La Corte di Cassazione ha confermato la validità dell’ipotesi d’accusa di omicidio preterintenzionale per i fatti di Piazza San Carlo a Torino del 3 giugno 2017. Il reato è contestato dalla Procura verso alcuni componenti della “banda dello spray al peperoncino”I pubblici ministeri Roberto Sparagna e Paolo Scafi intendono procedere per omicidio preterintenzionale contro alcuni dei giovanissimi componenti della cosiddetta banda del peperoncino che in piazza San Carlo, durante la proiezione su maxischermo della finale di Champions League, misero la folla in subbuglio servendosi di spray urticante. Ci furono 1.500 feriti e, in seguito, per le lesioni morì una donna, Erila Pioletti di Domodossola. I magistrati torinesi hanno chiesto la custodia cautelare in carcere per questo reato e la Cassazione ha dato loro ragione, respingendo un ricorso delle difese.

Che quanto avvenuto in piazza san Carlo fosse omicidio preterintenzionale era stato sostenuto anche dalla procura generale della Cassazione. Secondo il pg a chi, servendosi di zaffate di spray al peperoncino, scatena il panico tra la folla provocando morti e feriti deve essere contestato quel reato. In quell’occasione – secondo gli inquirenti – fu il gesto di alcuni giovanissimi rapinatori a seminare lo scompiglio tra la massa dei tifosi radunati sotto il maxischermo che trasmetteva la finale di Champions League tra Juventus e Real Madrid.

Il procuratore generale presso la Cassazione si è detto d’accordo con i colleghi torinesi e nel suo intervento ha richiamato anche la tragedia di sabato sera nella discoteca di Corinaldo (con sei morti) dove sarebbe stato uno spray urticante a mettere i presenti in subbuglio. A Torino, intanto, un capitolo della vicenda giudiziaria – quello relativo alle carenze nell’organizzazione e nella gestione dell’evento in piazza – si è chiuso con l’archiviazione dell’allora prefetto Renato Saccone e di altri sei indagati: il vicecomandante della polizia municipale Ivo Berti e cinque componenti della Commissione provinciale di vigilanza: Marco Trivellin, Raffaele De Caro, Fulvio Trucano, Valter Pirillo e Giorgio Villani. Il gip Irene Gallesio ha dato atto che da Saccone (oggi prefetto a Milano) non si poteva pretendere un comportamento diverso. Se non convocò il Comitato per l’ordine pubblico, per esempio, fu perché nessuno gli parlò di gravi criticità. Il giudice ha respinto una delle tesi più suggestive proposte dalla difesa delle parti civili: dal punto di vista della giurisprudenza non si può fare un parallelo tra piazza San Carlo e il caso del Cinema Statuto (l’incendio del 1983 in cui, sempre a Torino, persero la vita 64 persone). Quella volta la Commissione di vigilanza formulò un parere favorevole all’apertura del locale senza nemmeno prendere le informazioni necessarie. I cinque tecnici che visitarono piazza San Carlo, invece, lavorarono correttamente. Il 20 dicembre riprenderà l’udienza preliminare per la sindaca Chiara Appendino, l’ex questore Angelo Sanna e altri tredici imputati chiamati a rispondere delle lacune organizzative.

Ad avviso della Cassazione è “congrua ed esente da ogni censura” la ricostruzione fatta dal Tribunale della Libertà di Torino: secondo gli ermellini c’è un “nesso eziologico, tra l’impiego dello spray al peperoncino, ai danni di taluni degli spettatori, e il primo spostamento di folla” che ha determinato “a sua volta, un allontanamento a raggiera delle persone, collocate nelle vicinanze, per il timore di restare vittime di un attentato terroristico, con l’intento evidente di porsi in salvo, da una minaccia imminente e sconosciuta”.

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