di Nicola Sorgi

Le polemiche scatenate dall’intervista a Davide Casaleggio, col Pd che parla di “autoritarismo”, “attacco alla democrazia” e chiama addirittura in causa Benito Mussolini e il discorso del 16 novembre 1922 (“Potevo fare di questa Aula sorda e grigia un bivacco di manipoli”), dimostrano che il guru dei 5 stelle ha ragione. Il sistema rappresentativo è agonizzante e si vede anche dalla continua polemica tra opposte fazioni, che anziché entrare nel merito dei temi si limita a spararla più grossa possibile. Il sistema partitico non rappresenta più in alcun modo gli interessi dei cittadini ed è intrappolato in una campagna elettorale permanente in cui ogni dichiarazione è fatta solamente nell’ottica di attaccare gli avversari e ottenere consenso.

I temi sollevati da Casaleggio dovrebbero in realtà essere analizzati con estrema serietà: difatti, è innegabile che la democrazia rappresentativa sia nell’ultima fase di un lungo declino, iniziato negli anni 80, quando la nuova teologia del neoliberismo ha imposto che in politica i mercati contassero più delle persone. Questo ha minato il rapporto di fiducia che legava elettori e partiti, compromettendo irrimediabilmente il sistema parlamentare. Mancano ormai i presupposti alla base della rappresentanza, in quanto il mercato stabilisce i limiti di azione della politica e i cittadini, non vedendo più tutelati i proprio interessi, cercano disperatamente una soluzione per riprendersi il potere.

Stiamo vedendo due tipi di reazione:

1. Da una parte una tendenza nazionalistica e autoritaria, che cerca di sopperire alla mancanza di sovranità economica sbandierando una pretesa sovranità culturale e che, non potendo mettere confini ai mercati, tenta di imporli a tutti coloro che vengono etichettati come “nemici della nazione”. È evidente che questa non sia affatto una soluzione, bensì una reazione istintiva e pericolosa, che se la prende coi deboli, non avendo strumenti per attaccare i forti.

2. Dall’altra parte, un tentativo di recuperare lo spirito comunitario tramite la gestione diretta della cosa pubblica a livello locale; una tendenza meno sbandierata mediaticamente, ma che sta vedendo delle interessantissime applicazioni in tutta Europa tramite il progetto Fearless Cities, che coinvolge anche Napoli.

Quella presentata da Casaleggio è una risposta differente, che prova ad anticipare gli sviluppi innanzitutto sociali. Tra 10 anni tutti avranno un documento digitale e l’accesso a Internet: dunque la democrazia digitale sarebbe il più naturale dei sistemi per coinvolgere nuovamente le persone nella gestione della cosa pubblica. Far partecipare attivamente i cittadini alla discussione, alla proposta e alla validazione delle più importanti manovre politiche sarebbe un avvicinamento all’idea di governo del popolo per come si è sviluppata sin dalla sua nascita, rendendo possibile l’attuazione di una democrazia diretta per cui erano sempre mancati gli strumenti di applicazione.

Io non sono un elettore dei 5 stelle e mantengo alcune perplessità sulla piattaforma Rousseau. Tuttavia è una soluzione in cui il coinvolgimento degli elettori è innegabile e che ha un potenziale davvero interessante se sviluppato nella direzione giusta. Credo che chi si arrocca in posizioni attendiste dovrebbe cercare di partecipare allo sviluppo di soluzioni per coinvolgere nuovamente le persone nella gestione della cosa pubblica, anziché assistere inerme all’onda sovranista che sta travolgendo l’Europa. La democrazia digitale è quantomeno una risposta differente rispetto a quella autoritaria. Il Pd continua a non capire che l’attesa senza proposte non è una strategia e così rischia di scomparire. Ma non è detto che ci mancherà.

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