Il governo rafforza il golden power, i poteri speciali in mano allo Stato per preservare le infrastrutture strategiche. Proprio mentre si gioca il futuro della rete in fibra con Telecom che tratta con Open Fiber e nel bel mezzo delle tensioni fra cinesi e americani sugli apparati Huawei, il consiglio dei ministri cambia le regole nei settori dell’energia, dei trasporti e della difesa. Ma soprattutto interviene in maniera decisa sulla delicata questione delle telecomunicazioni, del loro sviluppo e del ruolo dello Stato. Lo ha ammesso anche il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, in un post via Facebook: “Abbiamo approvato, tra le altre cose, un decreto-legge che delimita ancora più efficacemente le verifiche spettanti al governo in caso di autorizzazioni di atti e operazioni societarie riguardanti le nuove reti di infrastrutture tecnologiche”.

In particolare, d’ora in poi il governo non solo potrà intervenire imponendo “veto all’adozione di delibere dell’assemblea o degli organi di amministrazione di un’impresa, (..) aventi ad oggetto la fusione o la scissione della società, il trasferimento dell’azienda o di rami di essa o di società controllate, il trasferimento all’estero della sede sociale”, come spiega il decreto legge 56 dell’11 maggio 2012. Ma potrà bloccare anche “atti o operazioni” come puntualizza il decreto legge 64 dell’11 luglio 2019. Si tratta di una precisazione rilevante visto che da anni si parla della separazione della rete Telecom dalle attività di servizi. Tanto più che, in questa fase, l’ex monopolista sta trattando con i soci di Open Fiber, Enel e Cdp, l’integrazione dei rispettivi network. Non senza difficoltà sul fronte del valore di Open Fiber e della rete Telecom.

Il decreto potenzia poi anche tutte le misure di controllo sull’acquisto di forniture che, in Italia, nel 5G vedono molto attiva la cinese Huawei. D’ora in poi le imprese che operano in settori strategici dovranno infatti notificare entro dieci giorni alla Presidenza del consiglio la conclusione di un contratto o un accordo per l’acquisto di beni e servizi concluso con gruppi che non appartengono all’Unione Europea. Secondo le nuove regole, l’acquirente dovrà presentare al governo “una informativa completa, in modo da consentire l’eventuale esercizio del potere di veto o l’imposizione di specifiche prescrizioni o condizioni”, come si legge nel testo. La presidenza del consiglio comunicherà poi l’eventuale veto oppure “l’imposizione di specifiche prescrizioni o condizioni” entro 45 giorni dalla notifica per “assicurare la tutela degli interessi essenziali della difesa e della sicurezza nazionale” prosegue il decreto. Nell’ambito dell’istruttoria, il governo potrà poi chiedere integrazioni informative da fornire nel termine massimo di un mese. Infine, se il governo deciderà di esercitare il golden power, potrà ingiungere all’impresa acquirente e alla sua eventuale controparte di “ripristinare a proprie spese la situazione anteriore”. In caso di mancata notifica, le aziende saranno sottoposte ad “una sanzione amministrativa pecuniaria fino al doppio del valore dell’operazione e comunque non inferiore all’uno per cento del medesimo valore”, spiega il documento.

Il governo ha deciso infine di intervenire anche sugli obblighi di notifica relativi ad acquisizioni di partecipazioni rilevanti in aziende di settori strategici. Ha eliminato la comunicazione obbligatoria per l’acquisto di pacchetti che superano il 3 per cento. Ma ha mantenuto quelle relative al 5, 20 e 25 per cento, aggiungendo anche quello per quote superiori al 50 per cento. Inoltre il decreto ha esteso l’obbligo di notifica anche per acquisizioni di partecipazioni in società non quotate rafforzando notevolmente il ruolo dello Stato in una fase in cui il Paese è debole e il sistema industriale rischia di diventare una facile opportunità di acquisto.

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