“Il nome della nostra nuova sfida sarà Italia Viva“. Ieri la telefonata al premier Giuseppe Conte, questa mattina l’annuncio a Repubblica e in serata, arrivando negli studi di Porta a porta, la rivelazione del nome che avrà il nuovo partito. Matteo Renzi ha dato il via alla scissione dal Pd e, in meno di 24 ore, ha rivelato dettagli e modalità del suo nuovo progetto. Che non intende, per il momento, uscire dalla maggioranza, ma che punta in tutto e per tutto a diventare l’ago della bilancia per il Conte 2. L’impresa non è facile, soprattutto alla luce del fatto che per ora non sono tanti i parlamentari che hanno deciso di seguirlo. Il nome scelto, poi, non è una novità assoluta: Italia Viva, infatti, è già stato utilizzato da Walter Veltroni come slogan per la campagna elettorale del 2008, con la scritta che campeggiava sulla fiancata del pullman veltroniano in tour per il Paese.

“Il tema è che vogliamo parlare a quella gente che ha voglia di tornare a credere nella politica“, ha spiegato Renzi, secondo cui “il tema è parlare, non fare una cosa in politichese, antipatica, noiosa”. Bisogna, al contrario “parlare a quella gente che ha voglia di tornare a credere nella politica. Io voglio molto bene al popolo del Pd – ha continuato – per 7 anni ho cercato disperatamente giorno dopo giorno di dedicare loro la mia esperienza politica. Dopo di che le polemiche, i litigi, le divisioni erano la quotidianità”. Per quanto riguarda le caratteristiche di Italia Viva, l’ex premier ha sottolineato che “il partito novecentesco non funziona più. Voglio fare una cosa nuova, allegra e divertente ma che metta al centro i problemi”. Problemi che il nuovo governo non avrà: “Lo abbiamo fatto apposta per dargli lunga vita” ha assicurato Renzi, che poi ha paragonato la nascita di Italia Viva a quella del patto tra M5s e Pd. “Se partiamo dalla parola scissione diamo l’idea di un’operazione di Palazzo – ha spiegato – C’è anche quella, non facciamo le verginelle. Mandare a casa Matteo Salvini è stata un’operazione di Palazzo. Io ho fatto un’operazione di Palazzo. Machiavellica, se volete. E per me Machiavelli è un grande. Nell’edizione scorsa – ha spiegato – c’era un grandissimo eroe ed era Matteo Salvini. Poi ha scelto di aprire la crisi dalla spiaggia del Papeete tra due mojiti e tre cubiste. Noi abbiamo alzato le terga e lo abbiamo messo sotto, perché il segretario della Lega chiedeva i pieni poteri. Mi faccia fare un confronto con lui, che ha tempo libero ora. Ultimamente è un po’ scappato” ha proposto Renzi a Vespa. Che a sua volta ha inviato un messaggio whattsapp a Matteo Salvini, che ha risposto subito, accettando il faccia a faccia televisivo.

Per far nascere il Conte 2, tuttavia, ha dovuto stringere accordi con il Movimento 5 Stelle, con cui nel 2018 decise lui stesso di non collaborare: “Se avessi continuato a dire no a qualsiasi rapporto con i 5 stelle – ha detto – avrei consegnato l’Italia alla politica del Papeete. E penso che sarebbe stato un errore. Io rivendico quello che ho fatto – ha ricordato – Se nel marzo 2018 avessimo fatto l’accordo con i no Vax, no Tap, no Ilva saremmo stati spazzati via. Io rivendico quel no. Adesso – ha aggiunto – è diversa la situazione. In primis perché su alcune questioni sono cambiati loro. Adesso la Tav c’è, l’Ilva c’è. Di No Vax non parla più nemmeno la Taverna. Noi abbiamo fatto un accordo sul No Tax, non sul No Tav”. Per quanto riguarda gli assetti a Camera e Senato, Renzi ha sottolineato che “i parlamentari li ho lasciati tutti a Zingaretti. Basta con questa cosa che se faccio una cosa io c’è sempre un retropensiero. Se avessi voluto vivere di rendita li avrei tenuti e avrei giocherellato con i vecchi schemi della politica“. Il suo rapporto con il segretario del Pd? “Rimane un mio amico – ha risposto – Le polemiche dell’ex sono insopportabili e non le farò. Attaccare Zingaretti per aver cambiato idea sul rapporto con il M5S lo trovo profondamente ingiusto e non lo farò”. A chi gli ha ricordato che controllava i gruppi, Renzi ha risposto: “È una balla”. Poi ha raccontato un dettaglio sulla decisione di lasciare il Pd (“È stato un sacrificio personale, la sera prima dell’intervista (quella pubblicata oggi da Repubblica, ndr) non ho dormito”) e, soprattutto, fornito i numeri di Italia Viva a Montecitorio e Palazzo Madama: “Sono più di 40 i parlamentari che saranno con noi. 25 alla Camera e 15 al Senato. Domani ci saranno i nomi“.

