“Bisogna avere spirito di corpo, se c’è qualche collega in difficoltà lo dobbiamo aiutare…”. I tentativi di depistare il caso di Stefano Cucchi non si sono fermati ai mesi successivi alla morte del geometra romano. Sono continuati anche dopo: fino alle scorse settimane. Lo sostiene la procura di Roma, che stamani ha depositato un’intercettazione al processo in corso sulla morte del giovane. Una registrazione tra due militari in servizio alla caserma Vomero Arenella di Napoli del 6 novembre scorso: sono il maresciallo Ciro Grimaldi e il vice brigadiere Mario Iorio. L’autore di quella frase, invece, sarebbe – secondo Iorio -il comandante del gruppo Napoli dell’Arma, Vincenzo Pascale. Nel 2009 Grimaldi era in servizio alla caserma Casilina di Roma, cioè quella dove venne portato Cucchi per il fotosegnalamento: secondo il racconto del carabiniere Francesco Tedesco, è in quella caserma che i suoi colleghi e coimputati Raffaele D’Alessandro e Alessio Di Bernardo pestarono Cucchi. Ed è sempre in quella caserma che accade qualcosa di strano al registro del fotosegnalamento. Pochi giorni dopo quell’intercettazione, Grimaldi doveva andare a testimoniare al processo bis su Cucchi che vede imputati cinque militari: Tedesco, Di Bernardo e D’Alessandro, accusati di omicidio preterintenzionale, e poi Roberto Mandolini e Vincenzo Nicolardi, che rispondono di calunnia e falso. Nuove prove sono state depositate anche a carico di Mandolini, che sarebbe stato l’autore di una richiesta a un altro militare: modificare la relazione di servizio relativa alla notte in cui Cucchi fu arrestato.

L’intercettazione: “Se c’è qualche collega lo dobbiamo aiutare” – L’intercettazione di Grimaldi in cui viene citato Pascale è contenuta in una nota della squadra mobile di Roma del 17 gennaio. Nella caserma napoletana è appena passato il comandante ed è lo stesso Grimaldi a chiedere al collega Iorio: “Senti, ma famme capì: è venuto il colonnello?”
Iorio: “Se n’è andato pure: Ha detto: mi raccomando…
Grimaldi: “E che ha detto?”
Iorio:”Ha detto: mi raccomando, dite al maresciallo che ha fatto servizio alla stazione, lì dove è successo il fatto di Cucchi, di stare calmo, tranquillo. Mi stanno abbuffando ‘e palle, loro e ‘o fatto di Cucchi. N’abbasta pe’ dintr’a televisione!
Grimaldi: “E cosa ha detto?”
Iorio: “Ha detto: Mi raccomando, dovete avere lo spirito di corpo, se c’è qualche collega in difficoltà, lo dobbiamo aiutare…”. Per provare che la presenza di Pascale in caserma quel giorno, gli investigatori allegano al faldone un’altra intercettazione in cui Iorio – alla richiesta di ricevere un commerciante che doveva fare una denuncia – spiega di essere impegnato con il comandante in ufficio.

Il tentativo di fare marcia indietro del carabiniere teste – Quelle parole stavano per avere l’effetto sperato. Salito sul banco dei testimoni il 6 dicembre scorso – un mese dopo quella intercettazione – Grimaldi cercò effettivamente di smussare la sua deposizione ma tornò sui suoi passi e confermò la versione fornita a verbale, dopo le contestazioni del pm Giovanni Musarò. In particolare in aula Grimaldi racconta il commento riportato dal collega Gianluca Colicchio: aveva notato che Cucchi, la notte dell’arresto, aveva la cintura rotta. “Disse: sono stati gli amici miei“, racconta in aula il testimone. Il pm gli contesta la differenza con la versione riportata nel verbale: “Me l’hanno rotta gli amici tua“, avrebbe detto Cucchi al carabiniere Colicchio. “Le dico la verità. Dopo l’istruttoria ho avuto modo di pensare alla cosa...”, sostiene a quel punto il testimone. “C’è qualcuno che l’ha aiutata a pensare?“, risponde il pm che era al corrente della conversazione intercettata. “No perché? Ho riflettuto sulla circostanza…”, dice il teste. “Ha cambiato versione? Capisce perfettamente la differenza tra ‘la cinta me l’hanno rotta gli amici tuoi’  e ‘gli amici miei'”, continua Musarò. A quel punto Grimaldi ha confermato quanto messo a verbale.

Il registro sbianchettato – L’intercettazione tra Grimaldi e Iorio fa parte dell’inchiesta in corso sui depistaggi del caso Cucchi. Secondo gli inquirenti, i carabinieri del comando provincia di Roma ebbero la possibilità di acquisire il registro del fotosegnalamento relativo alla sera dell’arresto di Cucchi: lì c’erano gli elementi per ipotizzare come quel registro venne sbianchettato per cancellare le tracce dell’operazione durante la quale avvenne probabilmente il pestaggio del geometra. I carabinieri, però, evitarono di acquisirlo in originale per consegnarlo alla magistratura: ne copiarono il contenuto. Ma nella copia, ovviamente, non si poteva notare lo sbianchettamento del nome Cucchi, sopra il quale venne iscritto quello di un altro fermato, Zoran Misic. Per la procura capitolina quel documento è una delle prove principali nel processo contro i militari. Per questo motivo sono stati depositati i verbali di altri due carabinieri: Pantaleone Grimaldi Carmelo Beringhelli. Entrambi raccontano come nel 2015 il  capitano Tiziano Testarmata, un ufficiale del nucleo investigativo, non volle sequestrare il registro originale nonostante fosse evidente la manomissione. 

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