L’intesa finale con la Commissione europea per evitare la procedura di infrazione per debito eccessivo non è stata ancora trovata. A cinque giorni dall’annuncio che il governo gialloverde ha accettato di rivedere al ribasso dal 2,4 al 2,04% del pil il deficit con cui intende finanziare parte della manovra per il 2019 la partita è ancora aperta. Come testimonia l’ennesima riunione notturna a Palazzo Chigi di Giovanni Tria con il premier Giuseppe Conte, che ha convocato il ministro per “finalizzare l’accordo”. Il giudizio del collegio commissari sulla manovra italiana comunqeu potrebbe slittare: c’è l’ipotesi che il giudizio non venga pronunciato mercoledì, quando si terrà l’ultima riunione del 2019, ma sia rimandato a quando il via libera del Parlamento avrà certificato gli impegni presi dai gialloverdi con l’Ue.

Secondo la Reuters Tria punta però a chiudere la trattativa entro questa sera. Fonti governative e della Commissione citate dall’agenzia riferiscono che il governo ha anche tagliato la stima di crescita del pil per il prossimo anno da 1,5 a 1 per cento, cosa che allineerebbe la previsione a quelle degli organismi internazionali e di Bankitalia. Lo sforzo per raggiungere il 2,04% del pil resterebbe lo stesso, perché il rapporto è calcolato sul disavanzo tendenziale, ma calerebbe invece quello richiesto per raggiungere gli obiettivi di indebitamento strutturale che la Commissione aveva chiesto fosse ridotto di 0,6 punti mentre la prima versione della manovra lo aumentava di 0,8. Se la proposta convincerà i tecnici della commissione, potrebbe essere tradotta in una lettera del ministro all’Ue e poi finalmente nelle norme della legge di Bilancio. Le opzioni sul tavolo per recuperare risorse sono diverse: per esempio sospendere o rinviare di un anno o due le agevolazioni fiscali per le operazioni delle grandi imprese, come fusioni e acquisizioni, o stimare oltre 1 miliardo aggiuntivo da dismissioni immobiliari da realizzare via Cassa depositi e prestiti.

In mattinata è stato inviato a Bruxelles “uno schema” con il nuovo quadro macroeconomico con il deficit/pil al 2,04% e le nuove misure della manovra. Ma è difficile che la Commissione esprima un giudizio su cifre e scenari macroeconomici che ancora non poggiano su provvedimenti adottati dal Consiglio dei ministri o dal Parlamento. Non a caso in queste ore si cerca una sintesi sulle modifiche da introdurre probabilmente con un maxi-emendamento. Gli interventi che dovrebbero essere approvati nel passaggio parlamentare al Senato vanno dalla nuova versione dell’ecotassa, che dovrebbe essere applicata soltanto sui Suv e le auto extra lusso, alla riduzione del 30% dei premi Inail. Per prima cosa però andranno rimodulate le risorse stanziate per le due misure bandiera dell’esecutivo, reddito di cittadinanza e Quota 100, in base a quanto emerso dalle relazioni tecniche che hanno consentito di restringere le coperture con circa 4 miliardi complessivi di risparmi.

Atteso anche il taglio alle pensioni d’oro, anche se il punto di caduta potrebbe essere una riduzione a partire dai trattamenti oltre i 100mila euro lordi anziché i 90mila di cui si era parlato. Il taglio opererebbe sulla quota contributiva e sarebbe a tempo (ancora si starebbe ragionando su 3 o 5 anni), strutturato su diversi scaglioni fino ad arrivare al 40% per le pensioni ‘altissime’, sopra i 500mila euro. Con le risorse recuperate dovrebbe essere coperto il rifinanziamento per il 2019 di Opzione donna,  che consente di andare in pensione alle lavoratrici con almeno 35 anni di contributi nate entro il 31 dicembre del 1959 se dipendenti e entro il 31 dicembre 1958 se autonome.

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