Tre italiani su 4 sono disposti a dare più importanza all’equo trattamento dei lavoratori piuttosto che al prezzo finale del prodotto quando scelgono cosa comprare al supermercato. È quanto emerge da un indagine condotta da Oxfam insieme a Federconsumatori. Emerge inoltre che 8 compratori su 10 richiedono maggior trasparenza, mentre solo 4 su 10 considerano il ruolo della grande distribuzione organizzata nella contrattazione dei prezzi come parzialmente responsabile dello sfruttamento dei lavoratori agricoli. Oxfam nel frattempo sta promuovendo “A giusto prezzo”, una campagna volta a chiedere maggior attenzione da parte dei supermercati. L’obiettivo è quello di creare una collaborazione che possa proseguire nel tempo, volta a monitorare e arginare la violazione dei diritti umani nella filiera dell’agroalimentare.

I risultati dell’indagine
Disposti ad acquistare un prodotto alimentare che non ha causato lo sfruttamento dei lavoratori, indipendentemente dal prezzo, sono stando all’indagine il 74,41% degli italiani, mentre il restante 21% mette il prezzo al primo posto nel momento in cui deve compiere una scelta di fronte agli scaffali. Il problema  principale che emerge dall’indagine è però la difficoltà da parte dei consumatori di arrivare a essere veramente informati sui retroscena produttivi degli alimenti che mettono nel loro carrello. Poco più della metà degli italiani, il 51,7%, dichiarano di sentirsi mediamente informati riguardo allo sfruttamento dei lavoratori nelle filiere agricole, ma il 78,20% di loro, quindi quasi 8 su 10, ritiene che le informazioni a disposizione non siano sufficienti. 

“Ci dicono di non voler essere complici inconsapevoli dello sfruttamento nei campi”, commenta Giorgia Ceccarelli, policy advisor di Oxfam Italia. “Senza informazioni ed elementi che garantiscano la piena trasparenza sul rispetto dei diritti umani nelle filiere, i consumatori non riescono ad esercitare una scelta responsabile che pure dichiarano, senza esitare, di voler compiere”. La richiesta è dunque “trasparenza, ma anche la piena assunzione di responsabilità da parte di tutti gli attori delle filiere agroalimentari, inclusa la Grande Distribuzione Organizzata, in nome di una maggiore equità”.

Lo sfruttamento dietro ai prodotti
Il livello di consapevolezza di quali siano le dinamiche di sfruttamento e la disposizione dei consumatori a impegnarsi per arginare il problema sono stati altri due focus dell’indagine di Oxfam. Il 63,34% si dice convinto che la principale causa di sfruttamento nella campagne italiane sia riconducibile all’infiltrazione mafiosa, seguita dal ruolo degli imprenditori del settore agricolo (54,11%) e, in terza posizione, dalla mancanza di controlli nelle aziende agricole (51,62%), mentre solo per il 44% degli italiani la volontà da parte della grande distribuzione di rincorrere prezzi sempre più bassi è la causa predominante. La pluralità delle falle individuate mette in luce la consapevolezza della complessità della questione da parte degli intervistati, come sottolinea Emilio Viafora, presidente di Federconsumatori.

“Al giusto prezzo”, la petizione lanciata con la campagna di Oxfam
La petizione, lanciata da Oxfam per sensibilizzare tutti i cittadini sul ruolo che come consumatori possono esercitare per spingere i supermercati a migliorare le loro politiche, ha già raggiunto le 11.000 firme. Si tratta di una campagna che chiede infatti ai big della gdo italiana, come la Coop, il Gruppo Selex, Esselunga, Conad e Eurospin, di assumersi la responsabilità della tutela dei diritti umani nelle proprie filiere di approvvigionamento. A colossi della grande distribuzione si chiede dunque una valutazione sull’impatto che le proprie politiche di approvvigionamento hanno sui diritti umani e di adottare quindi misure concrete volte a “prevenire, mitigare e porre rimedio ad eventuali violazioni dei diritti umani“, come ha specificato Giorgia Ceccarelli. La stessa immediata adesione di Federconsumatori fa ben sperare per una collaborazione di lunga durata, che potrà portare i risultati richiesti sai consumatori.

Articolo Precedente

Deutsche Bank, già partiti i licenziamenti: a Londra i trader sgomberano le scrivanie

next
Articolo Successivo

Ex Ilva, presidio lavoratori Usb al Mise: “No all’immunità per ArcelorMittal. Calenda? Ultimo che può parlare”

next