Gli Stati Uniti si ritirano, la Turchia avanza, i curdi si dicono pronti a difendere a ogni costo il nord della Siria. Con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan che minaccia: “L’operazione potrebbe iniziare in qualsiasi momento”. In una nota di appena dodici righe gli Usa comunicano una scelta che potrebbe stravolgere gli esiti della guerra in Siria, causare un nuovo conflitto con i curdi e permettere la liberazione di molti prigionieri Isis nelle carceri. Un comunicato che arriva dopo una telefonata tra il presidente Donald Trump e quello turco che è di fatto il via libera di Washington ad Ankara a entrare in territorio siriano. Un’operazione militare che spazzerebbe via le forze curde, finora appoggiate proprio dagli americani. La Associated Press ha scritto che la Turchia invaderà il Nord della Siria, citando fonti di Washington. A descrivere la situazione sono le parole coordinatore umanitario delle Nazioni Unite per la Siria, Panos Moumtzis: “Non sappiamo cosa accadrà (…) Ci stiamo preparando al peggio“.

“È il momento per noi di sfilarci da ridicole guerre senza fine, molte delle quali tribali. E’ il momento di riportare i nostri soldati a casa”, ha twittato Donald Trump, spiegando così la decisione degli Usa di ritirarsi dal confine. “Combatteremo solo dove avremo benefici e combatteremo solo per vincere. Turchia, Europa, Siria, Iran, Iraq, Russia e i curdi dovranno risolvere la situazione e capire cosa voglio fare con i soldati dell’Isis catturati”. In un altro tweet, il presidente Usa ha aggiunto: “Gli Stati Uniti dovevano stare in Siria per 30 giorni, ma questo era anni fa. Siamo rimasti e siamo rimasti coinvolti in una profonda battaglia senza obiettivo in vista. Quando sono arrivato a Washington l’Isis dilagava nell’area. Abbiamo rapidamente sconfitto il 100% del califfato dell’Isis”, sostiene Trump.

Interviene anche l’Unione europea che “ribadisce la sua preoccupazione” e ricorda di avere sempre detto che “ogni soluzione a questo conflitto non può essere militare bensì deve passare attraverso una transizione politica, in conformità alla risoluzione Onu ed il comunicato di Ginevra nel 2014″, ha spiegato una portavoce della Commissione europea. “La ripresa della ostilità rischia di aumentare le sofferenze della popolazioni di vanificare tutti gli sforzi politici, esortiamo i Garanti di Astana a cessare le ostilità”, ha concluso. La Russia invece concorda sul fatto che “la Turchia potrebbe intervenire per garantire la sua sicurezza” ma chiede di “astenersi da qualsiasi azione che possa creare ostacoli sul percorso del processo di pace“.

Gli Usa si ritirano dalle postazioni strategiche – La Casa Bianca nella notte ha fatto sapere che la Turchia si sarebbe mossa verso il nord della Siria, un’operazione che a molti appare come una vera e propria invasione, e contemporaneamente ha annunciato che l’esercito a stelle e strisce non sarà in alcun modo coinvolto. Le truppe americane si sono già ritirate dalle aree di confine, come fanno sapere le milizie a guida curda della Forze democratiche siriane (Fds) e come ha spiegato Erdogan in una conferenza stampa. L’avvio del ritiro americano dalle postazioni strategiche di Ras al-Ayn e Tal Abyad è confermato dall’Osservatorio siriano per i diritti umani (Ondus). Nella dichiarazione della Casa Bianca non si faceva menzione della questione curda, ma si precisava infatti che le truppe statunitensi “non sosterranno né saranno coinvolte nell’operazione” e “non saranno più nelle immediate vicinanze”, cioè nel nord della Siria

Una ipotesi, quella del ritiro delle truppe americane, ventilata già da Trump nello scorso dicembre ma accolta con sfavore da gran parte della comunità internazionale, secondo cui il ritiro avrebbe comportato l’abbandono dei curdi nelle mani dell’esercito turco. L’annuncio aveva provocato le dimissioni, in segno di protesta, dell’allora segretario alla Difesa Jim Mattis e uno sforzo dell’allora consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton per cercare di proteggere i curdi. Ora lo sconcerto è manifestato dal senatore Lindsay Graham, presidente della commissione giustizia del Senato, che ha chiesto esplicitamente al presidente americano di tornare indietro sulla sua decisione definendola “un disastro annunciato“.

