Meno persone alle urne e gli elettori dei 5 stelle (esclusi in quasi tutti i ballottaggi) che per la maggior parte dei casi scelgono l’astensione. L’analisi dei flussi di voto tra il primo e il secondo turno delle elezioni amministrative mostra innanzitutto il calo della partecipazione che passa dal 68,2 al 52,1%. Secondo l’analisi dell’Istituto Piepoli, “il ballottaggio è inutile oppure è utile perché conferma quanto accaduto 15 giorni fa. Il Pd ha una buona performance, ma era salito già al primo turno; la Lega domina in questa fase il mercato elettorale; gli elettori di M5s si astengono”.

In termini assoluti, sui 124 comuni superiori ai 15.000 abitanti, di cui 15 capoluoghi, il centrodestra a guida leghista ne “guadagna” di più rispetto alla tornata precedente, salendo da 29 a 47. Il centrosinistra invece scende da 80 a 62, e tuttavia l’Istituto Cattaneo sottolinea che ai ballottaggi è più competitivo, dato che ne ha vinti il 63,9%, contro il 43,3% del centrodestra. M5s, che amministrava 4 Comuni, ha vinto nell’unica città dove è andata al ballottaggio, a Campobasso, confermando di essere, come dice Mannheimer”, “un partito da ballottaggi, quando riesce ad accedervi”.

L’Istituto Cattaneo ha analizzato in particolare il voto in nove centri: Cremona, Ferrara, Reggio Emilia, Forlì, Cesena, Prato, Livorno, Campobasso e Foggia. Studiando il comportamento dell’elettorato nei singoli casi, si vede come “gli elettori pentastellati, quando il loro candidato non è al secondo turno, privilegiano in larga misura l’astensione”. A Prato e Reggio Emilia ad esempio succede rispettivamente per il 92 e 91 per cento dei casi; addirittura a Cesena si astiene il 100 per cento degli elettori M5s. A Cremona il 69, a Ferrara il 59, a Forlì il 77, a Livorno e Foggia il 60 per cento. Come osserva l’istituto Cattaneo, “il quadro è molto meno univoco” rispetto a un anno fa quando, a poche settimane dall’insediamento del governo gialloverde, si era registrata una “convergenza tra Lega e M5s”. A pesare c’è naturalmente anche la sconfitta grillina alle Europee di fine maggio. “Chi due settimane fa aveva scelto cinquestelle”, sostiene il Cattaneo, “erano gli elettori che avevano resistito alle sirene leghiste e non ci si poteva aspettare che oggi convergessero in massa verso il centrodestra. Le situazioni sono molto diversificate e, come si diceva, da spiegare con fattori di carattere prevalentemente locale”.

A Forlì e Ferrara ad esempio, dove ha vinto il centrodestra, solo il 26 e il 16 per cento degli elettori 5 stelle ha votato per il centrodestra (il 15% e il 7% rispettivamente per il centrosinistra). Analizzando Forlì, si vede che il candidato di centrodestra Zattini che partiva in vantaggio è riuscito a vincere al secondo turno “nonostante la grave perdita (5,7% dell’intero elettorato) subita verso il non-voto”. E, “a consentirgli la vittoria”, osservano dal Cattaneo, “è il discreto flusso di voti che riesce a rubare al suo diretto avversario (1,7%) del centrosinistra e la migliore capacità di attrarre voti pentastellati (1,2% contro 0,5%)”. Per quanto riguarda Ferrara, si vede che “il candidato di centrodestra (Fabbri) partiva con un grande vantaggio (oltre sedici punti)”. Uno scarto che si è ridotto di poco, “grazie al fatto che Modonesi, il candidato di centrosinistra, riesce ad incamerare la quasi totalità dei voti di Fusari, candidata di +Europa. Le perdite di Fabbri e di Modonesi verso l’astensione sono abbastanza simili (3,2% il primo, 2,7% il secondo), mentre l’elettorato del M5s (ovvero il 6,8% dei voti validi, o il 4,7% dell’intero elettorato, al primo turno) privilegia in primo luogo l’astensione (2,8%), poi il centrodestra (1,2%), lasciando al centrosinistra solo una piccola quota (0,7%)”.

Se si guarda invece il comportamento degli elettori del centrosinistra, si nota che reggono e, dove c’è il loro candidato, scelgono di tornare a votare anche al secondo turno per sostenerlo. Il comportamento è univoco nella maggior parte dei casi, anche se si notano alcuni casi (Cremona, Cesena, Foggia) dove una percentuale degli elettori è andata a votare per “il principale avversario, ossia il candidato di centrodestra”. Diverso è il caso di Campobasso dove appunto la sfida era tra 5 stelle e centrodestra: qui gli elettori di centrosinistra hanno scelto nel 67 per cento dei casi di votare per i 5 stelle, mentre il 28% si è astenuto.

Infine rimangono gli elettori di centrodestra: questi avevano un candidato da votare nei nove comuni esaminati e per la maggior parte dei casi hanno “confermato il loro voto”. “Si deve però notare che la fuga verso il non-voto di questi elettori è, generalmente, ben più consistente di quella degli elettori di centrosinistra. A Foggia riguarda quattro elettori su dieci, a Campobasso riguarda quasi un terzo di questo bacino elettorale, a Cremona, a Reggio Emilia e a Cesena più di un quarto”. Infine, “a differenza del centrosinistra che al secondo turno cede quasi sempre qualcosa al centrodestra, quest’ultimo non subisce mai perdite verso il proprio diretto avversario”. Con l’unica eccezione di Campobasso, dove però l’avversario era il M5s con cui si condivide il governo: “Qui l’11% degli elettori di centrodestra si dirige verso il candidato pentastellato”.

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