La “profondità strategica” di Recep Tayyip Erdogan segue (impunita) lo schema del passato: è pulizia etnica. Oggi la spada del Sultano è puntata contro i curdi, gli unici ad aver combattuto davvero lo Stato Islamico, dopo la retromarcia di Donald Trump che ha lasciato campo libero alle milizie turche. Ma ieri le armi ottomane si sono strette attorno al collo di armeni, ciprioti e greci del Ponto, sempre seguendo la stessa linea: quella del genocidio, quella della repressione violenta e barbara, quella di una vera e propria pulizia etnica.

Come contro i greci del Ponto dopo i massacri di Smirne, contro gli armeni abbandonati anche dal resto del mondo e contro i ciprioti dopo che l’isola fu invasa da 50mila militari turchi, a seguito del tentato golpe di Atene. Quei militari sono ancora nella Katekomena, la parte settentrionale di Cipro. E non se ne vanno.

Dopo la Prima Guerra Mondiale e fino al 1923, almeno 500mila greci (ma c’è chi li stima in più di 5 milioni) vennero trucidati tra omicidi, impiccagioni, fino a stenti e malattie. Una delle mani più efferate fu quella di Ismail Enver, anche consulente per l’esercito tedesco: testimoniò che il ministro turco della Difesa riferì nel 1915 che voleva “risolvere il problema greco allo stesso modo in cui pensava di aver risolto il problema armeno”.

Molti Paesi hanno riconosciuto ufficialmente il genocidio, prima tra tutte la Grecia nel 1994, seguita da Austria, Canada, Australia, Armenia e anche da alcuni stati Usa, come Carolina del sud, New Jersey, Florida, Massachusetts, Pennsylvania e le città di New York e Cleveland, ma poi le risoluzioni non sono state recepite a livello federale. Ma in Turchia chi usa quel termine rischia la pelle: anzi, il ministero degli Esteri turco ha chiesto al Parlamento greco che ha istituito la giornata del ricordo di scusarsi con il popolo turco per i massacri perpetrati in Anatolia.

Genocidio fu anche a Cipro, dove nel 1974 la Turchia ha bombardato l’isola occupandone la metà settentrionale, nel silenzio delle istituzioni. Quando nel 2004 i ciprioti furono chiamati a decidere sul piano Annan di possibile riunificazione con un referendum, votarono no perché dietro quel piano c’erano sospetti e ombre. I sussurri di quei giorni citavano anche un’isola che si dice fosse stata donata presumibilmente al figlio di Kofi Annan, numero uno dell’Onu che fu regista di quel tentativo, su cui però nulla più si è saputo. Ma il piano fu bocciato da Nicosia perché solo a favore dei turchi, con un trasferimento di ricchezza e risorse dal lato greco a quello turco.

Fatti, ricostruzioni oggettive, con nomi e volti di chi è stato massacrato. Ma nonostante ciò c’è chi ancora nega il sangue versato. Un po’come accadeva negli anni 50, quando si negava l’Olocausto. Ci sono voluti anni, testimonianze, tonnellate di libri e film per raccontare al mondo la barbarie nazista. Ma se ieri la tecnologia non poteva essere di aiuto a chi faceva carte false per nascondere quei crimini, oggi che tutto è visibile e protofanico. Spiace che una buona fetta del mondo giri la testa dall’altro lato. Nato e Casa Bianca in testa.

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