Era il maggio 2017 e Taranto si preparava ad andare alle urne. Luigi Di Maio arrivò in città per sostenere il candidato pentastellato invitando i cittadini a “scegliere un sindaco Cinque Stelle, perché così il progetto di riconversione economica, che vada oltre l’Ilva, è l’unico che può rilanciare questa città, può affermarsi”. Ma il primo cittadino non sarebbe bastato, perché “i problemi di Taranto sono complessi” ma “noi sappiamo bene che tra meno di un anno ci sono le elezioni politiche e, quindi, dobbiamo impegnarci per un Governo Cinque Stelle affinché la riconversione di Taranto sia coadiuvata dal governo”. Un anno prima, stessa città, intervenendo all’inaugurazione della saletta cinema del reparto di Pediatria dell’ospedale Santissima Annunziata, aveva già spiegato che il M5s aveva “incontrato gli assessori di Bilbao, i tedeschi, abbiamo visto tante esperienze internazionali che, come Taranto, hanno dovuto sviluppare un nuovo futuro per il lavoro, per i propri concittadini”. E, specificava, “venire a dire qui che possono coesistere questo stabilimento così com’è e il diritto alla salute è una presa in giro”.

Il contratto di governo: “Riconversione economica” – Da qui, si può iniziare a spiegare la rabbia di una fetta di popolazione di Taranto che dal momento della firma dell’intesa sindacale, bollinata dal vicepremier, è scesa in piazza gridando al “tradimento” e contestato i parlamentari pentastellati eletti nella città jonica. Perché quei concetti, ancora tre mesi fa, era stati scritti nero su bianco nel contratto di governo firmato con la Lega. Testuale: “Ci impegniamo, dopo più di trent’anni, a concretizzare i criteri di salvaguardia ambientale, secondo i migliori standard mondiali a tutela della salute dei cittadini del comprensorio di Taranto, proteggendo i livelli occupazionali e promuovendo lo sviluppo industriale del Sud, attraverso un programma di riconversione economica basato sulla chiusura delle fonti inquinanti”. Riconversione economica è la parola chiave nell’ammorbidimento del Movimento Cinque Stelle sulle acciaierie. Il punto di caduta tra il via libera ad Arcelor Mittal che non prevede alcun progetto di dismissione nemmeno nel lungo periodo e le dichiarazioni a tamburo battente nel corso degli anni.

La “pasionaria” no-Ilva, Rosa D’Amato – Rimanendo solo al 2018, ecco l’europarlamentare Rosa D’Amato, tra le più agguerrite no-Ilva nel Movimento. L’esponente M5s a Bruxelles, dopo aver depositato un esposto per chiedere alla Procura di Taranto di sollevare l’incostituzionalità dei decreti salva-Ilva che hanno riesaminato l’Autorizzazione integrata ambientale, spiegava che proprio partendo da lì si sarebbe andati “alla base del problema” per “sradicarlo completamente”. Il che vuol dire, scriveva, “stabilire finalmente che quello stabilimento è incompatibile con la vita e con le altre economie del territorio e che quindi chiudere, smantellare, bonificare, riqualificando i lavoratori dentro e fuori la fabbrica, vuol dire offrire un futuro diverso alla città di Taranto”.

Le parole di Di Maio, la “correzione” dei candidati – Un mese più tardi, in piena campagna elettorale, un primissimo scricchiolio. Di Maio torna a Taranto e dice: “Per quanto mi riguarda e riguarda il Movimento, l’Ilva è una realtà che deve continuare a dare posti di lavoro e ne deve dare più di quelli che sta dando. È per questo che noi crediamo in un piano di riconversione industriale e di bonifiche”. Poi specifica: “Io ho parlato sempre di riconversione e di bonifiche per dare 13mila posti di lavoro, questo è il nostro piano ed è di questo che dobbiamo parlare, invece in questi anni si è tentato sempre di passare la patata bollente a qualcun altro”. La riconversione, spiegava, “si attua con un cronoprogramma, nessuno choc. Quindi i nostri interventi partono dal presupposto che se servono 5-10 anni per la riconversione e le bonifiche, pianifichiamo quel tempo, ma non si devono perdere posti di lavoro e non si deve attentare alla salute dei tarantini e degli italiani”. Ventiquattr’ore dopo, i candidati del M5s (poi tutti eletti), i consiglieri regionali e comunali parlano di “forzature” per “strumentalizzare” le parole di Di Maio “giocando con la salute” dei cittadini: “La posizione del Movimento Cinque Stelle è chiara su Ilva: la riconversione economica – scrivono in una nota congiunta – passa ovviamente dalla chiusura delle fonti inquinanti, senza le quali le bonifiche sarebbero inutili”. Riconversione e chiusura delle fonti inquinanti, nuovamente.

