Numerosi tasselli, negli ultimi mesi, stanno componendo il quadro di una probabile futura “emergenza” che dopo un evento scatenante, nel quale prima o dopo inciamperemo, colpirà le comunità rom delle baraccopoli italiane.

L’ultimo riguarda le 400 persone – di cui la metà bambini – che vivono nella “Fossa” di Giugliano, un insediamento che ho visitato l’anno scorso e che Amnesty International, dopo un sopralluogo, non aveva esitato a definire un luogo “dalle condizioni di vita inumane”. Oggi quelle persone sono sotto la minaccia di uno sgombero promosso dalla stessa Amministrazione Comunale che qui le aveva spostate tre anni fa.

Quando incontrai le famiglie della comunità di Giugliano fu un giovane trentenne, originario della Bosnia ma nato in Italia, a raccontarmi la via crucis che li aveva condotti sin lì. E in quella narrazione c’era tutta la storia del terribile “nomadismo imposto” alle famiglie rom di Giugliano.

«Nel 2010 – mi racconta Ferid – eravamo accampati presso un’area denominata “Terreno con Masseria”, al di sotto di un cavalcavia in località Pontericcio». Eravamo nel pieno dell’Emergenza Nomadi voluta dal ministro Maroni. «Poi ci fu una rivolta popolare, la gente non ci voleva, era stufa di noi. Per evitare storie ci trasferimmo con le roulotte e i furgoni nel parcheggio di un centro commerciale, vicino la Circonvallazione Esterna. Lì c’erano già nostri parenti e, stando insieme a loro, ci sentivamo più sicuri di fronte alle minacce». Ferid prosegue: «Due anni dopo – era il 4 ottobre 2012 – ci hanno sgomberato e la Polizia ci ha accompagnato vicino ad una base di militari americani, su alcuni terreni di Largo Patria». Ricordo l’episodio e lo associo ad un gruppo Facebook nato in quei giorni e che ci adoperammo per segnarlo come xenofobo. Era denominato “Cacciamo i rom da La Patria”. La protesta on line funzionò. «Abbiamo preferito evitare storie e così, di notte, tutto il campo, eravamo 100 famiglie, si spostò a Pontericcio, sotto una grossa centrale elettrica». Seguirono nuove proteste e così, a fine ottobre l’Amministrazione di Giugliano si impegnò definitivamente a trovare una soluzione entro 40 giorni. Seguirono incontri in Regione e a Roma. Alla fine, il 28 marzo 2013, con delibera del Commissario prefettizio venne deciso di allestire per la comunità di Ferid un nuovo campo Masseria del Pozzo.

Andai anche lì a visitare la famiglia di Ferid nel 2014. Sopra una discarica, con 400mila euro di soldi ministeriali si era recintato un rettangolo di fango dove concentrare 400 persone. Mesi prima avevo letto la relazione del professor Balestru su quello spazio che concludeva: «Lo scenario che se ne ricava dalla questione dell’area è di disastro ambientale, unitamente all’avvelenamento di acque di falda». Dal 1978 si erano stratificati rifiuti di ogni tipo e sopra di essi, negli ultimi anni, neonati e bambini erano nati e cresciuti giocando tra fango e vapori che da cunicoli sotterranei salivano in superficie. Ricordo la visita: una visione terrificante di un’umanità abbandonata a sé stessa, avvelenata nel corpo e nello spirito, collocata in quello spazio chiuso per morire nell’abbandono, prima ancora che soffocata dai miasmi tossici.

Il 21 giugno 2015 il Comune di Giugliano decise di chiudere il “campo” e trasferire le persone dentro la “Fossa”, una buca artificiale circondata da boscaglia e cumuli di rifiuti. Con altre organizzazioni chiedemmo spiegazioni alle autorità locali che risposero affermando di avere già individuato 1,3 milioni di euro di fondi regionali per costruire un “eco-villaggio”.

Le cose cambiarono ancora e del nuovo campo non se ne fece nulla. Il 3 aprile scorso l’Asl riporta in una relazione «una situazione di grave pregiudizio sia alla salubrità dei luoghi che all’incolumità pubblica» e due giorni dopo il sindaco di Giugliano ordina entro pochi giorni la chiusura dell’insediamento. Dei 1,3 milioni di euro destinati all’eco-villaggio ne stornano 150.000 euro per generici «percorsi personalizzati di accompagnamento all’abitazione», come si evince dal testo della delibera. Non si capisce per chi e come, visto che buona parte dei parenti di Ferid non ha documenti e nessuno ha un regolare lavoro.

«E’ l’ennesima fregatura – commenta Ferid – ci hanno detto a voce: “O portate un contratto di affitto o spostate le roulotte”». In prossimità di Pasqua 400 persone, povere di mezzi e di speranza, sciameranno dalla “Fossa” di Giugliano. Ne sono bastate 70, a Roma, per scatenare la rivolta. Il fuoco della miccia accesa a Torre Maura sta per giungere all’esplosivo e qualcuno già si frega le mani per i milioni di euro che una nuova “Emergenza Nomadi” potrà liberare.

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