In Piemonte c’è un problema grosso di informazione, molto grosso. Alcuni organi che oramai io definisco di “disinformazione” forniscono tutti una versione partigiana del problema dell’alta velocità Torino-Lione. Meglio, non forniscono neppure notizie: fanno il tifo. Ovviamente a favore della realizzazione della linea, i cui lavori, lo ricordo, non sono mai iniziati, posto che quello che si è iniziato è solo un tunnel geognostico.

Prima della scorsa manifestazione No Tav andai ad ascoltare una relazione di Livio Pepino, ex magistrato e componente del Csm, da sempre impegnato a favore della verità sulla linea veloce, il quale ricordava come prima della precedente manifestazione Sì Tav del 10 novembre, per una settimana i quotidiani si fossero schierati apertamente a favore dell’opera e addirittura invitassero la gente a scendere in piazza. La Repubblica esplicitamente: Tutti in piazza sabato. Non molto diversa la situazione prima di questa seconda manifestazione Sì Tav. E dopo di essa, ecco addirittura il direttore de La Stampa, Maurizio Molinari – con involontario umorismo – parlare di “Torino obbligata dai luddisti contemporanei ad isolarsi dietro una montagna”.

E già, perché l’opera rappresenterebbe il progresso, e si va a scomodare il movimento luddista che vi si opponeva (a proposito, Molinari sa che il potere quella rivolta la soffocò nel sangue?). Si sa, sono progresso in generale le grandi opere, perché è progresso dare lavoro per realizzarle, non certo perché siano utili, come ricorda il collettivo Wu Ming: “Le ‘grandi opere’ servono solo a chi le costruisce, l’importante è far girare avanti e indietro i camion del ‘movimento terra’ e far girare le betoniere, come spiedi su un fuoco spento. Farle girare a ogni costo. Tanto, mentre i profitti sono privati, le perdite le paghiamo tutti. Un capitalismo morto-che-cammina, con la carne che si disfa, simile a fanghiglia, e un tanfo di marciume che si sente da lontano, ma tutti lo respirano facendo gli gnorri”.

Beninteso, non è la prima volta che alcuni mass media fanno il tifo anziché, appunto, informare. Tutta la vicenda Tav è stata sostenuta in questi almeno ultimi dieci anni da La Stampa, da Repubblica, ma anche dal Tg3 nazionale (e da quello regionale pure) a favore dell’opera. Coerentemente con la loro matrice di sinistra. Laddove per sinistra deve intendersi, come purtroppo è sempre più evidente, difesa degli interessi di grandi gruppi e di cooperative sedicenti rosse, piuttosto che salvaguardia dei beni comuni: territorio, ambiente, acqua, aria. Quella sinistra che a Torino, in particolare, ha reso l’aria irrespirabile (non solo in senso materiale), con politica, informazione, cultura dichiaratamente schierati a favore della grande opera. Non è la prima volta che fanno il tifo, ma adesso sono davvero scatenati, perché è come se si vedessero sottrarre il piatto in cui hanno mangiato per anni.

In questo periodo si è recuperata da parte di politici – ma anche di uomini di cultura – la parola fascismo. Secondo me – mio nonno materno morì proprio a causa dei fascisti – del tutto a sproposito. Ma vorrei che si riflettesse un attimo – prendendo pure lo spunto da questa vicenda – su come vengano fornite in Italia le notizie e quali notizie vengano fornite dai mass media alla popolazione. Non sarà fascismo, no, ma sicuramente siamo di fronte a una stampa che libera non è, come invece vorrebbe l’art. 21 della nostra Costituzione. Con tutto ciò che ne consegue.

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