Sempre più vicini ai lavoratori, sempre più intrecciati con antirazzismo, femminismo e antifascismo, contrari alle grandi opere, a partire dal Tav in Val di Susa e al metanodotto in Sardegna. I Fridays for Future si radicalizzano e lanciano, dalla seconda Assemblea nazionale appena chiusa, il quarto sciopero globale per il clima il prossimo 29 novembre, a ridosso della COP25 in Cile (2-12 dicembre). Lo fanno, questa volta, proponendolo a livello internazionale sotto lo slogan “block the planet”. “Sarà una giornata di manifestazione”, spiega Edoardo Sturniolo dei Fridays di Torino, “nella quale sperimenteranno pratiche, sempre non violente, di blocco e di disobbedienza civile”.

E proprio quella di mettere in atto azioni pacifiche, ma volte a ostacolare attività aziende ritenute inquinanti – come hanno fatto proprio sabato scorso, bloccando l’ingresso del deposito Q8 di San Giovanni a Tediuccio alla periferia est di Napoli – è una delle decisione prese dagli oltre 500 ragazzi, dai 15 ai 30 anni, riunitisi a Napoli il 5 e il 6 ottobre scorso. “Siamo contro i potenti della terra, le multinazionali e chi detiene il potere economico e politico”, hanno scritto nel report conclusivo dell’incontro (pur avendo, dopo un’accesa discussione, deciso di non definire il movimento “anticapitalista”, definizione ritenuta forse troppo divisiva).

“L’unica grande opera è la messa in sicurezza del territorio”
Tema chiave dell’Assemblea è stato proprio quello della giustizia climatica e la relativa “necessità che a pagare il prezzo della riconversione ecologica e sistemica sia chi fino ad oggi ha speculato sull’inquinamento della terra, sulle devastazioni ambientali”. La giustizia climatica “è giustizia sociale” e la transizione ecologica “deve essere accompagnata dalla redistribuzione delle ricchezze”. Il movimento ecologista si intreccia con il femminismo, l’antirazzismo e le battaglie legate ai temi del lavoro, così come a una critica al “sistema patriarcale, sessista, razzista, colonialista, machista”. “Siamo la resistenza”, scrivono sempre gli attivisti.

Venendo alle richieste concrete, i Fridays For Future chiedono fermamente: stop ai sussidi ai combustibili fossili, con decarbonizzazione totale entro il 2025, tassazione che colpisca i profitti della produzione, emissioni zero entro il 2030, un investimento nazionale su un trasporto pubblico sostenibile e per tutti. Il movimento si dichiara contrario anche al metanodotto in Sardegna – “in generale siamo contrari al metano come energia di transizione”, spiega Edoardo Sturniolo dei Fridays Torino – e chiede “la dismissione rapida di ogni impianto inquinante, come l’Ilva”. Totale è il sostegno ai No Tav per Val di Susa, No-Grandi navi per Venezia, No Tap per Lecce. Lotta, invece, all’Enel per Civitavecchia e alla Snam per l’Abruzzo. “L’unica grande opera è la bonifica e la messa in sicurezza dei territori”, affermano.

“No a compromessi con la politica”
Ma non è tutto: i Fridays chiedono anche un “nuovo approccio ecologista alla didattica”, mentre rifiutano operazioni di greenwashing da parte del Miur e ogni accordo con aziende inquinanti. Vogliono inoltre che venga dichiarata l’emergenza climatica ed ecologica nazionale, anche se rispetto al governo e alle istituzioni netta è la volontà di non scendere a compromessi o contrattazioni di alcun tipo. “Non siamo un sindacato, le soluzioni sono chiare ed evidenti, sono loro che devono agire”, spiega sempre Sturniolo.

Un altro, e cruciale, tema affrontato è quello della partecipazione dei territori e della traduzione della rivendicazione globale a livello locale. “Noi stiamo cercando di costruire rapporti con i cittadini, lavorando ad esempio con i comitati ambientalisti, dove certo non ci sono solo giovani, e con le associazioni”, conclude Sturniolo.

La chiusura dell’Assemblea Nazionale dei Fridays For Future arriva alla vigilia della grande mobilitazione mondiale annunciata per questa settimana dagli attivisti di Extinction Rebellion in più di 60 città in tutto il mondo. E che proprio oggi sono scesi in piazza Montecitorio, a Roma. Sempre nella Capitale un manichino di Greta Thunberg è stato trovato impiccato su un cavalcavia. Immediata la condanna della sindaca Virginia Raggi – che ha definito l’atto “vergognoso” – e del segretario del Pd Nicola Zingaretti.

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