Arrestato perché stava per fuggire: secondo la polizia, si apprestava ad attraversare il fiume Congo per raggiungere Brazzaville, capitale della Repubblica Popolare del Congo, partendo da Kinshasa, capitale “gemella”, affacciata sull’altra sponda del fiume. Lui si chiama Oly Ilunga Kalenga e fino a luglio era il Ministro della Sanità della Repubblica Democratica del Congo. Le accuse a suo carico sono pesantissime: sottrazione dei fondi destinati alla lotta contro il virus Ebola per 4,3 milioni di dollari.

Medico, cresciuto e laureato in Belgio con un dottorato in sanità pubblica, fin dal 2000 Ilunga è stato consulente dei vari governi congolesi in materia sanitaria. Nominato ministro nel dicembre 2016, si è trovato a fronteggiare la diffusione del virus nella regione del Nord Kivu: la peggiore epidemia al mondo dopo quella che nel 2014 ha colpito l’Africa occidentale. Una sfida che (apparentemente) aveva raccolto, impegnando mezzi e risorse e ponendosi in prima linea. Le accuse che ora gli vengono mosse pongono una enorme questione sull’operato suo e del suo ministero.

Ilunga era stato sentito dai magistrati a fine agosto, nel quadro dell’inchiesta preliminare, e gli era stato notificato il divieto di lasciare il Paese. Il giorno precedente la sua audizione, tre suoi collaboratori erano stati posti in stato di fermo. Poco si era saputo, in quei giorni, dell’inchiesta che era appena stata avviata. Lo scorso sabato il suo arresto, per evitarne la fuga all’estero. Così afferma la polizia. Dopo tre notti passate nelle celle della polizia giudiziaria, oggi, 17 settembre, Ilunga è stato trasferito dalla procura che dovrà decidere se confermarne il fermo o rilasciarlo.

I suoi avvocati sono pronti a dare battaglia: fanno sapere che dal gabinetto del ministro Ilunga sarebbero transitati solo 2,4 milioni di dollari in undici mesi dei 4,3 messi a disposizione dal Tesoro per il contrasto a Ebola, mentre i restanti 1,9 milioni di dollari sarebbero transitati dal Ministero in un solo mese, dopo le dimissioni del loro assistito a luglio. Dei 2,4 milioni che affermano esser di loro competenza, gli avvocati garantiscono che la contabilità è trasparente e dimostra l’uso corretto del denaro.

Sullo sfondo, resta la questione che il 22 luglio scorso aveva portato Ilunga a rassegnare le dimissioni. Due le questioni che avevano spinto l’allora ministro ad abbandonare il posto: da un lato la sua critica nei confronti del neo-presidente Félix Tshisekedi che aveva avocato a sé la gestione della lotta al virus, togliendola a Ilunga e affidandola a un comitato tecnico di nomina presidenziale diretto dal dott. Jean-Jacques Muyembe, direttore dell’Istituto Nazionale di Ricerca Biomedica della RDC. Dall’altro, la sua opposizione all’utilizzo di un secondo vaccino contro l’epidemia. Nella sua lettera di dimissioni, Ilunga aveva infatti criticato il progetto dell’OMS di utilizzare un vaccino non omologato, spinto da “attori che hanno fatto prova di manifesta mancanza di etica”. Scelta resa necessaria, secondo l’OMS, dalla carenza di scorte del primo vaccino già in uso, l’unico, secondo Ilunga, di cui era stata dimostrata l’efficacia clinica. L’ex ministro aveva inoltre denunciato pressioni esterne in favore dell’adozione dell’altro vaccino (prodotto dal laboratorio belga Janssen, filiale della Johnson&Johnson), che secondo lui non sarebbe stato adatto, poiché richiede due dosi da somministrare a distanza di due mesi per renderlo efficace. Posizione che gli aveva fruttato numerose critiche.

Secondo la BBC, ammontano a oltre 150 milioni di dollari i fondi già raccolti da donatori internazionali per la lotta contro Ebola.

Stando agli ultimi dati ufficiali del ministero della sanità congolese, al 15 settembre i casi registrati erano 3128 (di cui 3017 confermati e 11 probabili), 2095 i decessi (di cui 1984 confermati e 111 probabili) e 948 le guarigioni, con una mortalità del 67%.

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