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Discoteca Corinaldo, “ospitate spot e dj set? I locali lo fanno per sopravvivere. Il passo indietro potrebbe partire dai cantanti”

Colloquio con Simone Scartozzi, da vent'anni nel mondo della notte e celebrità in Abruzzo per la gestione del Dejavu, da dove negli ultimi anni sono passati molti artisti emergenti, da Carl Brave ai TheGiornalisti. "Non rispettare le regole non è giustificabile, ma nessuno le rispetta totalmente: è difficilissimo, perché se su 10 date fai 8 sold out e due serate meno fortunate, ci hai rimesso tutto". Anche per i costi: "Molti non riescono a sostenerli: è così che si va incontro a rischi enormi". E gli spray? "Oltre a controllare i locali, bisognerebbe ragionare su perché è così facile acquistarlo"

di Giuseppe Candela

Venerdì sera mentre a Corinaldo sei persone perdevano la vita in attesa di Sfera Ebbasta, al Pin Up di Mosciano Sant’Angelo (Teramo) davanti a 1200 paganti si esibiva Gemitaiz. A gestire il locale è Simone Scartozzi, poco più di quarant’anni e da più di venti nel mondo della notte. Una celebrità in Abruzzo, gestisce a pochi chilometri di distanza anche il Dejavu e da quelle parti negli anni sono passati in tanti: da Carl Brave a Coez, da Willie Peyote a Frah Quintale, ai TheGiornalisti a moltissimi altri. “Il titolare che non rispetta le regole non va giustificato, sono il primo a pensare che chi sbaglia deve assumersi le proprie responsabilità – dice – Gestire un locale è diventato davvero difficile e c’è chi si sente giustificato a non rispettare alla lettera le regole. Ora tutti puntano il dito verso il gestore della Lanterna Azzurra, la verità è che nessuno le rispetta totalmente. Io mi impegno al massimo per farlo e mi costa tantissimo”.

Quanto accaduto in provincia di Ancora è da giorni al centro delle polemiche, è il “Bataclan italiano” ha detto Linus a Radio Deejay. Spettacoli, costi, capienza delle strutture, vendita dei biglietti, età dei partecipanti: tutto sotto la lente di ingrandimento. “Bisognerebbe fare un passo indietro – sottolinea Scartozzi – Anche l’artista, che per una ‘marketta‘ (gergo da addetti ai lavori, ndr) in due locali distanti 150 chilometri si porta a casa in una sera 60mila euro. Va sul palco quaranta minuti, un dj mette le basi e fa cinque canzoni. Il gestore del locale per andare avanti è costretto a investire e deve chiamare nomi acchiappapubblico“.

I concerti live passano attraverso l’agenzia di booking che mesi prima ha curato le date del tour, discorso diverso è per le “ospitate-marketta” solitamente gestite da persone vicine all’artista: “Ne fissano in serie e tu come promoter non puoi pubblicizzare con foto se non quelle concesse, non puoi scrivere tour o concerto ma al massimo dj set. E’ netta la differenza tra un live e una ospitata perché nel primo caso ci sono strumenti, band e altri artisti sul palco mentre nel secondo c’è solo un deejay, cosa molto diffusa nel mondo dei rapper e dei trapper”.

Serate che sembrano ricordare più quelle dei tronisti di Uomini e Donne che dei cantanti professionisti: “E’ proprio così ma sono eventi che fruttano moltissimo all’artista che si concede per meno tempo e con meno spese. Noi solitamente facciamo live ma alcuni puntano sui dj set perché spendono meno e il nome è ugualmente di richiamo per i fan”. Il numero dei partecipanti appunto, nei giorni scorsi sono circolate stime diverse: “Superano i limiti dei posti attraverso botteghino, liste, prevendite online. Ho letto cifre differenti su ogni testata, bisogna fare attenzione anche alla matrice che compare sul biglietto. Ho ancora quelli prestampati per il concerto che abbiamo fatto con Carl Brave a ottobre e porta la cifra di 45mila. Secondo lei ho venduto 45mila biglietti? La verità è che oggi su dieci date se fai otto sold out e due date meno fortunate ci hai rimesso tutto“.

