Dopo i recenti scandali finanziari Papa Francesco ha commissariato la Cappella Musicale Pontificia Sistina. Bergoglio ha, infatti, deciso che il coro più antico del mondo “venga inserito nell’Ufficio delle celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice, quale specifico luogo di servizio alle funzioni liturgiche papali e nel contempo a custodia e promozione della prestigiosa eredità artistico-musicale prodotta nei secoli dalla Cappella stessa per le solenni liturgie dei Pontefici. Pertanto – scrive ancora il Papa – considerato quanto ho appena stabilito, nomino il reverendissimo maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie monsignor Guido Marini responsabile della Cappella Musicale Pontificia, affidandogli il compito di guidare tutte le attività e gli ambiti liturgico, pastorale, spirituale, artistico ed educativo della medesima Cappella, rendendo sempre più percepibile in essa e nei singoli componenti il fine primario della musica sacra, che ‘è la gloria di Dio e la santificazione dei fedeli’”.

Francesco ha affidato a monsignor Marini anche il compito di redigere uno statuto della Cappella Musicale Pontificia Sistina aggiornando il suo regolamento che fu approvato da San Paolo VI nel 1969. Norme che Bergoglio vuole in sintonia “col vigente regolamento dell’Ufficio delle celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice”. Ma la nomina di Marini non è l’unico provvedimento adottato dal Papa. “Avendo, poi, a cuore il proficuo cammino ecclesiale della Cappella stessa, – prosegue Francesco – nomino il vescovo e caro confratello monsignor Guido Pozzo sovrintendente all’economia della Cappella Musicale Pontificia, affidandogli soltanto il compito della specifica cura dell’amministrazione economica della Cappella stessa da svolgere sotto la guida del maestro delle celebrazioni e responsabile della Cappella Musicale Pontificia”.

Prima di questo vero e proprio commissariamento, il coro del Papa era sotto la responsabilità della Prefettura della Casa Pontificia, attualmente guidata da monsignor Georg Gaenswein, e la parte economica era affidata a un direttore amministrativo laico. Ma Francesco ha deciso di cambiare dopo i gravissimi scandali finanziari degli ultimi mesi, rivelati da ilfattoquotidiano.it nel luglio 2018, a cui sono seguiti ben due indagini interne affidate al nunzio apostolico Mario Giordana e successivamente l’inchiesta penale per riciclaggio, truffa aggravata ai danni dello Stato e peculato condotta dal pm vaticano Gian Piero Milano.

Ma l’aspetto economico, seppure gravissimo, non è il solo. Nel maggio 2018 aveva destato forti perplessità la partecipazione del coro del Papa a “Heavenly bodies: fashion and the catholic imagination” (Corpi celesti: la moda e l’immaginazione cattolica), una mostra di moda e paramenti sacri di dubbio gusto, tra sacro e profano, allestita al Metropolitan Museum di New York. L’evento era stato fortemente patrocinato dal cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della cultura. Nei sacri palazzi erano subito circolate le foto dei coristi della Cappella Sistina, per lo più padri di famiglia, ritratti, con l’abito che indossano durante le celebrazioni papali, insieme con Rihanna e Jennifer Lopez. Immagini che evidentemente hanno irritato non poco Francesco. È anche per questo che il Papa ha scelto il suo cerimoniere per riportare il coro su una strada più conforme al suo compito.

Il commissariamento della Cappella Musicale Pontificia Sistina non è l’unico provvedimento deciso da Bergoglio. Francesco ha contestualmente anche soppresso la Pontificia Commissione Ecclesia Dei, istituita il 2 luglio 1988 da San Giovanni Paolo II, per il dialogo con i lefebvriani. I compiti di questo organismo, fino a oggi presieduto da monsignor Guido Pozzo, sono stati assegnati alla Congregazione per la dottrina della fede in seno alla quale verrà istituita una apposita sezione impegnata a continuare l’opera di vigilanza, di promozione e di tutela fin qui condotta da Ecclesia Dei. Un provvedimento che Bergoglio ha ritenuto necessario dopo che, nel 2007, con il motu proprio Summorum Pontificum, Benedetto XVI aveva liberalizzato la messa in latino, l’unica celebrazione eucaristica riconosciuta dai lefebvriani. Un provvedimento che era stato accompagnato dalla revoca della scomunica per i quattro vescovi consacrati illegittimamente, nel 1988, da monsignor Marcel Lefebvre. Una decisione, però, che, benché ispirata dal fine della riconciliazione, aveva subito mostrato le sue forti criticità visto che uno dei quattro presuli aveva rilasciato un’intervista negando la Shoah.

Twitter: @FrancescoGrana

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