Tutta questa indignazione moralistica sulle bambole di silicone è quanto di più idiota ci possa essere al momento.

La liberazione sessuale sembra dover passare necessariamente dall’esame della libertà altrui più che della propria. E così facendo, non si farà un passo. Eppure “Vivendo, volando/che male ti fo’?”, recitava la farfalletta dell’omonima poesia di Luigi Sailer. Che male fa chi si reca presso la casa di bambola, se dentro non c’è la Nora di Ibsen ma un pezzo di gomma?

Per prendere a prestito l’uscita del più prosaico ma pure ottimo Ivanone già questi se so’ dovuti accontenta’ d’annà ar casino delle bambole de plastica, poi se devono pure sorbire ‘sta rottura de cojoni dei moralisti?

Le bambole non sono persone, ma sex toys. Si può comprendere l’estensione della portata dei diritti, dalla difesa dell’umano e delle sue specificazioni: i diritti dell’uomo dichiarati universali ma originariamente pensati per il maschio bianco proprietario eterosessuale sano di mente; gli stessi diritti presi sul serio e dunque estesi agli uomini intesi come ‘genere umano’; dai diritti degli uomini alla specificazione e alla specializzazione – diritti delle donne, dei bambini, degli anziani, dei disabili, dei gay, delle lesbiche, dei trans, etc.; per arrivare ai diritti degli animali; poi la sensibilità delle piante – grande successo filosofico degli ultimi tempi; poi i cyborg. Ora l’inorganico: i robot. Ma le bambole di silicone? Un certo dibattito ha si è soffermato sulle conseguenze morali di fare sesso con un (s)oggetto (la sexy doll) che non può esprimere consenso o dissenso. Ma non essendo una persona, che consenso dovrebbe esprimere? Il vibratore esprime consenso? Certo, si potrebbe obiettare che le fattezze delle bambole sono iper-verosimili mentre il vibratore no. Ma allora prendiamo un altro caso: costruire robot per farli combattere fino alla distruzione per puro divertimento, è morale oppure no?

L’uso delle bambole di silicone porrebbe gli uomini – che sembrano essere i maggiori destinatari quanto a uso – davanti a un bivio: pensarle come sex toys e dunque ‘usarle’ nella pienezza di una consapevole e totale liberazione sessuale e del desiderio; oppure usarle operando una traslazione che rappresenti quelle bambole come corpi ‘femminili’ e dunque da usare in senso maschilista, come oggetti. Questa distinzione – sesso liberato, ‘giocoso’, felice versus sesso come possesso, uso, perfino distruzione del corpo femminile – è però un’opposizione manichea che non tiene conto della sessualità nelle sue infinite sfumature – e lo si sa senza essere Lacan o Žižek – di gioco e possesso, creazione e distruzione, vita e morte.

Dunque se chi le usa le distrugge, distrugge un oggetto, non una persona. Chi le usa per il proprio divertito piacere, sta sempre e comunque usando un oggetto, non una persona. Non ci sta facendo l’‘amore’. Che occorra misurare il livello di liberazione sessuale dei clienti della ‘casa di bambole’ allo stesso modo di quelli delle prostitute di strada è una cosa che non ha alcun senso, e fa parte di un immaginario sessuofobico che paradossalmente parte da un’idea di sesso liberato per costringerlo ancor di più sul letto di Procuste del moralismo, e che sembra dirci: il sesso o è gioia, vita, oppure è orrore, distruzione, sfruttamento. Ed è di queste romanticherie manichee che occorre liberarsi. Non per dire che si può distruggere un corpo femminile, perché non si sta trattando di questo – anche se il tema della violenza andrebbe trattato di concerto con il tema della libertà: se voglio farmi picchiare dalla mia partner sono libero di farlo? Quanto è ‘mio’ il mio corpo? Quanto sono libero di decidere?

Certo c’è il tema della violenza simbolica, dell’accettazione del dominio maschile e dei suoi codici che si trasforma in acquiescenza, e dunque di un volere che potrebbe essere non-libero: ed è un tema spinosissimo e delicatissimo – quanto per dire che la sessualità non è riducibile a questa opposizione manichea tra  bene e male che sembra tanto – laicizzata, (post-)modernizzata – l’opposizione tra sesso a scopi riproduttivi e sesso a scopi ricreativi. Come se le due cose, in un caso e nell’altro, non stessero insieme, e come se il gioco e il sesso non contenessero insieme elementi di vita con elementi di morte.

Piuttosto mi chiedo: ma chi le pulisce? E come?

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