Quello de La Gazzetta del Mezzogiorno di Puglia e Basilicata è il primo caso nel quale un giornale che ha 130 anni (appena compiuti) rischia di finire nel baratro perché la maggioranza del suo pacchetto azionario è stata sequestrata e confiscata. Come qualcuno ricorderà, l’azionista di maggioranza Mario Ciancio Sanfilippo è stato accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. E alla Gazzetta sono arrivati dei commissari che evidentemente per mancanza di liquidità hanno immediatamente tagliato gli stipendi dei giornalisti del 40%, ma questo si annuncia come solo uno dei primi drastici provvedimenti che a lungo andare potrebbero portare il giornale a chiudere i battenti.

Questi i fatti. E in nessun modo si vuole qui entrare nel merito delle accuse a Ciancio Sanfilippo, che seguiranno l’iter giudiziario. Qualche riflessione, però, è d’obbligo, perché un’azienda editoriale di questo calibro non è una semplice “azienda” ma svolge una funzione “sociale”, fondamentale nel territorio di riferimento. È un presidio di libertà di informazione, è un presidio di autonomia e di crescita. Ricordo ancora la prima volta che andai a visitare le rotative, facevo le scuole elementari, le migliaia di copie sui nastri trasportatori, l’odore di inchiostro e di carta, lo sguardo di orgoglio della mia insegnante che ci diceva “bambini, questo è il nostro giornale”. Noi lo leggevamo ogni giorno in classe, facevamo i riassunti dalle pagine della Gazzetta. A casa mia da allora una copia la mattina non è mai mancata, perché ci si è sempre riconosciuti nei valori del “giornale” (bastava chiamarlo così), che sono stati sempre quelli di un Sud troppo spesso marginalizzato. Ebbene da quelle colonne (e spesso solo da quelle) si alzava una voce contro: un altro punto di vista, giusto o sbagliato che fosse. Era il nostro punto di vista.

Prima di internet era la diffusione capillare della Gazzetta a tenere la comunità unità, dai paesi più piccoli del subappennino dauno al Salento, dalla Basilicata più profonda sino alle migliaia di emigrati in giro per il mondo. Oggi c’è il web, potrebbe obiettare qualcuno, ma non è lo stesso. I nuovi media locali sono spesso troppo fragili e poco autorevoli, la loro funzione è necessaria, ma sono più forti anche loro se sono affiancati da una testata di tradizione. Specialmente al Sud (e non credete negli spot o nella Puglia cinematografica) dove la crisi morde davvero, c’è bisogno come l’aria di un giornale indipendente che offra un’informazione verificata fatta da professionisti.

I giornalisti della Gazzetta hanno scritto un appello al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, hanno aperto una pagina Facebook, #iostoconlaGazzetta, chiedendo ai lettori di offrire la loro solidarietà e il loro sostegno, di prenotare nelle edicole il 26 p.v. una copia in più del giornale: l’edizione del 29 dicembre. Salvare la Gazzetta significa continuare ad avere voce, preservare uno dei valori della nostra identità. Il mio invito è aderire all’appello, facciamone la nostra piccola rivoluzione che parte dal Sud con o senza gilet gialli.

La Repubblica tradita

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