Alle 10 di sera e ad urne ancora aperte chi si trovata a passare per via Magna Graecia aveva già chiara la percezione della vittoria dell’avvocato Franco Alfieri al ballottaggio per la poltrona di sindaco di Capaccio Paestum, comune di 22mila abitanti del Cilento. Il comitato elettorale dell’uomo reso celebre quasi tre anni fa da Vincenzo De Luca per la frase che lo definiva campione del clientelismo e lo esortava a offrire “fritture di pesce” agli elettori, era brulicante di sostenitori in trepidante attesa di esultare. Quello dell’avversario, il medico Italo Voza, dall’altro lato della strada, desolatamente chiuso. A urne chiuse i risultati hanno confermato la sensazione, anche se Alfieri, appoggiato da otto liste di coalizione (tutte civiche, nessun simbolo di partito, nemmeno il Pd), non ha dilagato. L’ex capo della segreteria del governatore Pd De Luca, del quale è tuttora consigliere per le tematiche dell’agricoltura, della caccia e della pesca, ha vinto con poco più del 53% dei consensi, circa 6300 voti, un migliaio in più di Voza che tra il primo e il secondo turno aveva chiuso un apparentamento con Enzo Sica e le liste di centro destra, compresa quella della Lega di Salvini.

L’esito dello spoglio, a parte un breve vantaggio iniziale di Voza, non ha mai dato la sensazione di essere in dubbio. Alle 23.40 dal comitato Alfieri è partito un coro, poi traslocato al vicino bar Verdi: “Franco Alfieri uno di noi”. E qualcuno ha iniziato a stappare un prosecco.

In completo blu scuro e camicia chiara aperta, Alfieri ha atteso l’esito nel suo comitato, passeggiando con gli amici e dispensando sorrisi ai sostenitori. Con lui la madre e le persone più care. A mezzanotte Alfieri si è affacciato dal comitato e sono partiti i festeggiamenti coi fuochi d’artificio. “Ho già in mente le cose da fare, ho la mentalità dell’amministratore, l’ho già fatto e tornerò a farlo. La stagione estiva è alle porte. Questo paese va pacificato con la buona amministrazione dopo le divisioni elettorali” ha detto Alfieri a StileTv. Alfieri ha dedicato la sua vittoria all’ex sindaco di Capaccio Paestum Franco Palumbo, sfiduciato alla vigilia di Natale e poi deceduto a marzo per l’aggravarsi di una malattia improvvisa.

Alfieri ha vinto anche nonostante le ombre di un’indagine per voto di scambio politico-mafioso con l’aggravante del metodo mafioso che gli si è abbattuta addosso un paio di settimane prima delle elezioni. Il pm della Dda di Salerno Vincenzo Montemurro, attraverso gli uomini della Dia guidata da Giulio Pini, ha perquisito casa e studio legale del candidato sindaco, copiando le memorie di pc e cellulari. Il decreto di perquisizione faceva riferimento ai rapporti di Alfieri con i Marotta, una famiglia malavitosa di Agropoli, città della quale Alfieri è stato sindaco per due mandati, fino al 2017. In quel periodo si sarebbe prodigato per trovare un posto di lavoro a uno dei Marotta nella municipalizzata dell’igiene urbana. Le accuse contenute nell’atto giudiziario accennavano anche ai rapporti di Alfieri con le cooperative agropolesi, con la Dervit, azienda dell’illuminazione che vinse un appaltone ad Agropoli, e con Roberto Squecco, imprenditore delle pompe funebri di Capaccio Paestum condannato con sentenza definitiva per tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso: minacciò un concorrente provando a riscuotere un prestito usuraio attraverso la manovalanza e la protezione del clan Marandino. La moglie di Squecco era candidata in una delle otto liste di Alfieri ed è stata eletta.

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