penisola si conferma fanalino di coda della Ue. Dopo il +0,9% del 2018, per il 2019 la crescita è prevista a zero, ovvero 0,1 punti percentuali in meno sia rispetto alle previsioni di luglio sia a quelle di aprile. Per il 2020 la crescita è attesa a +0,5% (-0,3 punti su luglio e -0,4 su aprile). A pesare, afferma il Fondo, è l'”indebolimento della domanda interna, un minore impulso di bilancio e un contesto esterno più debole”. Il Fmi del resto ha tagliato anche le stime di crescita di Germania e Francia e limato al ribasso quelle la Gran Bretagna per il 2019. Per la locomotiva tedesca il Fondo stima una crescita dello 0,5% quest’anno e dell’1,2% nel 2020, in calo rispettivamente di 0,2 e 0,5 punti percentuali rispetto alle stime di luglio. Il pil francese crescerà quest’anno dell’1,2% e il prossimo dell’1,3% (in tutti e due casi -0,1 su luglio). La Gran Bretagna è attesa crescere dell’1,2% quest’anno (-0,1 su luglio) e dell’1,4% nel 2020 (invariata su luglio).

La revisione al ribasso delle previsioni di Germania e Francia è legata a una domanda estera più debole delle attese nella prima metà dell’anno, afferma il Fmi. La Germania ha risentito del rallentamento globale della produzione di auto e dovrebbe approfittare dei tassi negativi per investire in capitale sociale e infrastrutturale. “In Germania, dove c’è spazio per allentare la politica di bilancio e la cresciuta è debole, aumentare gli investimenti pubblici in capitale umano e fisico o ridurre il cuneo fiscale spingerebbe la domanda, aiuterebbe a ridurre l’eccessivo surplus corrente e rafforzerebbe il potenziale di produzione”, aggiunge il Fondo.

Le stime per la Gran Bretagna – spiega il Fmi – riflettono un insieme di fattori negativi, dalla debole crescita mondiale all’incertezza della Brexit, ma anche l’impatto positivo di una maggiore spesa pubblica. L’economia britannica si è “contratta nel secondo trimestre, e i recenti indicatori puntano a una crescita debole nel terzo trimestre. Le previsioni assumono un’uscita ordinata dall’Unione Europea seguita da una graduale transizione al nuovo regime. In ogni caso, a settembre sulla forma della Brexit resta un’incertezza elevata”.

L’industria automobilistica si è contratta nel 2018 per la prima volta dalla crisi finanziaria. E le prospettive nel medio termine restano deboli, con i costruttori alle prese con sfide tecnologiche e non che richiedono una modifica dei modelli di business. Il Fmi sottolinea che a pagare le conseguenze dello stop del settore delle quattro ruote è l’economia globale visto il peso del comparto, che rappresenta il 5,7% delle produzione mondiale e l’8% delle esportazioni. Il rallentamento dell’industria dell’auto è legato all’abolizione degli sgravi per le auto in Cina e le norme europee sulle emissioni sono i due ‘fattori’ alla base della frenata del settore. E proprio gli sforzi per ridurre le emissioni saranno quelli che caratterizzeranno le prospettive di medio termine. “E’ atteso un aumento significativo degli investimenti nella produzione di veicoli elettrici o alternativi nel medio termine, soprattutto in Europa”, spiega il Fondo, osservando comunque come i prezzi delle vetture elettriche o alternative sono più alti di quelli tradizionali e questo potrebbe limitare la domanda. “Di conseguenza i costruttori si trovano di fronte e sfide che richiedono modifiche al modello di business che vanno al di là delle sole riconfigurazioni tecnologiche“, aggiungono gli esperti di Washington. Durante il 2018 la produzione di auto si è contratta dell’1,7%, mentre le vendite sono calate a livello mondiale del 3%. Solo in Cina, il mercato maggiore al mondo, la produzione è scesa del 4%, in quello che è stato il primo calo in più di 20 anni. “Forti cali delle immatricolazioni si sono registrati” lo scorso anno in “Germania, Italia e Gran Bretagna”: il rallentamento dell’industria è stato un “fattore importante” nella frenata dell’economia globale.

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