Per questo molti per compensare aumentano gli ingressi. Il capitolo sicurezza, evocato all’unisono, ha costi fissi e costanti che non dipendono solo dalle persone stipendiate per quel ruolo: “In una struttura ho diciotto estintori che costano singolarmente trecento euro, ogni sei mesi la revisione costa circa ottanta euro per ogni estintore. Periodicamente un ingegnere fa la revisione dell’uscita di sicurezza, vanno via altri duemila euro. Le cito questi esempi per dirle che queste spese molti non riescono a sostenerle, è così che si va incontro a rischi enormi“, si sfoga il gestore di locali.

Poi, comunque, c’è anche la parte della gestione operativa dell’afflusso di clienti: “Quando abbiamo numeri molto elevati per una serata per uno spettacolo che dovrebbe iniziare alle 22 – spiega Scatozzi – apriamo le porte dalle 18. Con tre addetti alla sicurezza controlliamo tutto. Mi sono preso diversi insulti all’ingresso perché togliamo acqua e panini non potendo escludere che all’interno ci siano droghe o spray urticante. Abbiamo obbligato tutti a lasciare gli zaini al guardaroba per evitare altri problemi in pista”, spiega Scartozzi. Proprio un anno fa quel genere di spray fu portato in un suo locale: “Ma non bisogna solo controllare che non entri in un locale: bisognerebbe anche ragionare sul perché sia così facilmente acquistabile. Nonostante ci fossero sei uscite antipanico e solo 400 persone si fossero tutte direzionate verso la porta d’ingresso, per fortuna nessuno si è fatto male”.

Le attenzioni sono aumentate ancora di più con il passare del tempo: “Ogni volta che inizia il concerto sul palco con il microfono ricordiamo dove si trovano le uscite di sicurezza. Quando raggiungiamo le mille persone azioniamo il sistema per il ricambio dell’aria e dopo la seconda canzone apriamo le uscite perché in caso di emergenza le persone possono vedere la luce all’esterno. Le dico anche che alcuni artisti non gradiscono questa pratica perché vogliono il buio totale in sala”.

Una crisi che sembra travolgere queste strutture, secondo Scartozzi quasi mirata: “Recentemente abbiamo fatto un evento, da Ciao Ticket (rivenditore di biglietti online, ndr) abbiamo ricevuto un bonifico di 12mila euro a cui la Siae ha scalato 1.444 euro. Le sembra normale? Lo scriva, le ho citato una sola tassa. Sembra che negli ultimi anni si stia facendo di tutto per far fallire queste strutture: il divieto di fumo, il divieto di somministrazione dell’alcol dopo le due e mezza, l’Iva al 22 per cento, l’imposta sugli intrattenimenti al 16 e molto altro. Significa che quando un ragazzo paga 13,80 euro per entrare in discoteca se ne vanno subito 5,02 euro e con gli scarsi 8.80 che restano devo sostenere costi correnti e costi fissi. Su un biglietto pagato 13.80 per un concerto in un Palasport si paga solo il 20 per cento, cioè il 10 per cento di Iva ed il 10 di Siae. Un gestore per investire 25mila euro per un ospite dovrà incassarne almeno 50mila e non potendo far pagare alla gente il biglietto 100 euro a persona aumenterà il numero di ingressi. La legge ti dice che tu puoi mettere una persona a metro quadro, quando ce ne stanno forse di più, allora c’è chi si sente costretto a farlo per rientrare nelle spese”.

L’età di chi si reca ai concerti si è notevolmente abbassata mentre il ritardo degli artisti in questo genere di serate è una costante: “Accade spesso, anche in questo caso va fatta una differenza. Se è un tour ufficiale live la puntualità è maggiore anche per loro esigenza di montaggio e smontaggio. La verità è che questo aspetto noi lo subiamo, ti impongono tutto, compreso l’orario. E’ vero l’età si è abbassata, prima a dodici anni ascoltavano Cristina D’Avena, ora ascoltano Sfera Ebbasta. Ricevo decine di telefonate che chiedono se è un locale adatto ai ragazzini, il nostro non è un night club ma un live club lascio a loro la decisione”.

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