Foreign fighter saranno consegnati a paesi di origine – La Casa Bianca ha fatto sapere anche che Ankara prenderà in custodia i foreign fighter catturati dagli Stati Uniti e trattenuti dalle forze curde da questi sostenute. L’ambasciatore americano James Jeffrey, inviato del Dipartimento di Stato nella coalizione internazionale anti-Isis, e lo stesso Trump, hanno affermato che ci sono circa 2.500 foreign fighter prigionieri, che gli Usa vorrebbero consegnare a Paesi europei, in particolare Francia e Germania. Per mesi il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha minacciato di lanciare un assalto militare alle forze curde nel nord della Siria, tra cui sostiene si nascondano numerosi terroristi. Al Congresso, sia repubblicani che democratici hanno messo in guardia contro una simile iniziativa che, mettendo in pericolo le forze curde che finora hanno sopportato il peso maggiore della campagna militare contro lo Stato islamico, avrebbe inviato un messaggio preoccupante agli alleati americani in tutto il mondo.

I curdi: “Pugnalate alle spalle, pronti a difenderci” – Le forze curdo-siriane definiscono la mossa di Trump “una pugnalata alle spalle” e fanno sapere di esser pronte a “difendere a ogni costo” il nord-est della Siria. “La zona è ora diventata un teatro di guerra. Noi siamo determinati a difendere il nordest a ogni costo”, ha detto il portavoce delle forze curdo-siriane, Mustafa Bali, citato dai media locali e regionali. Prima ancora di queste dichiarazioni le Forze democratiche della Siria (l’alleanza curdo-araba delle Fds) avevano replicato con una serie di tweet sostenendo che un “attacco turco” rischierebbe di annullare i successi nella lotta all’Isis e di fare della Siria una “zona di conflitto permanente”. Le Fds affermano di aver rispettato gli impegni previsti dall’ “accordo sul meccanismo di sicurezza, smantellando le fortificazioni militari tra Tell Abyad e Ras al-Ayn, ritirando le unità di combattimento con le armi pesanti” dalle zone lungo il confine con la Turchia. “Tuttavia – affermano – le minacce di Erdogan hanno come obiettivi quelli di cambiare il meccanismo di sicurezza in un meccanismo di morte, di fare sfollati tra la nostra gente e trasformare la regione sicura e stabile in una zona di conflitto e guerra permanente. Mentre la comunità internazionale cerca una soluzione politica per la Siria – aggiungono le Fds – il popolo siriano soffre da anni per la guerra”.

Erdogan: “Operazione può iniziare in qualsiasi momento” – La Turchia sta lavorando a una soluzione per estradare “nei Paesi d’origine” i miliziani dell’Isis attualmente detenuti nelle carceri del nord-est della Siria, non appena avrà preso il controllo dell’area dai curdi ha detto il presidente turco Erdogan. La Turchia sostiene che l’operazione ha come obiettivo la “sicurezza dei confini” e il “ritorno dei profughi”. “L’operazione militare turca per prendere il controllo del nord-est della Siria potrebbe iniziare in qualsiasi momento. C’è una frase che abbiamo sempre utilizzato: possiamo arrivare una notte all’improvviso. È assolutamente impossibile per noi tollerare ulteriormente le minacce di questi gruppi terroristici”. Il presidente turco ha poi spiegato che la Casa Bianca aveva già deciso il ritiro “ma era stato ritardato”.

Mosca: “Garantire l’integrità territoriale e politica della Siria” – “Il Cremlino sa che la Turchia si è impegnata nell’integrità territoriale e politica della Siria, nella comprensione che l’integrità territoriale della Siria è il punto di partenza per raggiungere un accordo in Siria e in tutte le altre questioni: speriamo che le nostre controparti turche aderiranno in primo luogo a questo postulato in tutte le situazioni”, ha detto il portavoce di Vladimir Putin, Dmitry Peskov. Allo stesso tempo, Mosca concorda sul fatto che “la Turchia potrebbe intervenire per garantire la sua sicurezza“. Che significa “resistere agli elementi terroristici che potrebbero nascondersi in Siria. Ma prima di tutto diciamo che l’integrità territoriale e politica della Siria deve essere garantita”, ha ribadito Peskov. Mosca sottolinea quindi che “ora che è stata istituita l’assemblea costituzionale ed è stata comunicata la data delle sue riunioni è importante astenersi da qualsiasi azione che possa creare ostacoli sul percorso del processo di pace in Siria”.

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