L’eletto Turco e il sottosegretario Fioramonti – Intanto si vota. Il M5s prende quasi il 50 per cento a Taranto e fa l’en-plein degli eletti. Tra loro anche Mario Turco, che il 3 maggio che chiede al governo Gentiloni di non “condurre in porto la cessione del gruppo Ilva” affinché un governo legittimato dal voto possa “affrontare una profonda revisione degli atti sinora approvati per il bene delle collettività interessate” per “approdare ad un accordo di programma simile a quello stipulato a Genova, opportunamente adeguato avendo rispetto delle specificità della realtà territoriale ionica, che possa garantire i redditi della forza lavoro e condurre alla riconversione economica dell’area industriale di Taranto”. Il neo-senatore parla subito dopo aver scovato e reso pubblico il contratto con il quale Carlo Calenda ha fissato l’accordo con Mittal nel giugno 2017: tutto noto, tranne i dettagli. Anche Lorenzo Fioramonti, allora ministro dello Sviluppo Economico in pectore e ora sottosegretario all’Istruzione, chiede al governo Gentiloni di fermarsi: “Il nuovo esecutivo deve tenere tutte le opzioni sul tavolo, anche quella di ripensare nel lungo termine a una riconversione economica di tutto il complesso industriale”.

Il post sul blog delle Stelle e il Fioramonti-bis – È il 19 maggio quando sul blog del Movimento compare un post sulle opere inutili e dannose, la loro sintesi nel contratto di governo in discussione in quei giorni e pure su Ilva: “Nel contratto c’è scritto chiaramente che si lavorerà per la chiusura dell’Ilva“. Due giorni dopo, è ancora Fioramonti a intervenire dopo il Tavolo sull’Ilva convocato a Taranto dal M5s per confrontarsi con i sindacati: “In questo momento ci muoviamo in una direzione chiara, cioè chiusura programmata e riconversione economica dell’Ilva. La chiusura programmata significa andare verso la chiusura. Questo va fatto in un periodo di tempo relativamente breve ma non brevissimo. Quindi non pensiamo ai 20 anni o ai 30 anni, non pensiamo nemmeno a un anno o sei mesi. È percorso che va intrapreso“.

Costa, Grillo e il Di Maio di governo – Quando l’1 giugno il governo giura al Quirinale, il neo-ministro dell’Ambiente Sergio Costa parla di “valutazione” del dossier Ilva: “Nel contratto di governo c’è scritto i termini in cui si farà. Sicuramente daremo il massimo in questo senso, ci metterà la penna anche lì”. Non passa neanche una settimana e sul blog di Beppe Grillo compare un lungo post e un video nel quale si caldeggiano la trasformazione dell’area dell’Ilva di Taranto in una nuova Ruhr, dove il territorio è stato completamente trasformato dopo la chiusura delle acciaierie. Una spiegazione pratica di quella riconversione economica citata nel contratto. Il fondatore e garante sembra voler lanciare un’idea, ma poco dopo il vicepremier Di Maio frena: “Qualsiasi decisione sarà presa con responsabilità e attenzione, non davanti alle telecamere. Non faccio annunci prima di aver incontrato la proprietà e le parti sociali“. È la prima dichiarazione pubblica di Di Maio nella quale si intravede la realpolitik perché, come noto da un anno, ArcelorMittal ha un contratto firmato e stracciarlo potrebbe costare carissimo allo Stato.

L’accertamento, il rush finale e il “giorno zero” – Inizia così la caccia a un interesse pubblico che permetta di annullare l’assegnazione. Ma né AnacAvvocatura di Stato spianano la strada con i loro pareri. Per quanto “ci sia pochissimo di regolare” nella gara, dice Di Maio definendola un “delitto perfetto”, servono la mancanza dell’accordo sindacale o gravi irregolarità nella proroga dei tempi del piano ambientale perché il governo possa procedere. A questo punto, il ministro dello Sviluppo Economico prova – riuscendoci – a strappare le “migliori condizioni possibili nella peggior situazione possibile” agli acquirenti. Della riconversione economica, però, non c’è più traccia, accusano gli ambientalisti tarantini affascinati fino a pochi mesi fa dalle promesse del M5s messe nere su bianco anche nel contratto di governo. Tant’è che la capogruppo in Consiglio regionale, Antonella Laricchia, scrive un lungo post su Facebook per riportare quelle due parole al centro del dibattito: “Oggi è il giorno zero. Facciamoci forza, l’obiettivo del M5s rimane la riconversione economica e il delitto perfetto del Pd ha solo rallentato il processo”. In Puglia e a Taranto, sottolinea “non si può esultare”: “È il giorno della rabbia e della frustrazione ma deve essere anche quello della certezza che l’obiettivo del M5S al Governo di questo paese per Taranto rimane lo stesso: la chiusura delle fonti inquinanti e la riconversione economica del territorio”. Ma di questo nei documenti firmati da sindacati, governo, commissari dell’Ilva e ArcelorMittal non si parla più.

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