C’è un motivo per cui amo Instagram: la fotografia. Quando mi ci sono iscritta ho cercato immediatamente di utilizzarlo per scoprire mondi e nuove realtà attraverso gli scatti degli altri. Gli influencer li ho un po’ snobbati: certo, sono interessanti, ma ritengo siano una delle prime cause del senso di insoddisfazione che molti giovani provano nel dover andare ogni giorno a fare un lavoro che non sia indossare abiti firmati o visitare isole e resort alla moda. Inoltre, la pubblicità più o meno occulta sui social network è un concetto che ancora mi infastidisce.

Ad ogni modo, la fotografia, dicevamo. Instagram ha dato la possibilità a molti di esprimere il proprio talento (o comunque di far sentire la propria voce) per immagini. A moltissimi altri ha permesso di accedere al mondo delle foto con molta più semplicità, con la stessa semplicità di accesso che hanno alla galleria del proprio smartphone.

Ora che però il social ha tolto la possibilità di contare i “Mi piace” ai post e che ha annunciato che impedirà agli utenti di spiare le attività degli altri utenti, il timore è che diventi sempre più difficile anche esplorare e rintracciare lavori e produzioni fotografiche indipendenti che magari tramite il social possono raccogliere un loro pubblico e farsi conoscere.

Mi direte: se sono bravi sapranno farsi strada. Ebbene, non ne sono così sicura. Spotify ha già dimostrato che la disintermediazione di alcune piattaforme ha fatto solo bene a etichette e cantautori indipendenti che, altrimenti, lontani dai giri “buoni” sarebbero rimasti confinati nelle loro nicchie se non per sempre almeno a lungo.

La domanda allora è: cosa accadrebbe se gli automatismi del social network non evidenziassero più nello spazio “esplora” i fotografi meno conosciuti? Senza il passa parola digitale dei “Mi Piace”, qualcuno li intercetterebbe mai?

Vi faccio qualche esempio. Tramite la funzione “Segui già” ho scoperto le fantastiche foto in giro per il mondo di Monaris (Paola Franqui) che mi attrae perché immortalano delle realtà in cui vorrei fisicamente essere presente, perché non sono belle solo da guardare ma anche da “abitare”, perché hanno classe e soprattutto perché si percepisce che dietro ci sono gli occhi e la testa di una donna.

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pieces of her. #reflectionstories

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Sempre con la stessa funzione, ho scoperto le immagini di Paolo Modugno, fotografo e videomaker napoletano di grandissimo talento che in ogni scatto riesce a tirar fuori della poesia: dalle periferie, dagli ultimi, da quel sud che rischiamo di dimenticarci (o da quei volti che tendiamo a ghettizzare). Trapana le coscienze con un dettaglio, un’azione, una epifania, un movimento a cui nessuno fa caso ma che racchiude il senso di tutto.

E ancora, non mi sarei incantata di fronte agli scorci di Florian Olbrechts, che per molti possono risultare scontati ma per me sono stati una scoperta nella loro esplosione di colori e di vitalità e soprattutto in quella capacità di farmi desiderare partenze imminenti e farmi sentire il bisogno di osservare da vicino e il prima possibile ogni angolo del mondo.

Infine, ma ci sarebbero ancora centinaia di esempi, non avrei scoperto (certamente per mia ignoranza) i reportage di Fabio Bucciarelli, il suo giornalismo di frontiera per immagini, la realtà della guerra e delle divisioni vista con gli occhi di un italiano di talento.

E sarebbe stato un gran peccato. Non lo dico io: esplorate, guardate e valutate anche voi. Poi ditemi se non è così.

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