Un rimpasto atteso da novembre scorso che si concretizza quando manca poco più di un anno e mezzo dalla fine del mandato in Campidoglio. “Una svolta politica”, l’ha definita il capogruppo pentastellato Giuliano Pacetti durante l’annuncio ufficiale in Aula Giulio Cesare. Perché, al netto delle (tante) sostituzioni operate da Virginia Raggi in questi oltre 3 anni passati alla guida della città di Roma, si tratta della prima vera operazione “politica” in seno alla Giunta capitolina. Movimenti tali da ridisegnare, assecondandoli, alcuni equilibri interni in seno alla maggioranza, pur rischiando di costare qualche polemica per quello che viene già definito “un piccolo caso di parentopoli”. Soprattutto, viene accontentato il gruppo consiliare, che dall’assoluzione della sindaca nel processo per falso documentale sul caso Marra, sperava di poter dettare qualche cambiamento nella squadra di governo della Capitale nel nome del più volte annunciato “cambio di passo”, per qualcuno ormai tardivo.

Consiglieri promossi, ma la “svolta politica” è parziale – Cinque caselle su 12 quelle modificate dalla prima cittadina. Un assessorato eliminato, quello definito “Roma Semplice” fin qui guidato da Flavia Marzano, e quattro avvicendamenti, con un’assessore, Linda Meleo, che cambia delega passando dai Trasporti ai Lavori Pubblici. Soprattutto, due consiglieri e un assessore di municipio promossi. I due eletti sono Valentina Vivarelli e Pietro Calabrese, che da presidenti delle commissioni Patrimonio e Trasporti diventano assessori nella stessa categoria: consiglieri “pesanti”, specialmente Calabrese, da sempre fra le personalità più influenti negli equilibri della maggioranza capitolina.

Difficile, invece, sposare la prima lettura fornita da Raggi all’annuncio del rimpasto, secondo cui erano “i tecnici hanno lasciato spazio ai politici”. In giunta, infatti, restano ad esempio il vicesindaco Luca Bergamo, che non ha mai aderito al M5s ed è entrato con un importante curriculum di centrosinistra; anche Meleo, che resta in squadra, è entrata da tecnica e non certo da militante, così come tecnici sono definibili Gianni Lemmetti e Luca Montuori. Al contempo, l’uscente Margherita Gatta era una “grillina della prima ora”, così come Rosalba Castiglione. L’unica vera tecnica era Laura Baldassarre al Sociale, che torna al suo ruolo in Unicef. L’altro dato è che in questi tre anni Raggi ha ormai cambiato quasi tutti gli assessori: gli unici ad aver mantenuto il posto per tutto il mandato sono Bergamo (cultura) e Daniele Frongia (sport) che però a dicembre 2016 si sono scambiati i gradi di vicesindaco.

La “piccola parentopoli” in casa Stefàno – Poi c’è il caso di Veronica Mammì, che diventa la nuova assessora alle Politiche Sociali e alla Scuola. Mammì viene da anni di militanza nel M5s, in cui ha ricoperto prima il ruolo di consigliera in VI Municipio Tor Bella Monaca e, fino a ieri, di assessora al VII Municipio Cinecittà; ma è anche la moglie di Enrico Stefàno, uno dei quattro reduci del triennio di opposizione a Ignazio Marino, escluso in prima battuta dal suo ruolo “naturale” di assessore al Bilancio a causa delle quote rosa e poi per tre mesi sostituto di Marcello De Vito alla presidenza dell’Assemblea capitolina, fino alle sue dimissioni con tanto di (garbata) polemica.

“Una sorta di risarcimento”, azzarda qualcuno, considerando che Stefàno tornerebbe a presiedere la commissione Mobilità – lasciata scoperta da Calabrese – e si ritroverebbe la moglie in Giunta. Lettura fortemente respinta dalla maggioranza pentastellata: “Veronica è una di noi, è una ragazza in gamba che ha dimostrato ampiamente le sue capacità”, la difendono in coro i consiglieri. Lei non ci pensa a guarda avanti: “Sono molto orgogliosa di questa nuova esperienza: la affronteremo come una squadra”, dice, ricordando che “abbiamo condiviso l’attivismo e ora siamo pronti per questa nuova avventura”.

Il “contentino” al Pd e il diniego dei dem – Chi si aspettava un rimpasto all’insegna dei nuovi equilibri nazionali, invece, è rimasto deluso. Virginia Raggi, come accade da due anni a questa parte, va avanti rafforzando la schiera dei suoi fedelissimi, senza nemmeno attingere a nomi consigliati dall’alto. L’amo, tuttavia, la sindaca lo lancia durante la conferenza stampa di presentazione dei nuovi assessori. “Siamo molto contenti di dove sta andando il nuovo Governo, per cui non c’e’ nessun tipo di preclusione a collaborazioni”, ha detto la sindaca, facendo riferimento alle voci che vogliono la presidenza della commissione Patrimonio (rimasta vacante) offerta al capogruppo del Pd, Anton Giulio Pelonzi, tenendo presente la linea comune sugli sgomberi.

“Il giudizio negativo sulla giunta Raggi rimane”, ha commentato proprio Pelonzi, rispondendo indirettamente alla sindaca. “L’unica novità – ha detto – è l’apertura di un dialogo sui poteri di Roma Capitale e i decreti per le emergenze della città, che deve avvenire nelle sedi istituzionali e in un confronto diretto con il governo”. Tradotto, per ora i dem preferirebbero restare all’opposizione piuttosto che di accettare il “contentino” di una presidenza di commissione.

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