Sempre più di frequente si vedono persone rovistare nei cassonetti di rifiuti per cercare e asportare, con sacchi e carrelli, quelli che possono essere riutilizzati o venduti. A prescindere dagli aspetti sociali, si tratta di una condotta lecita?

A prima vista, infatti, si può certamente dire che un rifiuto è una cosa che è stata abbandonata dal suo proprietario e, quindi, non ci si può lamentare se qualcun altro se ne appropria; anzi, se la riutilizza, compie un’azione meritoria in quanto contribuisce a evitare un inquinamento da rifiuti. Tuttavia, recentemente sono intervenute due sentenze della Cassazione che vale la pena di esaminare brevemente perché entrambe ipotizzano la presenza di reati.

La prima (sez. 2, pres. Prestipino, n. 14960 del 4 aprile 2018) si è occupata del caso di una donna, la quale, dopo aver trafugato nel 2013 abiti usati da un cassonetto del Comune di Venezia, si era ribellata agli agenti ed era stata condannata per rapina impropria; la Cassazione derubricava il fatto a furto aggravato (trattandosi di cose esposte alla pubblica fede), confermando quindi, comunque, che si trattava di furto (anche se ormai prescritto).

La seconda (sez. 2, pres. Davigo, n. 29018 del 22 giugno 2018) si è, invece, occupata del caso di un uomo che, a Salerno, dopo aver rovistato nelle buste dei rifiuti conferiti in regime di raccolta differenziata, al fine di asportare quanto di suo interesse, rompeva le buste che li contenevano e asportava quanto a lui utile, abbandonando il resto sulla pubblica via, con pregiudizio dell’estetica e della pulizia conseguente, risultando imbrattato il suolo pubblico in modo tale da renderlo sudicio con senso di disgusto e di ripugnanza nei cittadini; e concludeva che, in tal caso, è ravvisabile il delitto di deturpamento aggravato, punibile con la reclusione da tre mesi a un anno e con la multa da mille a 3mila euro.

Diciamo subito che in questa seconda sentenza, in realtà, la Cassazione non era stata interpellata circa la liceità dell’asporto di rifiuti dal cassonetto ma solo per l’imbrattamento del suolo pubblico. Ma è anche innegabile che, a differenza del primo caso, nessun reato risulta essere stato contestato per l’asporto di rifiuti, pur conferiti in regime di raccolta differenziata.

Quanto al primo caso, va sottolineato che si trattava della raccolta di indumenti usati considerati dalla legge veri e propri rifiuti solo in presenza di alcune condizioni. E, per completezza, è bene ricordare che – con sentenza numero 350 del 23 febbraio 2016 – la sezione penale del Tribunale di Udine ha condannato un uomo per aver rubato dall’area della piazzola ecologica del Comune due vecchi televisori ivi conferiti.

In ogni caso – in attesa di chiarimenti definitivi da parte della suprema Corte – mi sembra opportuno evidenziare in proposito che, soprattutto se si tratta di rifiuti riutilizzabili conferiti al Comune tramite raccolta differenziata, essi possono essere considerati proprietà del Comune che da essi può trarre profitto. E, quindi, il loro asporto può essere considerato un vero e proprio furto ai danni del Comune. Nessun dubbio, comunque, esiste quanto alla illiceità di chi imbratta e insudicia il suolo pubblico. Si potrà discutere se è delitto o contravvenzione (articolo 674 c.p.). Ma di certo non può essere una condotta lecita ed è giusto punire lo sporcaccione.

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