Il procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio sarà a Roma, domani, per sentire alcuni funzionari del ministero dell’Interno nell’ambito dell’inchiesta sul trattenimento di 150 migranti a bordo di nave Diciotti della Guardia Costiera ferma nel porto di Catania. Dal pattugliatore d’altura sono scesi soltano i minori  non accompagnati – ragazzi eritrei tra i 14 e i 16 anni e di una bambina -dopo che il ministro Matteo Salvini aveva dato il via libera allo sbarco, dopo le sollecitazioni di tanti – cittadini, associazioni – ed anche della Procura di Agrigento e di quella dei minori di Catania. Alla notizia dell’apertura del fascicolo il responsabile del Viminale – che insiste sul fatto che si tratta di migranti illegali – aveva risposto: “Mi denunciano? Facciano pure!”. L’inchiesta è a carico di ignoti, ma qualora fossero individuate responsabilità da parte di esponenti del Governo la palla passerebbe al tribunale dei ministri. Oltre ad Agrigento, sulla vicenda indaga anche la Dda di Palermo, che ha invece aperto un’inchiesta ipotizzando il reato di associazione a delinquere finalizzata al traffico di esseri umani. Anche i pm di Catania, infine, hanno deciso di aprire un fascicolo di “atti relativi” per accertare l’esistenza di eventuali reati. Gli altri migranti, invece, al quinto giorni di prigionia sulla nave restano in attesa: si tratta di 130 eritrei, 10 migranti delle Isole Comore, sei bengalesi, due siriani, un egiziano e un somalo.

Intanto tra Roma e Bruxelles è scontro frontale. La riunione informale dei 12 sherpa Ue si è chiusa senza che sia stato trovato un accordo. La bozza che prevedeva la ridistribuzione dei migranti non è stata votata: uno dei punti contrari sollevati è che il flusso di migranti pro-capite in Italia è attualmente molto al di sotto di quello in altri Stati membri e perciò non vi sarebbe necessità di condividere la responsabilità. La replica del presidente del Consiglio Giuseppe Conte è arrivata poco dopo: “Oggi l’Ue ha perso un’occasione, ipocrisia tra parole e fatti. Italia ne trarrà le conseguenze”. Prima di lui, fonti del Viminale avevano fatto sapere che, stando così le cose, “nessuno scende dalla Diciotti”: “Su questo fronte il governo è compatto”. E ancora: “Questa è l’ennesima dimostrazione che l’Europa non esiste. Nessuno Stato membro ha ritenuto di sottoscrivere un comunicato, anche perché non ci sono le basi di un accordo per indicare una nuova procedura standard per il soccorso, lo sbarco e la ridistribuzione degli immigrati. I Paesi europei non hanno avanzato alcuna concreta apertura per risolvere il caso della nave Diciotti. Visto che l’Italia, negli ultimi anni, ha accolto 700mila cittadini stranieri, la linea del Viminale non cambia”.

Le tensioni erano iniziate già in mattinata quando dalla commissione Ue era arrivata la replica all’ultimatum di Luigi Di Maio sul mancato versamento dei contributi al bilancio Ue in caso non fossero arrivati gli aiuti: “Le minacce in Europa non portano da nessuna parte”, è stata la risposta della commissione Ue. “Il modo in cui l’Europa funziona è la cooperazione e non le minacce“. La questione rimane però aperta anche all’interno del governo, dove non mancano le divergenze. Il ministro degli Esteri Enzo Moavero, in queste ore impegnato in trattative informali con gli altri Paesi, ha commentato l’ultimatum di Di Maio: “Pagare i contributi all’Unione europea è un dovere legale”, ha detto. “Ci confronteremo su queste e su altre questioni. Io sto lavorando soprattutto per trovare una sintonia su questa questione estremamente importante che riguarda la gestione dei flussi migratori che è tra le più importanti per l’Unione europea, a nostro parere la più importante in assoluto. E’ fondamentale che riusciamo a comprenderci a livello di Unione per stabilire un clima di condivisione nei confronti di flussi migratori epocali che richiedono un’azione corale europea. Non trovare un accordo su questo per l’Europa è molto triste”.

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