Reati che potevano ripetersi “all’infinito“, un “grave allarme sociale” con i politici che diventano gli intermediari corrotti di imprenditori che vogliono conquistare appalti, mazzette in una mano per funzionari pubblici e finanziamento ai partiti nell’altro, applicando uno schema approfittando anche di un “senso di impunità” derivato dalla vicinanza alle istituzioni. Ma non solo: “La pratica di elargire finanziamenti al fine di ‘comprare’ i favori degli agenti pubblici costituisce una condotta costante attraverso cui sono stati instaurati e poi mantenuti nel tempo opachi rapporti che, anche ove non sfociati in vere e proprie ipotesi di corruttela, tradiscono collusioni tra realtà imprenditoriali e rappresentanza politica altamente pericolose in quanto rappresentative dell’ideale ‘terreno di coltura’ per lo sviluppo di ulteriori ipotesi di reato”.

Il gip di Milano Raffaela Mascarino, che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare con gli arresti di esponenti di spicco di Forza Italia, nelle 744 pagine descrive non solo un universo di corruzioni, ma di relazioni pericolosissime che sfiorano anche il presidente della Lombardia, il leghista Attilio Fontana. Su come annunciato in conferenza stampa il procuratore capo di Milano, Francesco Greco, saranno eseguite verifiche. Perché chi puntava gli occhi, mazzette, agli appalti dell’Amsa (l’azienda dei rifiuti milanese) al Piano di governo del territorio della Regione Lombardia, oltre a essere di fatto in affari con alcuni politici pensava appunto di poter godere di copertura o impunità.

Le dimensioni e la gravità del fenomeno criminoso (sono 95 in tutto gli indagati, ndr) ben fotografato dal quadro indiziario sopra messo in luce e la spregiudicatezza e la disinvoltura con la quale i prevenuti hanno posto in essere i fatti criminosi oggetto di contestazione denotano, infatti, da un lato, la predisposizione a beneficiare di favori in ragione della funzione pubblica esercitata, e con essa il senso di impunità derivante dalla possibilità di controllare direttamente vari settori delle istituzioni o comunque di godere della “copertura” di compiacenti organi deputati alla funzione di controllo, e, dall’altro, la convinzione che, attraverso l’adeguata illecita remunerazione, si possano comprare i favori dei pubblici ufficiali ed asservire al proprio interesse personale i poteri pubblici conferiti”.

Lo schema di D’Alfonso: finanziare i partiti, corrompere i funzionari e manipolare le gare
Del resto gli indagati possono anche contare su tantissimi contatti. “La rete relazionale avviata, con notevolissima rapidità ed efficienza, da Daniele D’Alfonso (l’imprenditore settore rifiuti e bonifiche ambientali, ndr) è amplissima spaziando dai vertici della Regione Lombardia (Fabio Altitonante, sottosegretario regionale con delega, fra l’altro, al recupero dell’ex area Expo) a quelli di Amsa di cui coinvolge non solo figure dirigenziali (Mauro De Cillis, responsabile operativo dell’Amsa) ma anche ‘operative’ (Sergio Salerno e Gian Paolo Riva)”. E proprio D’Alfonso in una intercettazione diceva: “Mi ha fatto dieci cose per centomila, ok e sto guadagnando”. Nell’inchiesta sono stati arrestati anche i vertici di altre società partecipate, come Prealpi servizi e Alfa srl. Ma non solo come spiega il giudice per le indagini preliminari: “Il piano del giovane imprenditore è chiaro: sfruttare la campagna elettorale in corso per ‘mettere le basi’ all’espansione commerciale della sua società. Le sue mire non sono limitate alle gare che sono state monitorate nel corso dell’indagine, ma anche al futuro”. In tal senso vi è una programmazione a tavolino che comprende “un ventaglio di condotte illecite quanto mai eterogenee, ma la cui commissione è finalizzata al raggiungimento dell’obiettivo: prima bisogna avvicinarsi al mondo politico attraverso le contribuzioni elettorali, poi corrompere i funzionari, realizzando i presupposti per poter manipolare le gare indette ed indicende“.

