La notizia è meglio leggerla così, come battuta dall’agenzia Ansa: “Ormai da dieci anni le viene negato un insegnante di sostegno, nonostante la battaglia avviata dai genitori, tra sentenze del Tar e diffide legali. È la storia di una bambina affetta da una delicata condizione clinica di sindrome di Down e crisi epilettiche, che frequenta una scuola nel teramano. A raccontarla in una lettera aperta sono i genitori, secondo i quali quello che sta accadendo nella scuola della figlia, ‘i diritti che le sono stati negati e i conseguenti danni subiti non sono cosa degna di un paese civile'”. La mamma della bambina parla di un “calvario” che ha inizio dieci anni fa dalla scuola dell’infanzia. Negli ultimi due anni né la scuola né l’Ufficio scolastico provinciale “si sono dimostrati in grado di trovare una soluzione”. Il risultato, racconta la mamma, è che dal settembre 2017 alla bambina sono stati assegnati prima un insegnante ordinario, di inglese, e poi uno di educazione fisica, al posto di un “docente di sostegno qualificato, accampando come scusa la ‘carenza di organico’”.

Meglio leggere il testo “pulito”, senza commenti o altro. Allora dove eravamo rimasti? Alla “Buona scuola” di Matteo Renzi e Paolo Gentiloni? No, perché l’attuale governo ha naturalmente annunciato delle novità, procedure più snelle e moderne. Però mentre la mamma di Pescara attende da dieci anni il minimo sindacale, la politica promette fantomatiche deleghe al decreto 66 del 2017 e avanza – sempre per gli insegnanti di sostegno – nuove idee e sigle: ecco comparire i Git (gruppi esterni) che sarebbero gestiti direttamente dalle scuole (mi chiedo con quali fondi) per la valutazione centrata sul “profilo di funzionamento” e non il semplice grado di disabilità. Un’altra formula magica è la famosa continuità didattica secondo la quale un docente di sostegno dovrebbe accompagnare l’alunno che gli viene assegnato dal primo all’ultimo anno del suo percorso scolastico.

Si potrebbe continuare con l’elenco di idee, progetti, nuovi termini, ma è chiaro a tutti come l’organizzazione della scuola in Italia sia sempre una bolgia infernale tra concorsi disattesi o pasticciati, folle di aspiranti insegnanti sottopagati che a ogni cambio di governo diventano “la questione” – per poi sempre finire nella confusione di ogni inizio anno scolastico tra cattedre e non cattedre – e la questione degli insegnanti di sostegno che denuncia la mamma di Pescara.

E in attesa che vengano pubblicizzati nuove figure professionali, nuovi percorsi o nuove intenzioni identificati in nuovi acronimi, è interessante leggere questo testo, scritto da un ingegnere “aspirante insegnate di sostegno”.

e.reguitti@ilfattoquotidiano.it

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