di Maurizio Donini

Nel numero di novembre di FQ Millennium si parla della mafia nigeriana, di come questa organizzazione criminale – oltre i rituali che fanno parte dell’obbligatoria iconografia di ogni sistema sociale complesso – faccia largo uso di una violenza selvaggia e tribale. L’uso della forza è ovviamente parte di ogni criminale, ma dobbiamo accettarla come parte inevitabile dell’essere umano? Probabilmente e a malincuore la risposta non può che essere affermativa. Senza lasciarsi andare a citazioni bibliche, giova rammentare che la storia dell’uomo nasce dalla violenza e dalla morte, senza nessun ritegno per legami di sangue o di amicizia. Il Paradiso terrestre fu perduto per avere tradito la fiducia accordata cogliendo il frutto proibito, Romolo uccise Remo, reo di avere varcato il confine tracciato dal fratello, forse primo tentativo di immigrazione illegale. Ancora prima Caino uccise Abele, una Genesi che ha dato vita probabilmente al detto popolare “fratelli coltelli”, con corollario di ulteriori morti e filmografia annessa.

Ma tralasciando la parte umoristica delle saghe tramandate, la realtà dell’uomo è molto più triste e la violenza, la sopraffazione, l’avidità, la sete di conquista sono parte integrante del Dna umano. Mentre scagliamo la nostra rabbia verso poveri migranti che fuggono da fame e guerre, non vediamo la trave di un numero di conflitti semplicemente debordante. Se dall’Africa si fugge perché ci sono 29 Stati e 258 tra milizie-guerrigliere, gruppi terroristi-separatisti-anarchici coinvolti, in Asia troviamo 16 Stati e 176 tra milizie-guerriglieri, gruppi terroristi-separatisti-anarchici coinvolti. La zona caldissima del Medio Oriente assomma sette Stati e 259 tra milizie-guerriglieri, gruppi terroristi-separatisti-anarchici coinvolti); mentre le civili Americhe giocano alla guerra, soprattutto del narcotraffico, sette Stati e 30 tra cartelli della droga, milizie-guerrigliere, gruppi terroristi-separatisti-anarchici coinvolti. La nostra Europa non manca certo nella classifica della violenza: archiviate le guerre nei Balcani, abbiamo tipologie di conflitti in 9 Stati e 82 tra milizie-guerriglieri, gruppi terroristi-separatisti-anarchici coinvolti in Cecenia (guerra contro i militanti islamici), Daghestan (guerra contro i militanti islamici), Ucraina (secessione dell’autoproclamata Repubblica popolare di Donetsk e dell’autoproclamata Repubblica popolare di Lugansk), Artsakh ex Nagorno-Karabakh (scontri tra l’esercito dell’Azerbaijan contro l’esercito dell’Armenia e l’esercito del Artsakh). Il totale degli Stati coinvolti nelle guerre mondiali sono 68 e le milizie-guerriglieri e gruppi terroristi-separatisti-anarchici coinvolti 812.

Sconfiggere la violenza non è solo rendere innocue le mafie, mitigare l’immigrazione, aumentare e rendere sicure le pene per i colpevoli. La malvagità dell’uomo è trattata già nel 1513 da Niccolò Machiavelli ne Il Principe, è connaturata alla natura umana. La soluzione la possiamo forse trovare nelle parole di John Locke che nel Leviathan scriveva “Educando l’uomo fin dall’infanzia lo rendiamo migliore, in quanto se lo educhiamo al bene farà del bene e viceversa”. Di fronte a una popolazione come quella italiana, in cui il Censis registra nel 2018 il record di aggressività e incattivimento, sarebbe necessario un immane sforzo sociale che parta dalle strade mentre si guida e prosegua nelle palestre quando si assiste alla partita del proprio figlio. Ci vorrebbe una forma di “educazione” e “rinsavimento” che produca un seme, che germogli in un ambiente reso più vivibile e sereno da una politica diversa. Ma forse stiamo solo tornando a parlare di favole e saghe che verranno raccontate nei prossimi millenni parlando del XXI secolo.

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