Condannato per falso in bilancio, imputato per falso ideologico, un carattere fumantino, un modus operandi sempre al limite: in Inghilterra, dove hanno controlli e standard severissimi sulle proprietà, è un soggetto “sgradito“, osteggiato in tutti i modi da istituzioni e tifosi fino a metterlo alla porta; in Italia è l’uomo della provvidenza, uno dei pochi imprenditori a sapere e volere ancora fare calcio in provincia, e con buoni risultati. Parliamo di Massimo Cellino, “rimbalzato” dalla Football League con la sua disastrosa avventura al Leeds e tornato da trionfatore in Serie A: il suo Brescia ha appena conquistato la promozione al secondo tentativo, e giocherà di nuovo nella massima serie a distanza di otto anni.

C’è tanto di Cellino nella cavalcata trionfale in Serie B delle “Rondinelle”, acquistate nel 2017 quando erano gravate dai debiti e venivano da una serie di stagioni negative (compresa una retrocessione in Lega Pro, annullata dal ripescaggio) e subito riportate nel calcio che conta. Lo stesso vale per il loro presidente. Per lui il Brescia è stato una sorta di ripiego, dopo l’insuccesso di Leeds. Venduto il Cagliari a Giulini, Cellino aveva provato a far fortuna in Inghilterra, acquistando una squadra gloriosa che dopo l’epoca d’oro degli Anni Novanta se la passava piuttosto male, navigando tra Serie B e C inglese. Le cose, però, non sono andate proprio come si aspettava.

Appena arrivato, è incappato nel cosiddetto Fit and proper test”, la verifica dei precedenti necessaria per acquistare una società di calcio. Il problema era che il suo passato non è proprio immacolato: è finito più volte al centro delle cronache, la prima già nel ’96, per una presunta truffa all’Ue sull’acquisto di alcune riserve di grano, poi conclusa con un minimo patteggiamento. Nel febbraio 2013 è stato addirittura arrestato (i domiciliari furono revocati dopo tre mesi) per l’inchiesta sullo stadio di Is Arenas, per cui ora è a processo con l’accusa di tentato peculato e falso ideologico. Poi una serie di contestazioni fiscali su yacht, fuoristrada, calciatori per cui in Inghilterra non gli hanno dato tregua. L’acquisto del Leeds era stato inizialmente congelato e sbloccato solo con un ricorso. La Football League non si è arresa, e man mano che acquisiva dall’Italia documenti gli muoveva nuove contestazioni e sanzioni: l’ultima comprendeva persino l’obbligo di frequentare un corso di rieducazione. Alla fine, complici le difficoltà sul campo, Cellino si è stufato e ha venduto a un altro italiano, il manager dei diritti tv Andrea Radrizzani (che adesso forse riuscirà finalmente a riportare il club in Premier League), per far ritorno a casa. A Brescia, appunto.

La sua parabola sintetizza al meglio la differenza fra il calcio italiano e quello inglese, che si ripropone ogni volta che una squadra viene ceduta e rischia di finire in mani poco rassicuranti (l’ultimo caso è quello del Palermo, accostato a una società legata indirettamente a un manager dell’ultradestra internazionale). Lì esiste il “fit and proper test”: chi ha riportato una qualsiasi condanna (che non sia stata riabilitata) per reati di disonestà o ha portato due volte un club in bancarotta non può avere una quota superiore al 30% delle società. È un sistema di controllo molto rigido, che ha osteggiato dal primo momento l’ingresso di Cellino e alla fine, di fatto, è riuscito a impedirlo. Da noi, invece, i cosiddetti “requisiti di onorabilità” si limitano a condanna definitive per reati molto gravi (in cui Cellino, ad esempio, nonostante i suoi trascorsi non incorre).

Poi Cellino non è solo scandali e controversie. È appassionato, conosce il calcio e lo sa fare. In 22 stagioni a Cagliari ha disputato 17 campionati di Serie A, centrando un sesto posto, una semifinale di Coppa Uefa e due semifinali di Coppa Italia. Ha lanciato talenti come Suazo, Nainggolan, Oliveira, scovato e “mangiato” allenatori (come Allegri), rilanciato un grande campione come Zola. A Brescia in due anni ha già fatto centro: un paio di acquisti mirati (Donnarumma su tutti), in panchina Eugenio Corini, in mezzo al campo il talento cristallino di Sandro Tonali, prossima stella del calcio italiano. Ha un progetto, come dimostra non solo la promozione ma anche l’apertura di un nuovo centro sportivo della società. Però Cellino è sempre Cellino. Per alcuni presunti abusi edilizi, proprio nel centro di Torbole, il Comune a dicembre aveva presentato un esposto. Ora a Brescia si porrà anche la questione stadio, un pallino in cui lui è già rimasto “incastrato” ai tempi di Cagliari: il Rigamonti non è messo bene (non abbastanza per la Serie A), la concessione è in scadenza ma il presidente non pare molto intenzionato a partecipare al bando comunale. Insomma, ci risiamo. Non resta che augurargli ben tornato in Serie A: il calcio italiano se lo merita.

Twitter: @lVendemiale

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