Matteo Renzi ha dato il via alla scissione dal Partito democratico. Ora resta da capire chi e quanti lo seguiranno davvero. Se i suoi fedelissimi, pallottoliere alla mano, sono al lavoro per formare i gruppi autonomi alle Camere, in tanti per il momento hanno deciso di non lasciare il Pd. Strategia o primi segnali di delusione per una accelerazione che non tutti hanno apprezzato? E’ presto per dirlo, ma a decretare il successo o meno dell’operazione saranno i numeri che l’ex premier riuscirà ad attrarre. Il Partito democratico ha 161 parlamentari: alla Camera si possono considerare 60 renziani sui 111 deputati e al Senato 35-40 sui 51 senatori. Questo è il ragionamento sulla carta, perché nella pratica solo meno della metà dei nomi considerati ha deciso di lasciare il Pd. Almeno per ora.

Chi resta nel Pd – Hanno detto di no allo strappo due renziani doc come il deputato Luca Lotti e il ministro della Difesa Lorenzo Guerini. A loro fa riferimento la corrente Base riformista, che per il momento non intende lasciare Zingaretti. Al Senato, hanno detto di no a Renzi: Simona Malpezzi, Dario Parrini, Alan Ferrari, Dario Stefano, Ernesto Magorno, Alessandro Alfieri. Ma soprattutto Andrea Marcucci: il capogruppo a Palazzo Madama, uno dei pontieri che ha portato a casa l’accordo con i 5 stelle, tace da giorni e solo in serata ha annunciato che non se ne va: “Non condivido Renzi, ma non sarò mai suo nemico”. In ogni caso, rischia seriamente il posto di guida dei senatori: il segretario non può permettersi di avere tra i referenti alle Camere l’esponente della corrente che ha strappato. Alla Camera restano per ora nel Pd: Andrea Romano, Stefano Ceccanti, Antonello Giacomelli, Alessia Morani, Emanuele Fiano. Significative anche le decisioni di due sindaci, da sempre considerati di area renziana. Il primo è Dario Nardella, storico fedelissimo di Renzi, ha detto in varie interviste che non lascia il Pd. Ma anche Giorgio Gori, primo cittadino di Bergamo, ha espresso la stessa posizione: non se ne va da un partito come quello dei dem per entrare in un progetto minoritario. Anzi su Twitter ha scritto: “Ogni passo indietro del Pd gli regalerà spazio. Io gli voglio bene ma vorrei proprio evitare di spianargli la via“. La giustificazione che arriva da tutti è più o meno la stessa: andare dove e con quali speranze per il futuro? Un’altra versione che circola però, è che, anche le diserzioni, facciano parte della strategia di Renzi: lasciare qualcuno dei suoi nei corridoi dem può essere un’arma in più. E’ un’ipotesi, ma resta il fatto che ora, quello che conta per i renziani, è avere una pattuglia nutrita che possa far sentire la sua voce negli equilibri di governo.

Chi se ne va dal Pd – Le adesioni si stanno raccogliendo proprio in queste ore. Il primo obiettivo è quello di riuscire ad arrivare a 20 fuoriusciti alla Camera: è quella infatti la quota necessaria da regolamento per far nascere un gruppo autonomo. Tra i deputati che si contano finora ci sono: il sottosegretario Ivan Scalfarotto, Roberto Giachetti, Anna Ascani, Nicola Carè, Luciano Nobili, Gianfranco Librandi, Michele Anzaldi, l’ex ministra e fedelissima Maria Elena Boschi che probabilmente si porterà dietro Mattia Mor e Marco Di Maio, poi Ettore Rosato; naturalmente Luigi Marattin, Lucia Annibali, Silvia Fregolent, Mauro Del Barba, Gennaro Migliore, Raffaella Paita, Lisa Noja, Cosimo Ferri, Vito De Filippo, Massimo Ungaro, Gianfranco Librandi. Si vocifera sull’arrivo anche di alcuni centristi come Gabriele Toccafondi e Beatrice Lorenzin. Quest’ultima, contattata direttamente da Maria Elena Boschi.

Diversa e ancora più determinante la conta al Senato: è qui che il governo Conte 2 ha un margine di circa 10 voti e sempre qui che il gruppo di Renzi può fare la differenza. Il regolamento di Palazzo Madama non consente la nascita di un gruppo nuovo che non si sia presentato alle elezioni e per questo l’adesione di Riccardo Nencini con il suo Psi potrebbe essere molto utile. Il socialista ha però detto che prima deve parlare con il suo partito e non ha dato conferme. Intanto i senatori che hanno detto seguiranno il senatore Renzi sono: la ministra Teresa Bellanova, Francesco Bonifazi, Tommaso Cerno, Davide Faraone, Nadia Ginetti, Eugenio Comincini, Mauro Laus, Laura Garavini, Leonardo Grimani. Rimangono alcune altre incognite: Pier Ferdinando Casini, prima di tutti. Ma anche alcuni forzisti: Mara Carfagna continua a smentire, ma si parla anche di Donatella Conzatti che non ha votato contro la fiducia a Conte.

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