La lira turca è di nuovo in caduta libera e l’impatto si fa sentire anche sui mercati europei: soffrono i titoli delle banche più esposte nei confronti del Paese, compresa Unicredit. Il presidente Recep Tayyip Erdogan dà la colpa agli Stati Uniti e fa appello alla popolazione chiedendo di cambiare “dollari, euro o oro” in valuta locale al grido di “se loro hanno i dollari, noi abbiamo la nostra gente, il nostro diritto, il nostro Allah“. Provocazione a cui Donald Trump risponde annunciando di aver “autorizzato un raddoppio dei dazi sull’acciaio e l’alluminio della Turchia” per contrastare il vantaggio commerciale dato ad Ankara dalla valuta debole. Così lo scivolone della lira si aggrava fino a un -14% sul biglietto verde, a quota 6,26: il minimo storico. Il cui effetto si fa sentire anche in Piazza Affari: la borsa perde il 3% e il Ftse Mib è sotto i 21 mila punti (20.984). Lo spread è ai massimi di giornata e tocca i 264 punti base, con il rendimento dei btp a un passo dal 3% (2,96%).

“Bce teme gli effetti sulle banche europee”. Cala il dollaro – La mattinata è iniziata con un calo del 13,5% che ha avuto un immediato impatto sugli istituti di credito con le maggiori esposizioni nei confronti della Turchia e sull’euro. A Piazza Affari i titoli Unicredit, proprietaria dell’istituto di credito Yapi Kredi, lasciano sul terreno più del 4%. Secondo il Financial Times, la vigilanza della Bce teme gli effetti della crisi valutaria di Ankara anche per la spagnola Bbva e la francese Bnp Paribas. La nuova flessione è arrivata poche ore dopo la decisione del governo di abbassare dal 5,5 al 4% il target di crescita per il 2018. Il Paese è preda di un’inflazione galoppante mentre i rendimenti sui titoli di Stato decennali viaggiano poco sotto il 20%. La moneta unica europea ha risentito a sua volta delle vendite sui titoli bancari ed è scivolata fino a 1,1430 dollari circa, in deciso calo.

Erdogan: “Lotta nazionale. Cambiate dollari e euro in lire” – A seguito del nuovo pesante rosso, Erdogan è tornato a farsi sentire denunciando “campagne” contro la Turchia, di cui incolpa gli Stati Uniti, e invitando i suoi cittadini a non farsi prendere dal panico per il crollo della lira sui mercati valutari: “Ci sono diverse campagne in corso, non prestate loro alcuna attenzione – ha detto – Non dimenticate questo: se loro hanno i dollari, noi abbiamo la nostra gente, il nostro diritto, il nostro Allah“. Poi ha sollecitato i turchi a cambiare le loro valute estere per sostenere la lira e contrastare la “guerra economica” dichiarata nei confronti di Ankara. “Se avete dollari, euro o oro sotto il vostro cuscino, andate in banca per cambiarli con delle lire turche. E’ una lotta nazionale“.

La risposta di Trump non si è fatta aspettare: il presidente Usa ha autorizzato un raddoppio dei dazi sull’acciaio e l’alluminio della Turchia “in quanto la loro valuta, la lira turca, è in rapido calo nei confronti di un dollaro molto forte”. Ergo, Ankara avrebbe un vantaggio indebito sui prezzi dei prodotti esportati. “I dazi sull’alluminio saranno ora al 20% e quelli sull’acciaio al 50%. I nostri rapporti con la Turchia non sono buoni al momento”, ha chiosato il tycoon. La Turchia replicherà con misure di rappresaglia alla decisione degli Stati Uniti, ha annunciato il ministero degli Esteri di Ankara, sottolineando che l’iniziativa americana non è da “Stato serio”, riferisce l’agenzia Anadolou.

Banca centrale turca sempre meno autonoma – Quest’anno la moneta turca ha già perso un terzo del suo valore a causa delle politiche del presidente, in aperto contrasto con i paesi occidentali (si parla di sanzioni dagli Usa). Il “Sultano”, dopo la vittoria elettorale di giugno, ha ridotto ancor più l’autonomia della banca centrale impedendo una stretta monetaria giudicata necessaria in uno scenario mondiale di tassi in rialzo. Anche i ministeri economici sono stati posti sotto stretto controllo del presidente aumentando così i timori degli investitori. L’opposizione ora attacca Erdogan: “La crisi è arrivata!”, ha scritto nel primo di una serie di tweet Selin Sayek-Boke, deputata del partito Chp. “Il regime ci ha trascinato in una crisi valutaria nonostante i nostri avvertimenti. Abbiamo immediatamente bisogno – ha aggiunto la parlamentare eletta a Izmir (Smirne) – di una banca centrale indipendente, di una politica economica che dia priorità alla produttività e allo stato sociale”.

Banche italiane esposte per 15 miliardi. Unicredit: “Svalutazione del 10% vale 2 punti di Cet1” – In totale l’esposizione delle banche internazionali verso la Turchia, stando alla Banca dei regolamenti internazionali, è pari a 264,9 miliardi di dollari. Quelle italiane vantano crediti per quasi 15 miliardi di euro (16,9 miliardi di dollari) che salgono a 16 se si includono le garanzie. Gli istituti di credito del nostro Paese vengono dopo la Spagna (71 miliardi), la Francia (33 miliardi), la Gran Bretagna (16,5) e gli Stati Uniti (15,6) oltre alla Germania (14,8). Da segnalare anche il Giappone con 12 miliardi di esposizione.

Dalla relazione semestrale di Unicredit, appena presentata, emerge che la situazione della Turchia rappresenta uno dei rischi a cui la banca “ha prestato particolarmente attenzione” nel corso della prima metà del 2018. Yapi Kredi è la quarta banca privata del Paese con 788 sportelli e circa 53 miliardi di euro di asset. L’istituto guidato da Jean Pierre Mustier detiene l’82%, equamente suddiviso con la famiglia turca Koc. La banca è consolidata a patrimonio netto e il suo contributo al conto economico è rappresentato dalla quota di utili realizzati.

Nel corso del primo semestre il contributo di Yapi Kredi al conto economico di Unicredit è stato di 183 milioni di euro (+28% nel secondo trimestre a cambi costanti ma -3,4% per effetto della svalutazione della lira turca). Si tratta di meno del 2% dei ricavi del gruppo. Unicredit, che ha anche una piccola esposizione in titoli di Stato di Ankara (circa 165 milioni di euro), ha spiegato agli analisti che una svalutazione del 10% della lira turca avrebbe un impatto di circa 2 punti base sull’indicatore patrimoniale Cet1.

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