Pietro Tatarella, D’alfonso e i “paludosi mondi della politica”
Ovviamente, secondo gli inquirenti, D’Alfonso, da solo, non avrebbe mai potuto raggiungere i risultati desiderati “e qui si apprezza la centralità e l’importanza di Pietro Tatarella: è proprio il giovane politico, poi diventato vice-coordinatore regionale di Forza Italia, che aiuta D’Alfonso a muoversi nei paludosi mondi che spesso accompagnano la vita politica”. Tatarella, a sua volta, “in virtù dei suoi rapporti politici, sa chi deve essere finanziato, chi è corruttibile, aiuta e assiste con continuità D’Alfonso, gli suggerisce, se del caso, di prestarsi ad operazioni di ‘triangolazione’ per erogazioni liberali, quale quella di Luigi Patimo (country manager di Acciona Aqua, multinazionale spagnola), che si possono rivelare doppiamente vantaggiose”. Tatarella, per gli inquirenti, “è ‘a libro paga” di D’Alfonso: “documentalmente è un consulente della società da 5.000 euro al mese”, in realtà è “una sorta di ‘facilitatore’ dell’imprenditore ed, a riprova, si pongono i significativi benefits di cui gode”. “Il piano criminoso D’Alfonso-Tatarella, così come congegnato ed attuato, è un modulo destinato a ripetersi all’infinito o, meglio – si sottolinea – fino a che lo richiederanno le esigenze imprenditoriali del primo”. I fatti “sono così numerosi ed eterogenei che è, radicalmente, da escludere che le sorti degli indagati si siano intrecciate per circostanze del tutto fortuite. Vi sono alcune importantissime conversazioni che, dal lato D’Alfonso e dal lato Tatarella, dimostrano come il progetto sia a largo raggio“. Anche se avevano cominciato a essere prudenti: il 19 marzo scorso tra i due, che erano in macchina, avviene una conversazione considerata molto importante dagli inquirenti. Dopo l’arresto di un uomo vicino a De Cillis (Roberto Natalino Venuti per ordine del gip di Taranto, ndr) perché il politico temendo un coinvolgimento del funzionario Amsa dice all’imprenditore: “Stiamo fermi”.

Gip: “Funzioni di Tatarella solo per vantaggi personali”
Anche per questo il gip ha scelto la misura del carcere: “Non vi sono elementi per ritenere che, nonostante la formale incensuratezza, Tatarella, in futuro, non reitererà condotte analoghe a quelle per cui si procede: la personalità emergente dalla visione complessiva delle varie fattispecie criminose è quella di un soggetto che intende le funzioni ed i poteri pubblici a lui attribuiti esclusivamente nell’ottica di conseguirne un vantaggio personale in termini patrimoniali e di rafforzamento della sua posizione politica. Il munus publicum di cui è investito per espressione della volontà popolare sembra essere per Tatarella null’altro che una preziosa indicazione da inserire nel suo biglietto da visita per accreditarlo nella effettiva attività in cui dispiega le sue energie lavorative: quella di intermediario tra il mondo dell’imprenditoria e quello della politica e della Pubblica Amministrazione, attività dalla quale trae la maggior parte dei suoi introiti”. 

Ed è per questo che per Tatarella e gli altri il giudice sostiene che non può non firmare l’ordine di arresto. “La sussistenza di una fitta ed estesa rete relazionale di cui gli indagati godono in molti ambiti ed a vari livelli istituzionali, rende, dunque, necessario il ricorso alle misure cautelari coercitive e, per alcuni di essi, alla misura custodiale, in concreto l’unica in grado di recidere, o quantomeno di allentare, i legami sussistenti tra i componenti dei sodalizi e tra questi ed il mondo criminale di riferimento. Alla luce di queste considerazioni, deve escludersi che gli episodi delittuosi passati in disamina siano di natura occasionale: viceversa, essi si collocano in un preciso contesto, anche di carattere associativo, dal quale molti degli indagati traggono, in tutta evidenza, fonti di reddito e utilità di altro genere. Le vicende corruttive, di finanziamento illecito e di turbative di gara evidenziano un quadro di grave allarme sociale: le funzioni dei pubblici ufficiali coinvolti sono risultate, in molti casi, insanabilmente asservite agli interessi privati del sodalizio e dei privati corruttori.

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