Report su due viadotti falsificati o “edulcorati”, anche dopo il crollo del ponte Morandi. Con questa accusa 3 tecnici di Autostrade per l’Italia sono stati arrestati dalla Guardia di Finanza su ordine del gip di Genova, Angela Nutini, che ha dato il via libera alle richieste del pubblico ministero Walter Cotugno. Il pm che dopo il disastro di Genova del 14 agosto 2018 nel quale morirono 43 persone aveva aperto un filone bis individuando anomalie nei controlli anche su altre infrastrutture di Autostrade. Il titolo di Atlantia, la holding della famiglia Benetton che controlla Aspi, è crollato in Borsa dopo la diffusione della notizia ed è arrivato a cedere oltre l’8% tornando sotto i 23 euro, il peggiore ribasso dal 16 agosto 2018, due giorni dopo il disastro.

In cinque casi – due quelli per il quali sono scattate le misure, il Pecetti dell’A26 e il Paolillo della A16 – gli uomini di Autostrade e di Spea Engineering, società controllata dalla stessa concessionaria e suo braccio operativo, avrebbero “ammorbidito” secondo gli accertamenti dei finanzieri i report sullo stato di salute dei ponti. Così sotto inchiesta sono finite 15 persone: oltre a Massimiliano Giacobbi di Spea e agli uomini della direzione VIII tronco Gianni Marrone e Lucio Torricelli Ferretti, tutti ai domiciliari, in 6 sono stati sospesi dai pubblici servizi per 12 mesi (Maurizio Ceneri, Andrea Indovino, Luigi Vastola, Gaetano Di Mundo, Francesco D’antona e Angelo Salcuni) e altri sei risultano indagati a piede libero. Tra loro anche l’ad di Spea Antonino Galatà e Michele Donferri Mitelli, ex responsabile nazionale delle manutenzioni di Aspi trasferito ad altro incarico a febbraio.

A marzo 2019 Il Fatto Quotidiano aveva pubblicato in esclusiva alcune intercettazioni depositate al Tribunale del Riesame proprio tra Giacobbi e Indovino del 14 dicembre 2018. È imminente un incontro con l’ispettore Placido Migliorino del ministero delle Infrastrutture, il problema è che nelle travi del viadotto (compresa in quella danneggiata) erano stati utilizzati trefoli (cavi intrecciati) e non fili e che per questo era stato chiesto agli ingegneri da parte del dirigente di Autostrade Marrone di sostituire l’originaria relazione, che metteva in luce tali difformità, con una confezionata ex novo, che le omettesse.

Il fatto che Marrone, già condannato in primo grado 5 anni e 6 mesi per i 40 morti sul bus precipitato dal viadotto Acqualonga di Monteforte Irpino, fosse a conoscenza delle incongruenze tra il progetto e di come fosse poi stato costruito emerge da una conversazione del giorno prima tra lo stesso Marrone e Indovino. Il Tribunale del Riesame fa notare come tale incongruenza, secondo l’art. 8.3 delle norme tecniche di costruzione, preveda l’obbligo di sottoporre l’opera a verifica di valutazione di sicurezza e la possibile chiusura della circolazione autostradale.

Dice Marrone: “Sul Paolillo c’era un tema particolare che è stato fatto l’as built (la messa in opera, ndr) che non coincideva con l’as built, poi è stato fatto, è stata fatta la verifica”. Indovino annuisce: “Si, sì”. “Allora quella verifica va rimodificata”, risponde Marrone. Indovino, per spiegare che dalla nuova relazione era scomparso ogni riferimento alla difformità tra progetto e messa in opera, dice: “Noi, in realtà, in questa verifica qua, consci di questa difficoltà abbiamo volutamente detto il Paolillo presenta travi che in base a indagini recenti sono fatte così, punto”. Marrone è soddisfatto: “Basta, perfetto”.

Secondo i magistrati, i manager ai vertici delle due società erano a conoscenza della presunta falsificazione dei report compilati sulle condizioni dei viadotti Paolillo sulla Napoli-Canosa in Puglia e il Pecetti a Genova. Ma nell’inchiesta erano finiti anche il Sei Luci, sempre nel capoluogo ligure, il Moro vicino a Pescara e il Gargassa a Rossiglione. Per l’accusa, in certi casi, i report erano quasi routinari e quindi non corrispondenti alla realtà. La circostanza era emersa nel corso degli interrogatori dei testimoni durante le indagini sul crollo di ponte Morandi. In particolare i tecnici di Spea avevano raccontato agli inquirenti che i report “talvolta erano stati cambiati dopo le riunioni con il supervisore Ceneri (ingegnere di Spea) mentre in altri casi era stato Ceneri stesso a modificarli senza consultarsi con gli altri”. La finalità, ad avviso degli investigatori, era quella di evitare limitazioni del traffico.

Le reazioni/1 – Per Autostrade i ponti “sono sicuri”
Ma per Autostrade entrambi i ponti “sono sicuri”. La società ricorda “che il viadotto Paolillo è un ponticello di 11 metri, completamente ristrutturato, rispetto al quale, per quanto a conoscenza della Società, l’indagine riguarderebbe una presunta marginale discrepanza tra le analisi progettuali e la costruzione finale. Per quanto riguarda il Pecetti, si conferma che l’opera è totalmente ristrutturata ed è stata oggetto di ripetute verifiche”. Aspi segnala che, “a scopo meramente cautelativo, aveva già provveduto a cambiare la sede operativa dei due dipendenti oggi interessati dai provvedimenti della magistratura”. “Anche sulla scorta delle informazioni che potrà assumere e approfondire nel corso delle prossime ore – conclude la nota – Autostrade per l’Italia si riserva di attivare ulteriori azioni a propria tutela, restando a disposizione degli organi inquirenti”.

Le reazioni/2 – Cancelleri (M5s): “Proseguire percorso di Toninelli”. Paita (Pd): “Quadro grave e inquietante”
“L’inchiesta parallela a quella sul Ponte Morandi non smette di farci indignare. Nemmeno il rispetto di 43 morti ha fermato la sete di profitto di questi approfittatori sociali”, scrive su Facebook il neo vice-ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, il pentastellato Giancarlo Cancelleri, in un post intitolato “Fuori il profitto dalle concessioni pubbliche”. Cancelleri sostiene che “la giustizia farà il suo corso, ma la politica ha la responsabilità di garantire ai cittadini che episodi di questo genere non accadano mai più. Per il M5s, conclude il vice-ministro, “l’imperativo è proseguire sul percorso tracciato dall’ex ministro Toninelli, ossia quello della revoca delle concessioni ai Benetton. Altra strada non c’è”.

La titolare del Mit, la dem Paola De Micheli, non ha commentato la vicenda. Per il Pd però ha parlato Raffaella Paita, capogruppo in Commissione Trasporti alla Camera: “Se confermato dagli esiti giudiziari della vicenda, il quadro emerso sul sistema dei monitoraggi dei viadotti è grave e inquietante“, ha dichiarato. “Auspichiamo per questo che la magistratura accerti in tempi rapidi ogni responsabilità e individui, se ci sono, quali sono le possibili falle o escamotage che possono indebolire nel sistema di monitoraggio dei viadotti”, ha aggiunto la deputata Pd. Per Paita, la priorità è lavorare “sul piano legislativo per arrivare a ulteriori meccanismi di rafforzamento dei controlli nel quadro della revisione delle concessioni, anche a partire dal lavoro della commissione”.

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