Il ministero della giustizia ha attivato l’ispettorato sul caso dell’assassino di Fabiana Luzzi. Ad annunciarlo è lo stesso Alfonso Bonafede, a margine del Consiglio Ue. “Come ministro della Giustizia non entro nel merito della valutazione del singolo caso, posso dire che come sempre, quando ho notizia di una possibile anomalia, attivo l’ispettorato e l’ho fatto anche in questa occasione”, ha detto il guardasigilli rispondendo a Mario Luzzi, il padre di Fabiana, la sedicenne bruciata viva, che nei giorni scorsi gli aveva scritto per per protestare contro i permessi premio concessi all’assassino della figlia, esprimendogli “vicinanza”.

“Per me qualsiasi segnalazione arrivi dal territorio merita di essere approfondita – spiega Bonafede -. C’è la separazione dei poteri, ne sono perfettamente consapevole e sono rispettoso di un principio che è importante per la nostra democrazia. Ma i cittadini soprattutto quanti hanno subito gravi ingiustizie, devono sapere che lo Stato gli è vicino, e che è anche attento nel tenere gli occhi sempre aperti su tutto quello che accade nella macchina della giustizia”. Il guardasigilli aggiunge: “Cerco sempre di dimostrare totale vicinanza ai familiari delle vittime di reati violenti, e in questo caso non posso che rispondere dicendo che c’è totale vicinanza e disponibilità da parte mia, come ho già fatto in altre occasioni, all’incontro con questa famiglia. Queste famiglie che subiscono perdite per reati così violenti ed efferati hanno diritto a sentire lo Stato al loro fianco”.

Nel 2013 a Corigliano, in provincia di Cosenza, Fabiana Luzzi venne accoltellata 20 volte dal fidanzato 17enne e bruciata mentre era ancora in vita. “Ci sentiamo distrutti e abbandonati da uno Stato che non ci tutela”, ha scritto nei giorni scorsi il padre della ragazza in una lettera a Bonafede, e al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, spiegando che l’assassino della filla, condannato a 18 anni e 7 mesi di reclusione, ha potuto beneficiare di tre licenze premio a circa tre anni dalla sentenza definitiva.

Le leggi dello Stato, continuava l’uomo, “continuano a premiare gli assassini distruggendo ulteriormente le vittime”. Nella missiva, il padre di Fabiana protesta per i permessi ottenuti dal giovane condannato: “A marzo 2016, in Cassazione – scriveva – l’assassino fu condannato a 18 anni e 7 mesi di reclusione, una pena ridicola in confronto alla gravità di quello che ha fatto. Adesso, sono venuto a conoscenza che quest’anno, già tre volte, ha ottenuto licenze premio. Tutto questo mette in discussione il significato della parola giustizia. Appena appresa la notizia è stato necessario recarci in ospedale per il forte trauma che abbiamo subito, sapendo di poter ritrovare l’assassino di nostra figlia per strada, dopo soli tre anni dall’emissione della sentenza. Non ci sono parole”.

Era il maggio 2016 quando il corpo carbonizzato della ragazza venne ritrovato nelle campagne intorno a Corigliano. Dopo gli interrogatori, si verrà a sapere che Davide, l’ex fidanzato di un anno più grande, aveva attirato la giovane in una trappola dopo averla convinta ad andare con lui in moto in un luogo appartato per parlare della loro storia. Tra i due inizia una discussione al culmine della quale il ragazzo colpisce più volte, con un coltello, la sedicenne, lasciandola agonizzante. Dopo circa un’ora torna con una tanica di liquido infiammabile che versa addosso alla ragazzina dandole fuoco e procurandole una morte atroce. “Era ancora viva quando le ho dato fuoco”, ha poi confessato davanti agli investigatori.

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