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Chavez e il sistema delle comuni

Eletto nel 1999, Chavez inizia dal secondo mandato nel 2006 il suo progetto di “autogoverno popolare” attorno all’unità di azione dei consigli comunali e delle comuni. È il modello maoista delle comuni popolari che lo ispira: in particolare, il libro Inside a people’s commune di Chu Li e Tien Chieh Yun (1974).

Il modello richiese diversi anni per impiantarsi a causa della resistenza all’Assemblea nazionale e anche una certa diffidenza popolare. La legge organica delle comuni venne promulgata alla fine del 2010, con lo scopo di organizzare gruppi locali di abitanti attorno a progetti socio-produttivi le cui risorse sono amministrate e ridistribuite autonomamente dando priorità allo sviluppo umano e al rispetto dell’ambiente. Lo Stato partecipa allo sviluppo di queste comuni finanziando progetti o attrezzature per consolidare questa organizzazione.

“Se non vuole perire, essere catturata, la rivoluzione deve cambiare radicalmente la visione del mondo affermatasi con il capitalismo. Deve ricostruire il tessuto sociale e per questo è una priorità elevare il locale al livello universale. Stabilire relazioni politiche, sociali, economiche, organizzative e spirituali dalla base fino al livello nazionale, dal nucleo o cellula all’insieme nazionale”, dichiara Chavez nel 2009, che proiettava che entro il 2030, questo tessuto comunale sostituirebbe la struttura amministrativa ereditata dai vecchi regimi e formerebbe un sistema unificato nazionale vivo, simile al corpo umano in cui ogni individuo avrebbe il suo ruolo sociale.

Le comuni possono essere molto diverse purché rispondano a una dinamica integrata di auto-organizzazione collettiva. Il Ministero che le racchiude conta ora 3.135 comuni e 47.986 consigli comunali, accogliendo 14 milioni di persone, quasi la metà della popolazione. Un numero impressionante, ma che fatica ad unificarsi a causa dell’instabilità politica del paese e anche di alcune riluttanze all’interno del governo stesso.

Azienda di proprietà sociale e organizzazione collettiva

Insieme ai miei compagni di avventura ho visitato la “comune socialista Simon Bolivar” nel quartiere del 23 gennaio a pochi passi dal mausoleo di Chavez, dove vivono circa 7.500 persone. Una comune antica ed emblematica. Lì opera un’azienda di produzione tessile che impiega 12 persone e produce uniformi e zaini. Si tratta di un’azienda di proprietà sociale, amministrata dal consiglio comunale composto da abitanti eletti. I suoi profitti vengono integralmente reintegrati in altri servizi gestiti dalla comune come la distribuzione di acqua e gas.

Più avanti incontriamo le bancarelle di frutta e verdura dai giardini urbani impiantati sul territorio della comune. Anche loro sono considerati proprietà collettive. Permettono di mantenere i circuiti locali di distribuzione dei prodotti freschi a prezzi moderati. Per far fronte alla crisi alimentare degli ultimi anni che ha rafforzato il mercato informale e il contrabbando, queste iniziative sono ampiamente incoraggiate dallo Stato.

A ciò si aggiunge il programma Comitati locali di approvvigionamento e produzione (Clap) che distribuiscono ceste di generi di prima necessità alle famiglie a un prezzo accessibile. Come tutte le organizzazioni del potere popolare, questi comitati sono organi collegiali il cui funzionamento deve essere discusso in assemblea. I Clap devono sia gestire la centralizzazione dei prodotti industrializzati importati come lattine, latte in polvere, ecc., sia cercare collaborazioni con produttori locali.

A pochi chilometri dalla comune, abbiamo visitato una delle ditte partner della rete Clap, il panificio comunitario Minka. Creato nel 2017 a seguito dell’espropriazione del suo precedente proprietario accusato di violazione del codice del lavoro e di insalubrità, è ora gestito da un collettivo di abitanti che ha democratizzato la produzione per vendere al prezzo più basso un pane il più nutriente possibile. Il pane “campesino” si vende cinquemila bolivar (0,5 €), qualche migliaio di bolivar in meno rispetto ad altrove. Il forno ne vende da quattromila a seimila al giorno di cui 3.700 a un prezzo ridotto tramite la rete Clap.

Una questione mondiale

E possibile rimproverare con fermezza al governo di Maduro vari errori (vedi sotto). Possiamo persino riconoscere che le esperienze di autogoverno popolare che abbiamo visitato sono ancora limitate o che non soddisfano i bisogni dell’intera popolazione (vedi post precedente). Ma nessuno, a mio parere, potrà negare le concrete azioni di trasformazione che il Venezuela ha avviato da quando Hugo Chavez è arrivato al potere 20 anni fa. Semplicemente, al momento, è l’unico Stato al mondo in cui sono implementati su tale scala.

Che le potenze occidentali e altre pecore gregge del gruppo di Lima che vogliono dare lezioni sulla gestione democratica e le politiche socio-ambientali, facciano lo sforzo di riconoscere l’importanza mondiale di questi risultati.

Nota aggiuntiva sulla situazione politica in Venezuela

Si possono rimproverare con fermezza al governo di Maduro vari errori: un partito rivoluzionario che è diventato eccessivamente burocratico con gravi casi di corruzione; errori nella gestione economica della rendita petrolifera e la politica di cambio; un esercito violento e repressivo. Su quest’ultimo punto, la recente relazione di Michelle Bachelet, alta commissaria delle Nazioni Unite per i diritti umani stabilisce che 5.287 persone sono state uccise nel 2018 dall’esercito bolivariano, ma non fa nessuna menzione agli omicidi causati dall’altra parte (ricordiamoci dell’episodio delle guarimba che hanno causato la morte di centinaia di persone). Per comparare, in Brasile, solo lo Stato di Rio di Janeiro ammette (dati officiali) che l’equivalente di sette morti al giorno sono commessi dalla polizia dall’inizio di 2019, cioè una stima di oltre duemila omicidi all’anno, per uno Stato venti volte più piccolo e due volte meno popolato del Venezuela. Queste cifre sono altrettanto drammatiche e dov’è l’opinione internazionale per inviare aiuti umanitari?

Si può altrettanto rimproverare al minimo all’opposizione: molte azioni violente per rovesciare il governo con il sostegno degli Stati Uniti; il boicottaggio delle elezioni democratiche per ridurre la loro credibilità; la diffusione di una propaganda internazionale altamente parziale contra il governo e il sostegno a un blocco economico che impedisce qualsiasi uscita della crisi. Ma l’opinione internazionale fa raramente lo sforzo di mettere queste due situazioni in bilancia. Tutto ciò deve essere analizzato in un contesto di estrema tensione e reciproca intimidazione in cui la soluzione non sara mai un’ingerenza esterna ma si una mediazione cercando a pacificar il conflitto.

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