Di certo per ora non hanno aderito gli amministratori locali, anche quelli renzianissimi. “Sindaci e governatori è corretto che restino dove sono, fanno bene – ha detto l’ex segretario del Pd – Il mio amico Nardella ha fatto benissimo a restare lì. La mia non è un’operazione per portar via governatori ma per far sì che la gente si entusiasmi”. Ci saranno, invece, rappresentanti del nuovo governo: due ministre (Teresa Bellanova e Elena Bonetti) e un sottosegretario (Ivan Scalfarotto). “Non due sottosegretari” ci ha tenuto a precisare Renzi. Che poi ha fatto i conti in tasca al Conte 2: “Attenzione, con i nuovi gruppi ci sarà qualcuno in più a sostenere il governo, non qualcuno in meno”. Chiaro anche il discorso dei suoi rapporti con Zingaretti e Di Maio: “Al tavolo non mi siedo né con Zingaretti né con Di Maio, per me vale il programma e sono impegnato a sostenere il governo”. Che a detta dell’ex Rottamatore arriverà fino alla fine della legislatura: “Per me arriva al 2023 e deve eleggere il nuovo presidente della Repubblica” ha sottolineato. Per poi spiegare che “se si vota fra tre anni si vede fra tre anni” quale sarà il peso elettorale di Italia Viva. “Non corriamo alle regionali – ha detto – non c’è una organizzazione che ha una prova immediata del consenso. Mi interessa arrivare alla Leopolda con mille comitati attivi”. Un’organizzazione interna, però, già c’è: “La nostra capo delegazione sarà Teresa Bellanova – ha annunciato – È il mio riferimento al governo, sono orgoglioso di questo”. E sul ministro alle Politiche agricole ha aggiunto: “È una donna straordinaria, ha combattuto contro il caporalato, è diventata sindacalista e noi siamo diventati amici nonostante la mia non partecipazione al sindacato. Era una che si metteva lì e risolveva i problemi. A chi la insulta per il vestito al Quirinale, dico che sono orgoglioso di lei”.

Il discorso, poi, è tornato sul Partito Democratico: “Bandiera rossa non sarà mai il mio canto. Io avevo già deciso di andare via, e se dicessi che lo faccio perché c’è chi canta Bandiera rossa direi una bugia” ha detto ancora Renzi, secondo cui “con tutto il rispetto per una storia, io non credo che il Pd sia il partito dove si canta Bandiera rossa, non è per me il canto con cui si accoglie il segretario nazionale che chiude la festa dell’Unità“. Per Bandiera Rossa, ha aggiunto, “è meglio che tornino D’Alema e Speranza, che magari sono più intonati”. E che, ne è sicuro, torneranno alla base: “Sono andati via perché non mi sopportavano, e ora che sono andato via io…Chi sono io per poter dire cosa faranno D’Alema e Bersani?”, ha poi scherzato, dicendosi d’accordo con Vespa che ha definito il loro ritorno nel Pd una “ragionevole deduzione”. “Penso che rientreranno – ha concluso Renzi – e il Pd sarà libero dall’alibi che negli ultimi anni è sempre stato tirato fuori”. Non la pensa così uno dei fuoriusciti chiamati in causa da Renzi. “Noi non siamo andati via perché ci stava antipatico Renzi, anche se lui la racconta così” ha risposto Pierluigi Bersani, ospite di Lilli Gruber a Otto e mezzo su La7. Dove poi ha spiegato: “Noi abbiamo lasciato il Pd perché abbiamo posto un problema grosso come una casa, e cioè che il renzismo tagliava le radici nel nostro popolo aprendo un varco alla destra. E questo poi è avvenuto. Quindi questo non lo si affronta, con buona pace di Renzi, con le porte girevoli nel Pd. Ma con qualcosa di serio”. Nel commentare la nuova creatura dell’ex sindaco di Firenze, Bersani ha usato parole nette: “Ha fatto quello che voleva fare nel Pd: un partito carismatico, personale, di centro (se esiste questo centro), che si preoccupa di dire che non c’entra nulla con le radici, le basi culturali, politiche e sentimentali delle Sinistre italiane. Che questo sia modernità – ha aggiunto – temo si sia fuori strada, solo ‘un’insostenibile leggerezza‘”.

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