“Ormai la campagna è un mondo perduto di cui nessuno sa più nulla – racconta Francesco Romano – l’ultima ospite che ho avuto qui, alla fattoria, era una commercialista di Torino. Mi ha chiesto se i conigli fanno le uova”.

I Romano – che in una serie tv sarebbero “I Romano’s” – sono una famiglia di allevatori che vive fra il Monte Beigua e il parco di Deiva sin dal 1899. Francesco, il patriarca (55 anni) ha trasmesso la passione della campagna ai figli, Simone (25 anni) e Federico (21), che hanno deciso di restare su un territorio, l’entroterra ligure, da cui fugge la maggior parte dei giovani. Insieme al padre regnano e sgobbano su 200 ettari di campi e boschi che cingono una valle piena di sole a cinque km dalle pasticcerie di Sassello (Savona).

Le mucche allevate dai Romano pascolano liberamente e diventano bistecche rinomate per la qualità con cui sfidano le chianine toscane, ma, da quando è iniziata la “crisi dei dieci anni”, i turisti che passano le ferie nei locali della foresteria sono calati drasticamente“. Anni fa venivano da Genova e da Milano e si fermavano anche tre mesi – racconta Francesco – ma oggi prenotano al massimo per un weekend.”

Quadrato come un trattore e con due polpacci come colonne doriche, Francesco mi mostra le sue mucche accanto a un campo di granturco completamente devastato: “Sono i cinghiali – dice: abbattono le pannocchie e se le mangiano. E poi ci sono i lupi. Un giorno arrivo e trovo tutte le mucche in cerchio: proteggevano i vitelli! Un mese fa, presso un altro allevatore, i lupi han fatto correre una mucca talmente tanto che ha abortito e loro si sono mangiati il feto. Li hanno visti, ma quando li vedi non hai mai il fucile a portata di mano. Se accadesse a me, però, può scendere il Padreterno che, se ho il fucile, il lupo lo abbatto! Le mie bestie le difendo e solo dopo discuterò con la legge!” dice accarezzando il muso della sua unica mucca, “Reims” (da combattimento).

Gli chiedo se non è previsto un risarcimento. “Io non ne ho mai visto uno – risponde. Avevo un gregge di pecore e ho dovuto rinunciare perché i lupi me le mangiavano anche di giorno! Ma poi che senso hanno i lupi in Liguria? I nostri vecchi hanno fatto una battaglia contro i lupi e noi li rimettiamo in circolazione? Dicevano che servivano a ridurre i caprioli e i cinghiali, che fanno danni enormi, ma non ha mai funzionato”.

Sino ad oggi i lupi non hanno attaccato l’uomo, ma nel 1700 la loro presenza nel Savonese era endemica e ci furono diversi attacchi mortali sia a pastori che a persone sorprese nel bosco, al punto che, per abbatterli, vennero chiamate addirittura delle truppe corse.

“Oggi il problema investe tutto l’Appennino e le Prealpi e rende molti allevatori furiosi perché pensano di essere stati lasciati soli – spiega Walter Sparso, responsabile della Cia (Confederazione Italiana Agricoltori) di Savona e Valbormida -. I lupi attaccano prevalentemente pecore e capre, ma se gli capita l’occasione anche i vitelli. Gli allevatori non possono sparare e non sanno più come fare… Metti che io abbia un gregge di 50 capre. Arriva il branco e me ne uccide otto. Prima di tutto devo dimostrare che è stato il lupo. Devo chiamare la Asl e chiedere un veterinario che lo certifichi, se no niente rimborsi. Normalmente il lupo sbrana la preda e non lascia nulla: in quel caso non vengo indennizzato. Se invece lascia qualche brandello, allora ho il rimborso. Spesso però i lupi ammazzano dieci capre e ne mangiano tre. Le sette che restano devo portarle all’inceneritore. Per ogni capra riceverò 100 o 150 euro di indennizzo (dopo 6 mesi), ma ne spenderò 300 euro per la distruzione. Io non sono per la doppietta facile, ma occorre stabilire quanti lupi può sopportare un certo territorio. Se ne sopporta 50 è inutile farli diventare 80 o 100. Gli allevatori mi dicono: ‘Non siamo in più grado di controllare gli animali e non possiamo neppure trasformare ogni azienda in Fort Apache’”.

Circondare i campi di reticolati elettrificati e dotarsi di maremmani, i megacani che fanno scappare i lupi, sono le soluzioni “Fort Apache” che vengono suggerite, ma in concreto si rivelano impraticabili. “Cosa devo fare? – tuona Francesco Romano – circondare 200 ettari di recinti elettrificati? Basta che cada un ramo e cade la corrente. E quanto ai maremmani, questa è un’area molto amata da chi fa trekking o va in bicicletta. Con i maremmani basta avvicinarsi a un gregge per riscuotere una dentata!”.

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