di Andreina Fidanza

Ha esultato come se i suoi New York Yankees si fossero aggiudicati per la 28esima volta nella storia il titolo delle World Series. Donald Trump, a seguito della decisione dell’organizzazione mondiale del commercio (Wto) che ha stabilito che gli Usa potranno imporre dazi ai prodotti europei per gli aiuti illegali concessi al consorzio aeronautico Airbus, ha evidenziato che i 7,5 miliardi di dollari (equivalenti a 6,8 miliardi di euro) di compensazione siano stati una vittoria di tutta l’America nei confronti del mondo intero (“it was a big win for the United States”), esclamando a pieni polmoni: not bad.

Affermazioni, durante la conferenza stampa nella East Room della Casa Bianca, che si sono scontrate con la risposta immediata dei mercati finanziari, che da Londra a Milano passando per New York hanno letteralmente rifiutato la decisione presa dall’organizzazione internazionale con sede a Ginevra: Londra -2,6%, Parigi -2,2%, Francoforte -1,8%, Madrid e Milano –2,8%, Dow Jones -1,14%, Nasdaq -1,19%, S&P 500 -1,18%.

A questi si sono aggiunti – dodici ore dopo – i numeri espressi dalle borse asiatiche (Cina esclusa per il 70esimo anniversario della fondazione della Repubblica popolare), anch’essi in territorio decisamente negativo (Tokyo -2%) e soprattutto le dichiarazioni giunte da ogni parte del globo terracqueo sulla complicatissima condizione che si è venuta a creare.

La conferma di eventuali ripercussioni made in Europe, poche ore prima del verdetto, è arrivata dalla portavoce capo della Commissione, Mina Andreeva: “Abbiamo continuato a dire agli Usa che siamo pronti a lavorare con loro a una soluzione equa ed equilibrata per le rispettive industrie aeronautiche. Siamo tuttora pronti e disponibili a trovare un accordo equo, ma se gli Usa decideranno di applicare contromisure autorizzate, l’Ue farà la stessa cosa“.

In pratica l’unico che ha espresso soddisfazione per quanto avvenuto è stato colui che, infischiandosene dell’attuale situazione economica planetaria, ha pensato ancora una volta, per l’ennesima volta, al proprio tornaconto personale, ponendo lo sguardo verso l’obiettivo delle elezioni negli Stati Uniti del 2020 e cercando di distogliere l’attenzione mediatica dallo scandalo Kievgate, quest’ultimo sottolineato dal Washington Post: “le agenzie federali sono sempre più costrette a perseguire i suoi interessi politici, investigare sui suoi nemici e legittimare le sue teorie sulle elezioni del 2016″.

Cosa accadrà da qui al 18 ottobre, data in cui dovrebbero diventare applicativi i dazi, non è dato sapere: a oggi rimane però la certezza che mercati finanziari e leader mondiali non abbiano preso bene né la decisione della Wto né le affermazioni di Donald Trump, con l’inquilino della Casa Bianca sempre più arroccato a quella filosofia sovranista che in America come in Europa non ha fatto altro che alzare muri, chiudere porti, isolare le economie e creare, a prescindere dal luogo, il “Salvini” di turno.

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