Il rapporto Ecomafie che Legambiente pubblica ogni anno è un documento importante che merita la massima attenzione da parte dell’opinione pubblica, se non altro perché valorizza l’operato delle nostre forze dell’ordine nella applicazione delle leggi di tutela ambientale.

Quello di quest’anno si basa sui dati segnalati dalle forze di polizia in relazione al 2018 e, in sostanza, conferma, con precise indicazioni, che l’illegalità ambientale, specie nel settore dei rifiuti e del cemento, è sempre a livelli preoccupanti e che il fatturato dell’ecomafia continua a crescere (dai 14 miliardi del 2017 ai 16,5 miliardi del 2018).

Viene da chiedersi, quindi, perché non si riesce a imprimere una svolta decisa alla lotta contro gli ecocriminali. A livello tecnico, la risposta è molto semplice: carenza di leggi e carenza degli organi di controllo.

Quanto alle leggi, infatti, il Testo unico ambientale (D. Lgs 152/06) consiste in un testo non coordinato e complicato, originariamente di 318 articoli e 45 allegati, che in 12 anni ha subito 762 modifiche ( 72 ogni anno) e attualmente consta di 397 articoli con 105 nuovi (bis, ter ecc.) articoli e 26 articoli abrogati, oltre a numerosi nuovi commi (bis. ter ecc.), presidiato da sanzioni amministrative o reati contravvenzionali molto spesso a carattere formale che prescindono dal reale pericolo o danno per l’ambiente, e tesi quasi sempre a garantire l’applicazione della normativa di regolamentazione amministrativa.

La legge n. 68/2015 (“sugli ecoreati”) introduce finalmente nel codice penale – ed è un fatto storico- alcuni delitti contro l’ambiente (in particolare inquinamento e disastro ambientale) ma lo fa con formulazioni spesso generiche la cui interpretazione viene lasciata alla magistratura e addirittura ipotizzando, nell’art. 452 quater c.p., un disastro ambientale legittimo (non “abusivo”).

Il miglior commento, in proposito, lo ha fatto il 6 marzo 2019, dinanzi alla Commissione parlamentare ecomafia, uno dei massimi esperti Maurizio Ferla, Comandante dei Carabinieri per la tutela dell’ambiente, il quale, parlando della legge sugli ecoreati ha detto che “certamente oggi c’è uno strumento in più, uno strumento procedurale che ci consente di attivare delle investigazioni molto approfondite, con possibilità di intercettazioni telefoniche, di intercettazioni ambientali, con la possibilità di agire sotto copertura, con la possibilità anche, grazie alla modifica del Testo unico della legge antimafia, di prendere i patrimoni di coloro che rientrano in questa tipologia di reato. Al di là delle statistiche a volte abbastanza celebrative, in realtà gli articoli del Titolo VI-bis, segnatamente inquinamento ambientale e disastro… restano sostanzialmente lettera morta o quasi, perché formulati con un preliminare «abusivamente» che sta bloccando molte Procure, molte autorità giudiziarie, molta polizia giudiziaria, particolarmente noi”.

Lo stesso giudizio, in sostanza, che emergeva dalle “criticità” (non solo sul disastro “abusivo”) segnalate dalle Procure e riportate nella relazione sulla prima applicazione della legge n. 68 della Commissione parlamentare ecomafia del 2017.

A questo proposito, si deve precisare che è certamente vero, come riporta Legambiente, che la legge n. 68 è stata molto utilizzata, anche nel 2018, dalla polizia giudiziaria; ma ciò è avvenuto non tanto per i nuovi delitti di inquinamento e disastro ambientale ma soprattutto per l’estinzione delle (vecchie) contravvenzioni del Tua attraverso la nuova procedura con asseverazione introdotta dalla legge, la quale riguarda i casi in cui non si sia provocato danno o pericolo per l’ambiente.

E, se pure è vero che dai dati della polizia giudiziaria riportati da Legambiente, nel 2018 sono stati denunziati 88 casi di disastro ambientale, è anche vero che molto spesso queste denunce, quando arrivano in Procura vengono archiviate, come risulta dai primi dati pubblicati dall’Istat con riferimento al 2016. Bene ha fatto, quindi, l’attuale ministro dell’Ambiente Sergio Costa ad istituire un gruppo di lavoro per un “tagliando” alla legge sugli ecoreati al fine di eliminare le criticità evidenziate in questi primi anni di applicazione.

Quanto alla carenza dei controlli ambientali, occorre affrettare l’applicazione della recente legge di riordino per gli organi tecnici e intensificare l’aggiornamento della polizia giudiziaria, non solo di quella specializzata (che rimpianto per la Forestale!), sperando di avere presto leggi più semplici da applicare.

E vorrei auspicare che, nel prossimo rapporto di Legambiente, oltre ai numeri delle forze dell’ordine, si proceda anche all’approfondimento di alcuni temi di stretta attualità: ad esempio, gli incendi di rifiuti, l’efficienza reale degli impianti di depurazione comunali, gli imbrogli connessi ai fittizi riciclaggi di rifiuti, e la creazione sempre più frequente di discariche di rifiuti mascherate come compostaggio o utilizzazione di fanghi per agricoltura.

A proposito, che fine ha fatto la modifica dell’art. 41 del decreto Genova, che era stata annunciata come urgentissima?

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